di Davide Matrone*

Pagine Esteri, 19 luglio 2021 – In questi giorni a Cuba si sono registrate una serie di manifestazioni contro il governo di Miguel Díaz Canel. A scendere in piazza i mercenari e i controrivoluzionari di sempre ma anche coloro che vogliono delle riforme immediate nel campo economico. Da San Antonio de los Baños son partite le prime proteste che ben presto si sono diffuse su quasi tutta l’isola. Le restrizioni economiche che soffre l’isola per un anacronistico blocco economico hanno messo in ginocchio l’economia del paese. C’è scarsità di alimenti, di medicine, di combustibile e blackout di diverse ore, tutti fattori che metterebbero a dura prova la resistenza psicofisica di qualsiasi individuo e popolo del mondo. Non è la prima volta che Cuba registra momenti di tensione. Il periodo especial, quello del decennio ’90 fu certamente il più duro. Dopo la caduta del muro di Berlino e il calo, da un giorno all’altro, del 70% delle importazioni dall’URSS, sembrava che in qualsiasi momento Cuba avrebbe abbandonato tutto per concedersi totalmente al paradigma neo-liberista. Nessuno avrebbe scommesso un centesimo che nel 2021 ci fosse nei Caraibi e in America Latina un sistema di sviluppo diverso dal libero mercato. Certo, le contraddizioni non mancano, anzi, e sono emerse con le proteste degli ultimi giorni. Non solo proteste ma anche manifestazioni di massa d’appoggio alla Rivoluzione che cerca di resistere e persistere e di ritornare a un processo di rettificazione come al principio degli anni ’90. Per saperne di più, ne ho parlato con José Antonio Quintana, scrittore e storico cubano, oggi insediato in Spagna.

Perché e dove sono cominciate le proteste a Cuba?

L’attuale situazione a Cuba è il risultato di una serie di fattori che hanno generato le tensioni che, per la prima volta nella storia della Rivoluzione Cubana, si sono date contemporaneamente in differenti parti del paese.

Le prime manifestazioni sono cominciate nella località di San Antonio de los Baños, a pochi chilometri dall’Avana, nella zona occidentale del paese. In seguito, le proteste si sono sparse in altre zone del paese: Camaguey, Matanzas, Ciego de Ávila e nella zona orientale di Santiago de Cuba. Si sono registrate manifestazioni pacifiche, altre violente scontri con la polizia, saccheggi, atti vandalici e putroppo dobbiamo registrare anche una vittima e diversi feriti. Le cause che hanno provocato questo malessere sociale sono differenti però la pandemia e la crisi economica sono i fattori determinanti.

Miguel Díaz-Canel, presidente cubano

La crisi economica si è aggravata con la pandemia. C’è scarsità di alimenti, di medicinali, di combustible. Questa situazione è peggiorata, inoltre, con le 200 misure restrittive volute ed applicate dall’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Senza dimenticare il blocco economico che dal decennio ’60 colpisce duramente l’economia dell’isola.

A questi fattori esterni si aggiungono gli errori del governo nella gestione economica. C’è una lentezza burocratica che non agevola il pacchetto di riforme economiche promesse dal 2008, che comprendono la creazione di micro-imprese, incentivi per l’istituzione di cooperative e libertà individuale di poter importare prodotti dall’esterno. Ci sono state delle improvvisazioni dettate dalla congiuntura attuale che non hanno migliorato l’economia e, infine, la dollarizzazione dell’economia si è realizzata in un momento storico sbagliato. Questo è in sintesi il panorama economico da cui sorgono le proteste.

All’interno delle manifestazioni sembrano esserci varie anime, dai controrivoluzionari di sempre a coloro che chiedono delle riforme al sistema. Cosa ne pensi?

Coloro che protestano appartengono a vari settori della popolazione. I mercenari pagati dagli Stati Uniti che vogliono farla finita con il regime e che non vogliono niente a che vedere con il socialismo. Però bisogna dire che non tutti coloro che son scesi in strada sono controrivoluzionari. C’è una parte della popolazione che, seppur a favore della Rivoluzione Cubana, chiede delle riforme e una serie di concessioni, come il diritto alla protesta, la libertà individuale di poter accedere a differenti prodotti dall’estero mediante le rimesse, diversa tipologia di elezioni, allo stile borghese, e la creazione di microimprese.

Come ha reagito il Governo?

Cuba in questa dura situazione economica e sanitaria ha messo in campo molte risorse ed energie per creare ben 5 vaccini di cui 2 (SOBERANA e ABDALA) son già usati all’interno del paese ed esportati fuori, in Venezuela e Iran, per esempio. È l’unico paese del Terzo Mondo ad averlo fatto.

Rispetto alle proteste, sembra esserci la volontà del governo di voler realizzare dei seri cambiamenti. il governo ha già annunciato di mettere mano e da subito alle riforme economiche congelate da tempo, come quella della libertà d’importazione per poter accedere ad alimenti, medicine ed altri prodotti. Questo aiuterà ad alleviare la sofferenza e le tensioni, a mio avviso. Spero che avvenga prima di dicembre, come avevano promesso. Inoltre, il Presidente Diez Canel ha dichiarato di voler riprendere una serie di politiche sociali abbandonate da tempo e che ai tempi di Fidel Castro avevano dato dei buoni risultati. Ci sono fasce della popolazione con scarse risorse nei quartieri emarginati che hanno bisogno di questi interventi del governo attraverso la partecipazione di operatori sociali. Infine, si cominceranno ad applicare le riforme economiche tanto sperate come l’incremento delle piccole imprese e delle cooperative.

Quali sono le prospettive nell’immediato futuro?

Vedremo cosa accadrà, però la situazione è ben complessa. Inoltre, l’aggressività del governo statunitense di Biden sembra non placarsi, anzi. C’è da tempo una campagna mediatica contro Cuba, ci sono una serie di misure che vogliono aumentare le tensioni sociali nell’isola come la concessione dagli Stati Uniti di internet per tutti i cubani in forma gratuita e l’eliminazione delle rimesse. La guerra economica, politica e ideologica contro Cuba continua e non si è mai fermata.

 

*Davide Matrone, docente e ricercatore di analisi politica all’Università Politecnica Salesiana di Quito, Ecuador. Blogger e politologo.