di Antonio Perillo –

Pagine Esteri, 25/06/2021; Un’attivista dell’ala più progressista del partito democratico in corsa per diventare sindaca di New York e la prima donna nera e apertamente socialista a vincere le primarie della seconda città dello stato di New York, Buffalo. La sinistra americana continua a mostrarsi all’offensiva scavalcando la linea moderata dell’establishment democratico rappresentato dalla presidenza Biden.

Partiamo da New York, certamente l’appuntamento più seguito ed importante.

Si sono tenute martedì 22 giugno le elezioni primarie per la scelta dei candidati a sindaco. Le primarie democratiche sono in realtà una finale anticipata, si direbbe parlando di calcio, perché sia lo stato che la città di New York sono saldamente “liberal” e di conseguenza la vittoria dello sfidante democratico alle elezioni del novembre prossimo non sembra in discussione.
A spoglio ancora in corso, i due candidati con maggiori possibilità di vittoria sono due afroamericani: l’ex capitano di polizia Eric Adams, in testa con buon margine, e Maya Wiley, avvocata e attivista, protagonista di una forte ascesa nei sondaggi dopo l’endorsement incassato, fra gli altri, dalle due esponenti certamente più influenti dell’ala liberal del partito, ovvero Alexandria Ocasio-Cortez ed Elizabeth Warren. Wiley ha superato candidati in partenza più quotati come Andrew Yang e Kathryn Garcia.
Il sistema elettorale è assai complesso: era possibile indicare fino a 5 preferenze (sui 13 candidati), ponendo i nomi in ordine di gradimento. Ad urne chiuse è stata conteggiata soltanto la prima preferenza, che ha sì favorito Adams, ma tenendolo in ogni caso lontano dalla soglia del 50% necessaria per la nomina diretta. Le preferenze successive, così come le schede del voto anticipato via posta, verranno conteggiate solo a partire dalla prossima settimana. Adams col suo 32% è ora il favorito, ma lo scenario è ancora aperto, con la Wiley a seguire con il 23%. Dopo di loro, Garcia è l’unica ad avere ancora qualche tenue possibilità di vittoria.

Lo scenario politico appare fortemente mutato rispetto al recente passato. Sembrano lontanissimi i tempi in cui la più grande città degli Stati Uniti, New York, era governata da esponenti repubblicani e democratici legati fortemente all’establishment politico ed economico del Paese. Dal 1994 al 2001 fu sindaco l’uomo della tolleranza zero, il repubblicano Rudy Giuliani, oggi tra i principali collaboratori di Trump. A succedergli (2002-2013) fu Michael Bloomberg, il magnate dapprima repubblicano, poi recentemente candidato alle primarie per la presidenza dei Dem.
A contendersi la poltrona di sindaco, come dicevamo, sono un ex-poliziotto nero che si è battuto contro il razzismo e gli abusi commessi dalle stesse forze dell’ordine ed un’avvocata dell’ala più progressista del partito che ha presieduto la CCRB, un’agenzia civile di supervisione sugli eccessi ed i crimini degli agenti di polizia. Proprio sul tema della sicurezza e sulla gestione del più grande dipartimento di polizia del Paese, il NYPD, si è giocata una parte importante del dibattito delle primarie. Fra l’elettorato Dem, il consenso trasversale per significative riforme, cresciuto dopo le mobilitazioni di Black Lives Matter (BLM), ha convissuto con la storica preoccupazione per la sicurezza, acuita dall’incremento degli omicidi e dei reati violenti degli ultimi mesi nella Grande Mela.

Maya Wiley durante il suo comizio di chiusura della campagna elettorale

Maya Wiley, 57enne giurista, volto della MSNBC (tv molto seguita dagli elettori democratici), attivista e protagonista negli anni di iniziative ed organizzazioni per la difesa dei diritti umani, contro il razzismo e per le libertà civili, ha incentrato il suo programma su un piano di ambiziose riforme.
Ha chiamato il piano “New Deal” per New York, alludendo esplicitamente al “Green New Deal”, il programma di riconversione ambientale dell’economia sostenuto dall’ala radicale dei Dem. Fra i punti più significativi, l’investimento pubblico di 10 miliardi di dollari per la creazione di 100mila nuovi posti di lavoro, il rinnovamento in senso ambientale di infrastrutture e trasporti e l’impegno per superare l’emergenza abitativa per le fasce più povere della popolazione ed i senzatetto.
Certamente, le posizioni sulla sicurezza e la riforma del NYPD sono quelle che hanno fatto più discutere. Pur non usando mai l’espressione “defund the police”, tagliare i finanziamenti alla polizia, cioè uno del slogan del movimento BLM, la Wiley ha previsto nel suo programma di eliminare molte delle più controverse competenze dell’enorme dipartimento. A New York come in buona parte degli USA, infatti, la polizia gestisce le emergenze legate alla salute mentale, il controllo del traffico e la sicurezza nelle scuole. L’approccio securitario a tali delicate situazioni genera diversi degli arresti che degenerano in violenze ed anche uccisioni, in particolare ai danni di persone appartenenti alle comunità nere. Wiley ha anche proposto di istituire una commissione civile e completamente indipendente dal NYPD per la supervisione su abusi e violenze degli agenti.

Al contrario, Eric Adams ha sostenuto sul tema una politica che potremmo definire di taglio delle mele marce, di correzione di errori ed abusi su un impianto sostanzialmente sano. Adams è arrivato persino a sostenere la validità, se eseguita correttamente, della politica dello stop-and-frisk, ovvero la libertà per gli agenti di fermo e perquisizione, introdotta a suo tempo da Rudolph Giuliani. Soprattutto dopo il sostegno a Maya Wiley giunto dalla Ocasio-Cortez, Adams ha accentuato gli attacchi a colei che stava diventando la sua principale avversaria, accusandola di voler smantellare e criminalizzare il NYPD proprio durante un’emergenza causata dall’aumento del numero di omicidi in città. Nonostante ciò, l’ex capitano dovrà tener conto delle istanze di riforma delle forze dell’ordine, per quanto più moderate, che gli arrivano dalle comunità e dai leader che hanno sostenuto la sua campagna.

La cavalcata di Maya Wiley delle ultime settimane contiene un ulteriore elemento di interesse.
Wiley ottiene l’endorsement di AOC e della Warren lo scorso 5 di giugno. Si trattava di una candidatura significativa, ma apparentemente non in corsa per la vittoria. Un’outsider anche se già consulente del sindaco uscente Bill De Blasio.
Il sostegno dell’ala più progressive ha determinato un effetto chiarissimo, segnalando la forza di quell’opzione politica in questo momento. Anzi, Wiley potrebbe aver pagato questo sostegno tardivo, quando il voto anticipato via posta era già partito. Come mai un endorsement a sole due settimane dal voto? La sinistra dei Dem aveva infatti diviso le sue preferenze, puntando anche sul candidato Scott Stringer, il quale però durante la campagna è stato accusato da due donne di abusi sessuali, perdendo buona parte dei suoi sostenitori (e dei voti). Gli elettori di sinistra hanno quindi potuto convergere sulla Wiley, segnalando anche la sensibilità sul tema della violenza sulle donne.

Per quanto riguarda Buffalo, la seconda città dello stato di New York con i suoi oltre 250mila abitanti, è possibile parlare di evento a suo modo storico. Le primarie sono state decise nel giorno stesso del voto, con la chiara vittoria con il 52% dei voti di India Walton, giovane donna nera e dichiaratamente socialista, sostenuta dai Democratic Socialists of America, di cui fa parte, e dal Working Families Party, due organizzazioni che negli USA si possono considerare di estrema sinistra. L’ultimo sindaco di una città medio-grande a dichiararsi socialista era stato Frank Zeidler, primo cittadino di Milwaukee, Winsconsin, dal 1948 al 1960. Inoltre, Buffalo avrà la prima sindaca donna della sua storia.

India Walton, prossima sindaca di Buffalo, New York

Walton ha battuto il sindaco uscente, ricandidato dopo il primo mandato, Byron Brown, che aveva ricoperto in passato anche il ruolo di capo dell’intero partito democratico dello stato di New York.
Aveva ricevuto il supporto della nota cantautrice italoamericana nativa di Buffalo, e attivista femminista di lungo corso, Ani DiFranco, ma poteva contare su risorse economiche di molto inferiori al suo avversario. In questo senso, la vittoria di Walton, 38enne infermiera e attivista BLM, è ancora più sorprendente e dimostra la forza anche elettorale delle mobilitazioni e della rete di volontari che l’ha supportata.
La giovane attivista aveva deciso di sfidare il sindaco in carica dopo aver duramente criticato la sua gestione dell’ordine pubblico durante le manifestazioni BLM dello scorso anno. E per la riforma della polizia locale propone un programma in larga parte simile a quello della “collega” della capitale Maya Wiley. India Walton correrà da sola alle elezioni generali e sarà certamente eletta, in quanto i repubblicani non hanno individuato uno sfidante.