di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 3 gennaio 2022 (foto di Philippe Kropf/Ocha)La crisi umanitaria non ferma la guerra in Yemen, teatro dal 2015 di una devastante campagna militare di Arabia saudita, Emirati e altri paesi arabi contro gli Ansarullah, i ribelli sciiti Houthi appoggiati dall’Iran che si battono contro il governo sostenuto da Riyadh. Il fragile accordo di condivisione del potere ormai è solo un pezzo di carta. Negli ultimi giorni si sono aperti nuovi fronti di guerra oltre a quello di Marib, città circondata dai ribelli e la cui caduta potrebbe imprimere una svolta a favore degli insorti in un conflitto che è diventato il Vietnam dei sauditi. È caduto nel vuoto l’allarme lanciato il 14 dicembre dall’inviato speciale dell’Onu, Hands Grundberg, sull’inizio di un capitolo «ancora più sanguinoso» della guerra che ha già ucciso 377.000 persone e spinto milioni di civili sull’orlo della carestia, secondo i dati ufficiali delle Nazioni Unite.

Nei giorni scorsi i combattenti di Ansarullah hanno lanciato altri missili balistici verso l’aeroporto di Ataq, contro postazioni della milizia d’élite finanziata e armata dagli Emirati e inviata nella provincia di Shabwa. Hanno colpito la base di Markha centrando in pieno l’edificio operativo della coalizione a guida saudita, nel momento in cui entravano tre veicoli corazzati che trasportavano i rinforzi degli Emirati. Sette i miliziani uccisi, 13 quelli feriti. Le capacità belliche dei ribelli Houthi sono cresciute negli ultimi due anni al punto da mettere sulla difensiva le forze del governo filo-Riyadh. E grazie a missili e droni che avrebbero ricevuto dall’Iran, sono in grado di colpire in profondità anche il territorio saudita. Secondo un recente rapporto gli attacchi di Ansarullah contro obiettivi in ​​Arabia Saudita sono raddoppiati nei primi nove mesi del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020. Riyadh da parte sua ha intensificato i raid aerei con esiti catastrofici, anche sulla capitale yemenita Sanaa dal 2015 è nelle mani degli insorti.

Il conflitto da tempo ci concentra nelle aree del paese ricche di petrolio e gas. Ansarullah ha fatto breccia nella provincia di Shabwa, tagliando in parte le linee di rifornimento a Marib che è l’ultima roccaforte settentrionale del governo. L’avanzata dei ribelli su Shabwa ha costretto ad arretrare le forze governative che ora si ammassano nelle basi intorno ad Ataq diventando facile bersaglio dei lanci di missili degli avversari. Ma a soffrire sono più di tutto i civili che vivono in quell’area. Con manifestazioni hanno chiesto le dimissioni del governatore Mohammed bin Adio – accusato di lucrare sulla produzione petrolifera – e di allontanare gli uomini del partito al Islah, affiliato ai Fratelli Musulmani, responsabili per feroci azioni repressive.

Il campo di battaglia principale resta Marib, completamente assediata dalle forze di Ansarullah. Da settimane le due parti si affrontano in feroci combattimenti nelle aree che separano Jabal al Balq e di Karri e a Wadi Obaida nel sud-est della città. Questa zona è la linea vitale che collega Maarib ai giacimenti petroliferi. L’agenzia di stampa russa Sputnik ha riferito che i ribelli sono riusciti a prendere il controllo dei 32mila kmq del distretto di Khabb wa ash Shaaf e sono vicini all’obiettivo di separare Maarib dalla provincia di Al Jawf. Inoltre, nei giorni scorsi almeno dieci mercenari sudanesi agli ordini di Riyadh sono stati uccisi in scontri nelle zone di confine tra i due paesi.

L’esercito mercenario messo in piedi dai sauditi, formato da africani (tra cui 15mila sudanesi) e pakistani, si è dimostrato incapace di contenere le forze ribelli, costringendo Riyadh al massiccio impiego dell’aviazione. Nel timore che Ansarullah possa espandere ulteriormente il suo controllo territoriale, la monarchia Saud starebbe spostando truppe governative yemenite e miliziani Islah e sudanesi da Maarib e Hadhrahmaut a difesa ai confini meridionali del regno. Pagine Esteri