AGGIORNAMENTO 24 SETTEMBRE ORE 18.30

Intervenendo all’Assemblea generale dell’Onu il presidente dell’Anp Abu Mazen ha lanciato un ultimatum a Israele: se entro un anno non si ritirerà dai Territori occupati, i palestinesi revocheranno il riconoscimento dello Stato ebraico e dei confini del 1967 votato dall’Olp nel 1996. Insisteranno inoltre per ottenere la condanna di Israele per crimini di guerra da parte della Corte penale internazionale. Intanto oggi un altro dimostrante palestinese, Mohammed Khabisa, di 28 anni è stato ucciso da soldati israeliani a Beita durante le proteste contro l’avamposto coloniale ebraico di Evyatar.

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della redazione –

Pagine Esteri, 22 settembre 2021  – Il periodo precedente a questo sondaggio svolto dal “Centro palestinese per la politica e la ricerca sui sondaggi” di Ramallah (PSR) in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza tra il 15 e il 18 settembre, ha visto importanti sviluppi tra cui: l’uccisione con un violento pestaggio da parte di agenti della sicurezza palestinese di Nizar Banat, un attivista politico schierato contro la corruzione e le politiche dei vertici dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) e il conseguente scoppio di ampie manifestazioni di protesta; la fuga di sei prigionieri politici palestinesi dalla prigione israeliana di Gilboa; i negoziati Hamas-Israele mediati dall’Egitto per rafforzare il cessate il fuoco raggiunto dopo l’escalation a maggio e la  ricostruzione di Gaza; l’incontro a Ramallah del presidente dell’Anp Abu Mazen con il ministro della difesa israeliano Benny Gantz.

Nizar Banat

Il sondaggio, spiega il PSR, mette in relazione questi eventi con le condizioni generali nei territori palestinesi, un ipotetico negoziato con Israele e la realtà dell’assenza di una trattativa con il governo dello Stato ebraico per la definizione dello status futuro dei Territori palestinesi occupati militarmente dal 1967. I risultati mostrano la centralità delle questioni interne nel plasmare le posizioni della popolazione. Un’ampia maggioranza di palestinesi rifiuta l’idea che l’uccisione di Banat sia stato un “errore” commesso involontariamente dagli agenti di sicurezza ed è convinta che la morte dell’attivista politico sia stata premeditata, ordinata dalla leadership politica o dai vertici delle agenzie di sicurezza. Per questo motivo, il pubblico non è soddisfatto del passo compiuto dall’Anp di mettere sotto processo 14 agenti dell’intelligence escludendo le responsabilità politiche dell’accaduto. Il pubblico è anche irritato e sdegnato per il modo in cui l’Anp ha represso le proteste pubbliche che chiedevano giustizia per Nizar Banat. Tre quarti dei palestinesi considerano il comportamento dei servizi di sicurezza una violazione delle libertà e dei diritti umani.

I risultati del sondaggio mostrano che la stragrande maggioranza degli intervistati ha seguito costantemente le notizie riguardanti la recente fuga di sei prigionieri palestinesi dalla prigione di Gilboa in Israele. La stragrande maggioranza vede il comportamento dei prigionieri, anche dopo essere stati catturati, come un’ispirazione a resistere all’occupazione. La leadership dell’Anp e l’establishment della sicurezza non escono bene dalla vicenda. Mentre la popolazione è convinta della sincerità dei proclami e dai piani annunciati dal movimento islamico Hamas per liberare i palestinesi evasi dalla prigione e poi catturati da Israele, è invece diffidente nei confronti dell’Anp e ritiene che i suoi servizi di sicurezza non abbiano protetto i prigionieri.

Ramallah. La repressione delle proteste per l’uccisione di Nizar Banat

L’impatto degli scontri del maggio 2021 a Gerusalemme Est e dell’escalation militare tra Hamas e Israele è ancora molto sentito. La maggioranza dei palestinesi pensa sempre che Hamas sia uscito vincitore dallo scontro e che l’obiettivo del movimento islamico sia stato quello di difendere Gerusalemme e la moschea di al Aqsa e, di conseguenza, tanti intervistati ritengono che sia più meritevole di rappresentare e guidare il popolo palestinese. La maggioranza pensa che Hamas debba rilanciare razzi contro Israele – come ha fatto lo scorso 10 maggio – se abitanti di Gerusalemme Est saranno espulsi dalle loro case o se saranno imposte restrizioni all’accesso dei fedeli alla moschea di al Aqsa. Tuttavia, aggiunge il PSR, a distanza di tre mesi dal precedente sondaggio si registra un calo degli indicatori che misurano l’ascesa della popolarità di Hamas.

Se oggi si svolgessero nuove elezioni presidenziali e legislative, Hamas se la caverebbe relativamente bene rispetto al partito Fatah, spina dorsale dell’Anp. Ciò è vero soprattutto per le elezioni presidenziali, con il presidente in carica Abu Mazen come candidato di Fatah. Il risultato invece sarebbe molto diverso se il candidato di Fatah fosse Marwan Barghouti, un simbolo dei prigionieri politici palestinesi che la scorsa primavera appariva intenzionato a candidarsi alla presidenza. Le elezioni previste per il 22 maggio (legislative) e il 31 luglio (presidenziali) sono state rinviate a tempo indeterminato da Abu Mazen.

Il dato politico più clamoroso del sondaggio riguarda il presidente dell’Anp: l’80% dei palestinesi in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est chiede le dimissioni immediate di Abu Mazen. Mai in passato era stata registrata dal PSR una percentuale tanto negativa per il presidente in carica.

Infine, il sondaggio conferma il declino del sostegno dei palestinesi alla soluzione dei Due Stati (Israele e Stato di Palestina) e un crescente appoggio (circa il 50%) alla lotta armata come il miglior mezzo per porre fine all’occupazione militare israeliana. Di conseguenza la maggioranza di intervistati è contraria alla ripresa dei negoziati israelo-palestinesi sotto il patrocinio del Quartetto (Usa, Russia, Ue e Onu).

POTETE LEGGERE TUTTI I RISULTATI DEL SONDAGGIO DEL PSR AL LINK SEGUENTE:

http://pcpsr.org/en/node/854