di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 26 febbraio 2022  (nella foto la centrale nucleare iraniana di Bushehr/Hossein Ostovar-Tasnim News Agency) – Appena qualche giorno fa il rilancio del Jcpoa, l’accordo per il controllo del programma nucleare iraniano, sembrava cosa fatta. Di una intesa vicina tra Tehran e i membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (Usa, Russia, Cina, Francia e Uk) più la Germania, avevano parlato i negoziatori iraniani. E conferme sono poi giunte dagli Usa, tanto da spingere il premier israeliano Bennett a ribadire la condanna del suo paese del Jcpoa e della fine delle sanzioni contro l’Iran. Ora l’offensiva ordinata da Putin contro l’Ucraina mette a repentaglio l’accordo all’ultimo ostacolo: i protagonisti dei negoziati a Vienna si trovano ai lati opposti della più grande crisi dell’Europa dalla Seconda guerra mondiale.

In questi mesi Russia e Stati uniti, pur partendo da posizioni diverse, hanno lavorato insieme per rilanciare il Jcpoa abbandonato da Washington per decisione di Donald Trump e per le pressioni di Israele con il risultato di innescare una crisi che ha sfiorato la guerra aperta tra Usa e Iran. Il negoziatore di Mosca, Mikhail Ulyanov, ha pubblicato spesso sui social le foto degli incontri con il suo omologo statunitense, Rob Malley. I due torneranno a dialogare ora che i loro paesi sono sprofondati nella crisi più pericolosa dalla Guerra fredda? Un precedente indurrebbe a un certo ottimismo. L’annessione della Crimea da parte di Putin nel 2014 avvenne quando si stava negoziando il primo Jcpoa e il conseguente deterioramento dei rapporti tra Washington e Mosca non impedì la firma dell’accordo un anno dopo. Ma il ripetersi di questo scenario oggi è assai improbabile

Al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove l’Irlanda è stata nominata facilitatrice dell’accordo con l’Iran, il ministro degli esteri e della difesa di Dublino Simon Coveney ha avvertito che la crisi delle relazioni tra la Russia – alleata di Tehran – e gli Stati Uniti rischia di mettere in pericolo l’esito di un lavoro lungo e complicato. «All’improvviso – ha detto Coveney – potremmo vedere ciò che è stato un vero progresso nelle ultime settimane a Vienna trasformarsi un negoziato molto più difficile da concludere». L’Iran, colto di sorpresa come un po’ tutti, ha reagito con prudenza all’attacco lanciato da Putin all’Ucraina: ha criticato l’Occidente e la Nato ma ha anche chiesto un immediato cessate il fuoco. Quando l’offensiva russa ha preso il via, il suo principale negoziatore a Vienna, Ali Bagheri Kani, era appena rientrato in patria per consultazioni sulla prossima e più importante mossa da fare. E ora la Repubblica islamica guarda a Putin che potrebbe rispondere alle pesanti sanzioni occidentali contro la Russia mettendo fine alla collaborazione a Vienna. Se da un lato è interesse anche della Russia il rilancio del Jpcoa – Mosca non desidera avere una potenza nucleare (Iran) a ridosso delle sue frontiere meridionali – dall’altro l’accordo sul nucleare iraniano è più importante per gli Stati uniti che puntano a stabilizzare il Golfo sotto il loro controllo. Putin forse subordinerà i suoi interessi per il nuovo Jcpoa a uno scontro più ampio con Usa ed Europa occidentale.

A Tehran gli orientamenti sono diversi. Il fronte oltranzista, che non ha mai creduto nel Jcpoa, vede nella guerra russo-ucraina una opportunità per alzare la posta a Vienna confidando sul possibile appoggio della Russia. Invece i più pragmatici avvertono che la mossa di Putin ha ricompattato lo schieramento occidentale e che se salterà l’accordo sul nucleare l’Iran dovrà fare i conti ancora per anni con le pesanti sanzioni statunitensi che colpiscono l’export del suo greggio e strangolano l’economia.  Pagine Esteri

Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio dal quotidiano Il Manifesto