di Erminia Savelli – 

Pagine Esteri, 12 luglio 2021 – “L’amore nel mondo arabo è prigioniero e io voglio liberarlo” queste le parole di Nizzar Qabbani, illustre poeta del mondo arabo tra i più importanti del ‘900.

Egli guarda il suo mondo da un punto di vista privilegiato, cresciuto con la madre e le sorelle, tra donne che influenzeranno indissolubilmente il carattere e il pensiero di questo “rivoluzionario” dell’amore, della concezione della donna. Sebbene abbia seguito studi di legge per assecondare le aspettative della famiglia, fu proprio durante gli studi universitari che compose i suoi primi versi, pubblicando la sua prima raccolta nel 1944.

Già in questo primo componimento rompe tutti i tabù della società siriana dell’epoca, come quando descrive in maniera esplicita l’atto sessuale o quando critica apertamente l’ipocrisia e il sessismo di un mondo declinato solo al maschile.

Per Qabbani, che vede l’amore dal punto di vista femminile, esso è affinità elettiva, che trasporta gli amanti al di là del tempo, che non conosce regole, impedimenti, soprattutto l’amore rappresenta l’infinito.

“L’amore non si ferma al semaforo” questo il titolo, che ben descrive il suo pensiero, di una delle ultime raccolte.

Ci racconta che la donna può amare e lo fa con parole piccanti e lussuriose, portandoci in un mondo da mille e una notte, anche quando quelle parole diventano più pesanti e buie, come quando narra di aborto e prostituzione.

In uno dei suoi lunghi poemi, Qabbani nel titolo “Non v’è altra donna al di fuori di te” propone parola per parola la professione di fede islamica: “Non v’è altro dio al di fuori di Iddio”, è una dimostrazione di quanto il poeta sia un uomo libero dai dettami di una cultura millenaria e dai vincoli che questa parola – amore – dolcemente gli impone. Non v’è altra donna al di fuori di te può ben essere interpretato con “Non v’è altro amore al di fuori di te” conferendo alla figura femminile la più alta collocazione nell’universo umano; come una domina medievale o come la visione dell’amore dantesca o come quella vergine che Qabbani stesso riprende dal Vangelo e dal Corano.

Questa visione del mondo femminile è qualcosa di nuovo e di rivoluzionario nella poesia e nell’universo arabi.

Qabbani, che canta l’amore in modo rivoluzionario nei contenuti, non abbandona mai la poesia araba classica. Il passato ricorre in tutte le sue poesie anche se siamo di fronte a un’estrema libertà della lingua, proprio in base al principio del poeta secondo cui la poesia non ha una lingua propria: “la poesia è un bel cavallo che ciascuno cavalca a modo suo”.

Quanto è profonda la conoscenza della poesia classica araba lo è altrettanto per quella occidentale, omaggiando il grande poeta Baudelaire.

Qabbani è poeta di quell’amore che non contempla l’odio e che se odia è verso l’odio stesso. La violenza verbale del poeta è contro la violenza reale dei prepotenti che usurpano le ricchezza del mondo, calpestando i diritti delle persone più indigenti e che per mantenere i propri privilegi ricorrono a qualsiasi tipo di soprusi, di torture, anche di guerre.

La raccolta intitolata in italiano “ Le mie poesie più belle” ci prende per mano teneramente nella parte iniziale per poi farci immergere nella tempesta della parte centrale, con forti poesie tra cui “Lettera da una donna piena d’odio” o “Non spegnerai la mia dignità”.

Ma dopo la tempesta arriva la quiete e il mare si calma per condurci verso sponde del passato, ricordi del padre defunto di Qabbani.
Per finire con “Il pane, l’hashish e la luna” che ci svela un mondo così lontano ma così simile al nostro, simile perché governato dall’amore.