di Davide Matrone –

Pagine Esteri, 1 giugno 2021 – Lo scorso 11 aprile si sono svolte le elezioni in Perù, con un risultato a sorpresa: la vittoria del candidato della sinistra Pedro Castillo con il 18.92% dei voti con la lista Perú Libre. Il prossimo 6 giugno sfiderà al ballottaggio la candidata Keiko Fujimori che al primo turno ha conquistato il 13.41% dei consensi.

Pedro Castillo, maestro elementare e dirigente sindacale ha disatteso tutte le aspettative pre-elettorali visto che non figurava nei mezzi di comunicazione né tantomeno nei sondaggi. La sua candidatura è la classica dell’indipendente outsider che dà una ventata di freschezza e novità a un panorama politico già ingessato da tempo sulle stesse figure politiche.

Il partito del Perú Libre ha saputo giocare bene le sue carte, puntando su Castillo e non sul suo fondatore, Cerrón, già due volte Presidente della Regione di Junín, che ha dei processi giudiziari in corso per presunti atti di corruzione.

Perú Libre è stata la sorpresa assoluta di queste elezioni passando dal quasi 4% delle ultime elezioni precedenti (2018-2020) a quasi il 19% di quest’anno. Ottiene 37 parlamentari su 130 e conquista 16 regioni su 25.

Per saperne di piú ho conversato a Quito con Hugo Ramírez, giornalista peruviano di ALER.

Come leggi la vittoria di Pedro Castillo al primo turno?

È stata assolutamente una sorpresa. Una vittoria che si è consolidata nelle ultime due settimane prima del voto. Il partito Perú Libre durante tutta la campagna elettorale non è stato visibile mediaticamente. I partiti più presenti nel circuito mediatico sono stati: Fuerza Popular di Keiko Fujimori, Avanza País di Hernando de Soto e Renovación Popular di Rafael Aliaga. Un elemento costante è stato l’attacco continuo alla candidata di Verónica Mendoza, centro-sinistra, e del suo partito Juntos por el Peru. Per una parte, gli attacchi contro Mendoza hanno favorito Pedro Castillo che silenziosamente ha realizzato la sua campagna elettorale raggiungendo molti luoghi non coperti dagli altri candidati. Pedro Castiilo ha percorso i luoghi più remoti del paese, quelli a prevalenza contadina e quei settori urbani marginali delle città. Qui ha trovato il suo humus elettorale. Inoltre, ha catalizzato il voto dei maestri rurali ed urbani di molte regioni della Cordigliera e della Costa. Questi ultimi hanno visto in lui un punto di riferimento e di riscatto sociale. Un altro punto che ha giocato a suo favore è di essere un indipendente nel partito Perú Libre. Un outsider pulito, che non ha nulla per cui farsi attaccare. È il candidato che ha raccolto quel sentimento di rabbia popolare che è cresciuto nei mesi per la pessima gestione della pandemia, l’inefficienza del sistema sanitario, l’aumento della precarietà lavorativa e il divario digitale.

Quali sono i punti di forza e di debolezza del suo programma e della sua personalità, a tuo avviso?

Nei punti di forza del programma c’è la nazionalizzazione delle risorse naturali del paese, il rafforzamento dello Stato come attore principale nell’amministrazione delle risorse economiche, la ristrutturazione e democratizzazione delle istituzioni e della Costituzione, ancora legata al Fujimorismo. La Costituzione del 1993, tanto voluta da Alberto Fujimori, è di chiara ispirazione neoliberista e il mercato ha la preminenza sullo Stato. Castillo vuole ribaltare le relazioni di forza a favore dello Stato. Dall’altra parte, riconosco una debolezza nella capacità oratoria che avrebbe bisogno di più incisività e convinzione, soprattutto per i temi economici, materia che non maneggia al meglio, a mio avviso. Questo crea indecisione e confusione nell’elettorato.

La mappa del voto in Perù

Lo scorso 6 maggio nella città di Lima si è siglato l’accordo elettorale tra Castillo e Mendoza. Le sinistre si alleano contro la destra. Come analizzi quest’alleanza?

L’alleanza con Mendoza ha dato aria fresca a Castillo. È stata utile perché l’economista e deputato Pedro Franke del gruppo Juntos por el Perù di Verónica Mendoza ha apportato all’alleanza più preparazione ed esperienza sui temi economici, cosa di cui, come detto, Castillo aveva bisogno. Il discorso di Franke ha anche “tranquillizzato” una parte dell’elletorato moderato che ha “paura” della vicinanza ideologica di Castillo al Venezuela e Cuba stigmatizzati dai mezzi di comunicazione locali. Con Franke si è adottato un discorso politico con una visione nazionalista più forte.

Secondo gli ultimi sondaggi Castillo è ancora in vantaggio nonostante Keiko Fujimori abbia ridimensionato il suo svantaggio. Qual è la situazione al momento?

Secondo i sondaggi di Datum di questi giorni, ci sarebbe un pareggio tecnico tra i due candidati. Tuttavia, c’è ancora un elettorato indeciso che sarà decisivo per la proclamazione del nuovo presidente. Sembra che ci sia ancora da attendere qualche giorno per capire come si muoverà quest’elettorato. Castillo ha un voto duro intorno al 42-45% ma una parte dell’elettorato lo voterebbe più per una volontà anti-Fujimori che pro-Castillo. C’è un elettorato che non vuole votare per Keiko perché ha già provato 10 anni di governo del padre e del Fujimorismo.

Keiko Fujimori

Qual è la tua analisi dopo il dibattito presidenziale di domenica 30 maggio?

Castillo ha dato il quadro e le linee guida del suo futuro governo. Avrebbe dovuto complementare le sue proposte anche tracciandone i modi. Questo sembra essere mancato parzialmente. Inoltre, era importante essere più deciso nel distanziarsi dal terrorismo e affrontare di più Fujimori, parlando della corruzione nel suo passato e nel suo presente. Dall’altro canto, Keiko ha dato il messaggio che si impegnerà a dare continuità al modello economico e sociale. Ha fatto una pioggia di promesse populiste. Continua a temere la questione del terrorismo e del modello chavista. Ha promesso bonus economici a vari settori sociali come: pescatori, minatori e alle famiglie che hanno perso i propri cari per il Covid. Insomma, ha fatto una serie di promesse a buon mercato. La domanda è: da dove prenderà i soldi?

Parliamo dell’attentato di questi giorni addebitato al gruppo di Sendero Luminoso.

Non è la prima volta che accade. Già nelle campagne elettorali del 2011 e del 2016 ci fu qualcosa analogo. Il giornalista peruviano César Hildebrandt, un professionista di tutto rispetto, ha già dichiarato che quest’attentato sembra opera del Fujimorismo che sarebbe capace di qualsiasi cosa pur di vincere le elezioni. Inoltre, secondo lo stesso Hildebrandt, quest’attentato non presenta le caratteristiche tipiche degli attentati realizzati storicamente da Sendero Luminoso. Eppure, il circuito mediatico e le Forze Armate del Perù hanno già sentenziato e dato la responsabilità al Grupo Sendero Luminoso. È un modo per legare Castillo al narcoterrorismo peruviano. D’altro canto, le Forze Armate sarebbero molto più vicine, ideologicamente, a Keiko Fujimori che a Pedro Castillo.