di Alessandra Mincone

Pagine Esteri – 14 Aprile 2021 – Sembra notte fonda anche se sono le dieci di sera. I colori scuri si fanno più profondi, una volta oltrepassato il coprifuoco. A quest’ora puoi trovare aperti i siti industriali, dove il lavoro notturno permette a qualcuno di ricevere un soldo in più. E trovi disponibile l’industria del sesso, dove aperte sono le gambe, le bocche, le anime straziate di donne, ragazze e bambine, quelle che offrono un servizio indispensabile, quelle che soddisfano i bisogni animali di chi gli basta convincersi che non c’è nulla di male a offrire un pezzo di pane a chi si trova a fare il mestiere più antico del mondo.

Le vittime della tratta della prostituzione, spesso sono costrette a prestare servizio per 20 euro, riuscendo a guadagnare fino a 700 euro al giorno, dunque a fornire prestazioni sessuali anche per 35 volte al giorno. E se a qualcuno potrebbe sembrare un lavoro redditizio, va precisato che la lista della spesa di una prostituta è lunga, e al suo guadagno giornaliero va sottratto l’affitto della casa, il cibo, il vestiario, spesso finanche un’imposta sul marciapiede, oltre a dover cedere un’ingente percentuale dei soldi al suo aguzzino, con cui è costretta a estinguere un debito del viaggio con tasso d’interesse, debito che si aggira dai 30.000 ai 50.000 euro.

 

 

I corpi femminili più ricattati sono quelli nigeriani, e i trafficanti di esseri umani provengono proprio dalla Nigeria. In una ricerca delle Nazioni Unite, che risale almeno a dieci anni fa, viene chiarito che i principali gruppi che hanno costruito reti internazionali sul traffico della prostituzione, provengono dal popolo Edo che, dall’omonimo stato della Nigeria meridionale, ha monopolizzato il commercio delle schiave del sesso in tutta l’area Schengen, in particolare in Italia, Spagna e Germania; mentre alcuni gruppi fra gli Yoruba e gli Igbo, che rappresentano il 30% e il 17% della popolazione nigeriana, rispondono alla richiesta di prostitute nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Arabia Saudita. L’industria sessuale nigeriana ha trovato una solida domanda in tutto il mondo, garantendosi un profitto tratto dalla commercializzazione dei corpi di almeno 100.000 euro all’anno su ogni corpo sfruttato. Uno studio condotto in Italia, precisava che su un campione di 5000 vittime vi sarebbe un fatturato che può oscillare tra i 380 e 950 milioni di euro all’anno.

Il traffico di esseri umani dall’Africa al resto del mondo affonda le sue radici nelle leggi degli Stati che non rilasciano la cittadinanza, né i permessi temporanei in maniera rapida. Inoltre, l’esercizio della prostituzione, stigmatizzato nella maggioranza degli Stati, favorisce la criminalizzazione delle vittime, riducendo i rischi per gli affiliati alle reti criminali.

I dati dell’Unione Europea, che vedono anch’essi al centro della tratta degli esseri umani i nigeriani, riferiscono che negli anni 2015-2016 erano almeno 2.084 le vittime provenienti dalla Nigeria, e la metà di queste aveva richiesto asilo politico in Italia. Oltre il 50% era rappresentato da donne e minori non accompagnati, e il 74% era stato vittima dello sfruttamento sessuale.

Un’analisi del 2008 condotta da 113 istituti di ricerca, vedeva i minori dell’Africa e dell’Asia  protagonisti della tratta finalizzata allo sfruttamento sessuale. Secondo alcune statistiche dell’IOM, l’organizzazione internazionale delle migrazioni, i casi di tratta umana coinvolgevano almeno 12.750 persone, provenienti da 80 nazioni diverse e destinate a 90 Stati. Il 74% di queste aveva meno di 25 anni, e come riportato dalle Nazioni Unite, l’80% dei casi è implicato nella tratta della prostituzione. In realtà, tutti i dati riportati sono parziali e non possono considerarsi realmente indicativi del problema, che coinvolge in realtà miliardi di donne e bambine nella tratta della prostituzione.

 

 

La Commissione dell’Unione Europea, in uno studio condotto con l’Unicef, parla di almeno 33.402 minori non accompagnati provenienti dalla Nigeria tra il 1999 e il 2000. Di questi la stessa UE non era riuscita a definire quanti di loro fossero stati vittima di una tratta. Nel 2004, il Servizio immigrazione nigeriano stimava che in due anni vi erano stati 31.277 rimpatri di giovani clandestini, a cui in Europa era stata negata la protezione internazionale.

L’osservatorio per gli interventi della tratta, riporta in maniera emblematica una sentenza della Corte d’Appello in Gran Bretagna, che rigettava la richiesta di protezione umanitaria a una nigeriana minorenne arrivata nel gennaio 2005. Fu arrestata dopo due mesi con le accuse di clandestinità e prostituzione. Nel 2011 la Corte d’Appello non prese in esame le prove del ricorrente che agiva per chiedere la protezione internazionale, affermando che la donna non fosse più minorenne e che non era mai stata in pericolo di vita nel suo paese d’origine, visto che il suo trafficante, anche se membro di una organizzazione criminale in Nigeria, aveva agito da solo nell’adescamento della vittima. Dunque, per legge veniva rimpatriata. Secondo uno studio di una Ong nigeriana, le donne che vengono rimpatriate da paesi come l’Italia, impazziscono. I traumi delle violenze da parte dei loro trafficanti e quasi sempre anche dagli uffici immigrazione e dal personale della polizia che ne comanda l’arresto, provoca loro un disordine psicologico che può anche sfociare in forme di grave depressione, abbrutimento, dissociazione dalla realtà, isolamento, autolesionismo e manie di suicidio.

Le bambine vengono cedute ai trafficanti nella speranza di ricevere un’istruzione; le donne più grandi di 25 anni, partono con la speranza di riuscire a guadagnarsi da vivere con un lavoro maggiormente retribuito in Europa, magari come domestiche. Già durante il tragitto che però le trascina via dall’Africa, vengono stuprate dai loro trasportatori o costrette a vendersi, per cominciare ad estinguere il debito del trasporto, che può avvenire via terra, via aerea e via mare. Inoltre, la proposta dei trafficanti di rateizzare il costo del viaggio, assoggetta le vittime e le costringe a sopravvivere sotto controllo, senza alcuna possibilità di autodeterminarsi. I trafficanti usano anche derubare le vittime dei loro documenti e passaporti, dei telefoni cellulari e quindi dei contatti con i familiari, ricattandole di violenza, non solo direttamente, ma anche nei confronti di chi hanno lasciato al Paese.

La maniera più diffusa delle organizzazioni per stroncare eventuali fughe quando le ragazze realizzano di essere una merce da ridurre in schiavitù, è quella di far fede al giuramento Juju, un rito di sottomissione psicologica, che terrorizza le prostitute e le fa sentire obbligate a ripagare il debito. Il 9 marzo del 2018, l’OMA di Benin City, ossia la più grande autorità religiosa dei cittadini dell’Edo, emetteva un editto con cui si annullava ogni maledizione espressa tramite il rito Juju, per liberare le vittime dalla minaccia del debito. Ma il risultato è stato che numerose mamam – ossia le ex prostitute affiliate alle reti criminali con il compito del reclutamento – decidevano di scaricare le donne e le ragazze sul ciglio della strada, senza più preoccuparsi di dove sarebbero andare a dormire.

 

 

Se nel mondo occidentale l’industria della prostituzione, soprattutto quella minorile, sembra accrescere i profitti illeciti delle reti organizzate in maniera silenziosa, anche con la complicità dei governi spesso corrotti dagli stessi trafficanti, in Kenya, invece, l’industria del sesso è maggiormente legittimata grazie allo sviluppo del turismo, posizionato al terzo posto tra i commerci più importanti. Le mancate ratifiche sui protocolli internazionali contro il traffico e lo sfruttamento della prostituzione, permettono all’industria del turismo di comporre il 10% del PIL, garantendo 800.000 posti di lavoro diretti e oltre 2 milioni di posti di lavoro indiretti. Secondo la Child welfare society in Kenya, più di 30 mila bambine, tra i 12 e 14 anni, e che provengono dalle province maggiormente colpite dalla povertà come la contea di Kwale che affaccia sulla costa, sono sfruttate sessualmente in cambio di dieci scellini, ossia pochissimi dollari. Il fascino di consumare rapporti sessuali con ragazze minorenni, è imputato anche al fatto che queste sono considerate vergini e dunque protette da malattie trasmissibili come l’Aids. Secondo quanto riferito in un rapporto dall’Organizzazione italiana contro lo sfruttamento sessuale dei bambini, l’Ecpat, dal 2018 il Kenya ambisce al primato mondiale come meta per il turismo sessuale, eppure solo il 5% dei clienti avrebbe delle denunce per pedofilia.

Proprio nel 2018, era al vaglio una legge da parte del Governo kenyano per porre limiti alla depravazione in aumento, con l’introduzione dell’ergastolo per gli adulti che abusano sessualmente dei bambini. Ma i cambiamenti sono considerati impercettibili, se non del tutto assenti o peggiorativi. Un’associazione che si occupa di garantire assistenza medica alle donne e minori vittime della prostituzione, la Kenya Sex Workers Alliance, nel 2020 ha denunciato che vi sono stati 6 omicidi e oltre 80 casi di violenze dall’inizio della pandemia, e che sempre più spesso le prostitute vengono accusate di diffondere il contagio tra la popolazione. Anche i casi di HIV in Kenya tendono ad aumentare, perché la crisi economica non permette a tutte di acquistare i farmaci antiretrovirali.

In Kenya si percepisce anche un incremento di migrazioni di donne e bambine che provengono dai paesi asiatici, come il Nepal, l’India e il Pakistan, ma sarebbe impossibile ottenere il numero reale delle donne e delle bambine usate come intrattenitrici e prostitute. Nell’aspettativa di guadagnare con dei lavori onesti, quasi sempre cadono nelle trappole degli adescatori, lavorando in night club dove i guadagni vengono estorti dai proprietari, e alloggiando obbligatoriamente presso le abitazioni di ricchi impresari locali, che abusano anch’essi di loro.

Dunque, l’industria del sesso passa dal Kenya nella veste più benestante, e qui vi si conciliano fattori chiave quali l’anonimato dei clienti che vi si dirigono per svago, o l’improbabilità di incorrere in rischi legali per il favoreggiamento della prostituzione e l’abuso sessuale sui minori, con la possibilità, per il Ministero del Turismo, di sviluppare un’economia considerata, ad oggi, tra le più redditizie del Paese, e che nel resto del mondo genera il traffico di vite e di sfruttamento illecito al di sopra di ogni altro business.

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Fonti:

Human Trafficking, Human Misery

Misure speciali per la tutela dei minori

Piccoli schiavi invisibili 2019 – Rapporto sui minori vittime di tratta e grave sfruttamento

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