della redazione

Pagine Esteri, 4 ottobre 2021 – L’attentato di ieri a una moschea di Kabul durante i funerali della madre del portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, il più grave con i suoi 12 morti e 32 feriti dopo quello del 26 agosto all’aeroporto internazionale “Hamid Karzai” di Kabul che uccise 13 soldati americani e 169 afgani, tra cui 30 combattenti talebani, ha ancora una volta evidenziato la elevata capacità operativa dell’Isis-K (Isis-Khurasan). E con essa la sua linea ideologica intransigente contro tutti gli “infedeli” nei quali ora include i nuovi governanti dell’Afghanistan.

A differenza di altre organizzazioni islamiste armate e radicali che tendono a unirsi sotto minaccia o per interesse comune, l’Isis, noto anche come Daesh e Stato islamico, rifiuta di cooperare con altre organizzazioni “cugine” che non approva. Chiunque non pratichi la fede alla sua maniera ultrarigida e violenta è considerato un nemico, un “infedele”, un “crociato” o uno che “abbandona l’Islam”. Per questo motivo l’Isis si astiene dal formare alleanze con tali organizzazioni ideologicamente affini, anche quando ciò potrebbe rafforzare la sua posizione. La sua “guerra agli infedeli” è intollerante a cominciare dagli altri musulmani. Di conseguenza l’organizzazione jihadista – che per alcuni anni dopo il 2014, guidata dal “califfo” Abu Baker al Baghdadi (ucciso dagli Usa) ha controllato vaste porzioni di Iraq e Siria – mantiene un giudizio molto critico sulla conquista dell’Afghanistan da parte dei talebani ai quali non ha riconosciuto il successo. Sulla rivista ufficiale dell’Isis è apparso nelle scorse settimane un articolo che condanna la presunta cooperazione tra i talebani e gli Stati Uniti e sostiene che la conquista degli “studenti coranici” del paese sarebbe avvenuta in pieno accordo e coordinamento con le forze armate americane. Le migliaia di soldati “Crociati” avrebbero lasciato l’Afghanistan senza problema grazie a un accordo tra le parti.

A Kabul, quindi, sarebbe avvenuto un trasferimento di potere “da un amico all’altro” e non il trionfo dei talebani. ISIS-K accusa i talebani di aver rinunciato “all’obbligo” di proclamare un califfato e cercare di espandere i suoi confini, due mosse verso le quali i nuovi leader di Kabul, almeno sino ad oggi, non hanno mostrato interesse. I due gruppi si sono già scontrati durante la presenza statunitense in Afghanistan. Non sorprende che l’ISIS-K abbia alzato la testa e preso una condotta violenta contro i talebani e i suoi “alleati stranieri”. Il 30 agosto, quattro giorni dopo l’attentato all’aeroporto di Kabul da cui venivano evacuate migliaia di soldati e civili americani e occidentali, l’organizzazione ha lanciato razzi sullo scalo che sono stati intercettati dall’esercito americano. E ha compiuto attacchi e agguati in altre località dell’Afghanistan.

Le affinità ideologiche tra Isis e talebani – nell’organizzazione sociale, nella negazione dei diritti delle donne e nella visione della centralità della sharia – non bastano ad accorciare le differenze tattiche e strategiche tra le due organizzazioni sunnite. Come lo definì il defunto Abu Bakr al Baghdadi, il “campo dell’Islam e della fede” dell’Isis sta saldamente davanti al “campo dell’eresia e dell’ipocrisia” rappresentato dal resto del mondo, compresi i talebani che pure sono visti dal resto del mondo come una formazione radicale. Gli scontri armati tra le due parti sono destinati ad intensificarsi. Nei mesi scorsi non pochi afghani, compresi diversi talebani, hanno scelto di unirsi all’Isis-K attratti dalle sue ambizioni globali. E altrettanto hanno fatto i miliziani associati a Tehrik-i-Taliban Pakistan, i “talebani pakistani”. Tutto lascia prevedere un conflitto lungo e sanguinoso, fatto di attentati e violenze senza sosta, che potrebbe aggravarsi ulteriormente se, come pensano molto, i talebani torneranno a dare appoggio e ospitalità a ciò che resta di Al Qaeda, da cui, con una scissione, circa dieci anni fa vide la luce l’Isis.  L’organizzazione legata al nome di Osama bin Laden e l’Isis sono nemici giurati.

Il governo talebano la scorsa settimana ha lanciato un’operazione per sradicare l’ISIS-K dopo due settimane di spargimento di sangue nella città principale di Nangarhar, Jalalabad. Almeno tre attacchi con armi da fuoco e bombe contro postazioni talebane hanno causato la morte di diversi combattenti e civili. Ma per i talebani annullare la minaccia dello Stato islamico potrebbe rivelarsi più difficile dei venti anni di lotta armata contro l’occupazione degli Stati uniti. Pagine Esteri