di Eliana Riva

Pagine Esteri, 23 settembre 2021 – Ancora una proroga allo stato di emergenza. Un altro mese senza parlamento, il terzo di poteri speciali per Kais Saied, con la promessa della nomina di un premier e di una commissione, sempre da lui designata, con lo scopo di riscrivere parti della costituzione, rafforzandola con ogni probabilità in chiave presidenziale.

Nella giornata di mercoledì 22 settembre, il Presidente ha annunciato, tramite il suo ufficio, le sue prossime mosse: misure già pubblicate sulla Gazzetta ufficiale che prorogano i poteri speciali acquisiti in seguito allo scioglimento del parlamento tunisino e alla cacciata del premier incaricato, il tutto reso possibile dall’utilizzo controverso dell’articolo 80 della costituzione tunisina, che fa riferimento a situazioni di “pericolo imminente”. È così che Saied ha letto, a quanto pare, le manifestazioni di protesta che a Luglio hanno attraversato il Paese, facendo tappa al palazzo del parlamento per chiedere le dimissioni del governo. A partire da quella data, il presidente Saied detiene tutti i poteri, compreso quello esecutivo e rimanda di mese in mese la proclamazione delle elezioni o la scelta di un premier incaricato di provare a formare un nuovo governo.

Con l’annuncio di ieri, anzi, il presidente dimostra di non temere le proteste crescenti dei partiti politici, specie quelle dell’islamista Ennahdha, né le richieste dei sindacati che auspicano un immediato ritorno alla via democratica. Saied, d’altronde, gode ancora di un importante sostegno della popolazione, che ha accolto a luglio le sue misure con innegabile soddisfazione. Nonostante il prolungarsi della situazione eccezionale divida sempre più, giorno dopo giorno, i cittadini tunisini, Saied sa evidentemente di potersi muovere con disinvoltura, promettendo da un lato il ritorno alla democrazia e occupandosi dall’altro, personalmente, delle nomine politiche e tecniche di coloro che dovranno operare un cambiamento costituzionale. Il presidente, d’altro canto, si è sempre dichiarato critico nei confronti della costituzione tunisina nata nel 2014, costituzione a suo dire imperfetta perché provocherebbe una “errata distribuzione dei poteri” che causerebbe a sua volta lo stallo politico e quindi l’impossibilità di compiere le riforme necessarie ad affrontare la pesante crisi in cui riversa la società tunisina.

Così, in linea con la sua idea di trasformazione in senso presidenziale, ha emanato ieri un decreto con il quale ha rafforzato i propri poteri, dandosi di fatto il diritto di ignorare parti della costituzione durante i suoi interventi legislativi atti a cambiare l’intero sistema politico. Dall’ufficio della presidenza hanno fatto sapere che Saied formerà e nominerà i membri di una commissione che avrà proprio lo scopo di riformare il sistema politico, ignorando e riscrivendo interi brani della costituzione, mentre altre non meglio identificate “parti” rimarranno inalterate. Le regole pubblicate nella Gazzetta ufficiale gli consentono di fare leggi per decreto, nominare il governo, fissarne l’orientamento politico e controllare le sue decisioni più importanti, senza preoccuparsi di alcuna interferenza.

Rached Ghannouchi, leader del partito Ennhadha

Non si sono fatte attendere le reazioni del primo partito tunisino, Ennahdha, che pure vive una forte frammentazione e crisi, duramente accusato dallo stesso Saied, prima dello scioglimento del Parlamento, di essere il responsabile della crisi economica, di quella politica e della cattiva gestione dell’emergenza Covid. Il leader di Ennahdha, Rached Ghannouchi, ha dichiarato che le misure annunciate ieri significano di fatto l’annullamento della costituzione e che già il 25 luglio il suo partito aveva definito la decisione di Saied un colpo di Stato, annunciando che non avrebbe permesso la svolta dittatoriale. Il più grande sindacato tunisino, l’Unione Generale Tunisina del Lavoro ha chiesto al presidente di indire il prima possibile le elezioni legislative, di modo che possa essere il nuovo parlamento a varare le riforme della costituzione. Intanto, anche a livello internazionale cresce la preoccupazione per quella che pare essere, a questo punto, una svolta quantomeno pericolosa per la democrazia.

L’articolo 80 della costituzione, utilizzato da Saied per sciogliere il parlamento e acquisire poteri speciali, specifica che in caso di pericolo imminente che minacci l’integrità e la sicurezza del Paese, il presidente può adottare le misure eccezionali necessarie a garantire, il prima possibile, il ritorno al normale funzionamento delle istituzioni statali.