di Davide Matrone* 

Pagine Esteri, 1 marzo 2022 – In America Latina si ritorna a votare dopo le ultime elezioni in Costarica del 2 febbraio. Ora tocca a uno dei paesi più complessi e difficili del continente: la Colombia.

Un paese in conflitto da decenni, colpito da una sanguinosa guerra civile che ha già creato molto dolore e sofferenze nelle famiglie colombiane. Una guerra sorta proprio durante una campagna elettorale presidenziale; quella del 1948 anno in cui venne assassinato il candidato presidenziale liberale Jorge Eliécer Gaitán da cui scaturì il famoso “Bogotazo”. Secondo il rapporto denominato !Basta ya! del Centro Nazionale di Memoria Storica, sono 220 mila le persone morte per il conflitto dall’inizio della guerra civile negli anni ’50. Il 40% dei morti civili sono stati causati dal paramilitarismo, il 25% dai gruppi insorgenti e l’8% dagli agenti statali. Governare questo paese non è assolutamente facile anche per i record negativi legati a fenomeni strutturali sorti e consolidatisi con lo stesso conflitto armato. La corruzione, il narcotraffico, lo sfruttamento illegale delle minerie, l’uccisione e la scomparsa di sindacalisti e attivisti per i diritti umani, il terrorismo, la guerriglia e il paramilitarismo, sono solo alcuni degli enormi guai del paese.

La Colombia è il primo esportatore al mondo di cocaina, dato confermato dal rapporto dell’Ufficio dell’ONU contro la Droga e il Delitto (UNODC) del 2021. È Il primo paese del continente più colpito dalla criminalità organizzata ed è il secondo al mondo, dopo il Congo (fonte Indice Global del Crimine Organizzato del 2021). Nel 2021 la Colombia ha registrato il tasso di omicidi più alto degli ultimi 7 anni (+13.709). Figura tra le nazioni con i più alti livelli di disoccupazione al mondo, nel 2021 è stato del 14% (10,8% maschile e 18.1% femminile) secondo i dati emanati dal DANE (L’ISTAT colombiano). È il paese più diseguale d’America Latina ed ha il salario medio più basso al mondo (Datos Macro). Inoltre, è tra i paesi più insicuri e violenti al mondo con una pratica altissima di omicidi e scomparse tra i leader sociali ed attivisti dei diritti umani (dal 2016 al 2021 ci son stati 904 omicidi). Ricordiamo la morte misteriosa del componente italiano della Missione di Verifica dell’Accordo di Pace dell’ONU Mario Paciolla nel luglio 2020 avvenuta nella località di San Vicente del Caguán. Ancora oggi non sappiamo la verità e non c’è giustizia per Mario e la sua famiglia. L’impunità è un altro serio problema del paese.

Nell’anno 2019 l’America Latina (il continente più diseguale del pianeta) ha vissuto un’ondata di ribellioni, di proteste popolari e di manifestazioni oceaniche contro le politiche neoliberiste e le misure restrittive e di austerity adotatte dai governi di destra in tempo di pandemia (Ecuador, Brasile, Haiti e Cile). Le proteste colombiane dell’aprile 2019 hanno messo alla luce le enormi contraddizioni di cui soffre il paese e l’incapacità della classe dirigente a non voler ascoltare le giuste rivendicazioni dei lavoratori, dei contadini e dei giovani colombiani stufi della corruzione e dell’ingiustizia sociale ed economica. La famosa riforma tributaria proposta dal governo di destra di Ivan Duque produsse un’insurrezione popolare che impose le dimissioni del Ministro delle Finanze Alberto Carrasquilla. La Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH), inoltre, condannò le gravi violazioni dei diritti umani nel contesto delle proteste. Il tragico bilancio di questo sciopero nazionale (80 morti e 1500 feriti) è ancora vivo nel popolo colombiano che chissà se nelle urne farà pesare o meno questo tragico avvenimento.

In questo scenario politico-economico, il 13 marzo si terranno le elezioni legislative in Colombia in cui si sceglieranno a livello nazionale, i 108 senatori della Camera Alta e i 188 rappresentanti della Camera Bassa a livello territoriale. Nello stesso giorno si stabiliranno anche i candidati ufficiali alla Presidenza della Repubblica per le presidenziali del 29 maggio. Le elezioni colombiane del 2022 presentano alcuni elementi nuovi nello scenario politico nazionale: innanzitutto la crisi dell’egemonia della destra colombiana dopo decenni di governo ininterrotti. L’attuale presidente Duque, rappresentante della destra reazionaria, ha un’accettazione popolare intorno al 20% e nel frattempo perde pezzi e alleati. Ciò che si configura è qualcosa di inedito: la vittoria della sinistra. In Colombia la sinistra non ha mai governato, eppure, questa volta il senatore Gustavo Petro ex sindaco della capitale Bogotà e già sfidante alle scorse elezioni del 2018 (perse al secondo turno contro Duque), ha serie e buone possibilità di farcela. Ha costruito una Coalizione di sinistra denominata Patto Storico che oggi guida i sondaggi con il 27-30% delle intenzioni di voto e al secondo posto incontriamo l’indipendente Rodolfo Hernández, ex sindaco di Bucaramanga al 14-16%. La coalizione di Petro al suo interno conta con la presenza di 18 partiti e movimenti politici del progressismo di sinistra, della socialdemocrazia, del marxismo, dell’ambientalismo e della difesa dei beni comuni. La coalizione fu lanciata lo scorso febbraio del 2021 ed è quella più accredita ad andare al turno finale per la conquista della Casa del Nariño (sede ufficiale della Presidenza della Colombia). Petro ha già fatto intendere quale sarà il suo programma politico, qualora diventasse Presidente. L’ha presentato nel primo e acceso dibattito presidenziale dello scorso 27 gennaio.

L’economista colombiano d’origine italiana vuole, innanzitutto, eliminare la Riforma Tributaria iniqua e ingiusta del 2019. Punta al graduale aumento delle tasse per incrementare le entrate dello stato per gli investimenti nelle politiche sociali. Ha parlato della creazione di una tassa sui grandi latifondi (da 500 ettari in sù) improduttivi. Vuole aumentare le aliquote tarrifarie per proteggere il prodotto colombiano e fomentare l’industria nazionale soprattutto in quattro settori strategici del paese: 1) tessile, 2) agropecuario, 3) alimentario, 4) produzione di cuoio. Mettere in piedi una serie lotta all’evasione fiscale per colpire in particolare i banchieri, i latifondisti, le mafie e le grandi imprese che eludono all’erario statale ingenti risorse che non consentono lo sviluppo del paese. Infine, colpire l’evasione dei capitali e delle grandi fortune delle élite del paese che inviano ai paradisi fiscali. Dopo le vittorie della sinistra in Argentina, Honduras e Cile, la Colombia potrebbe continuare il corso e dare un ulteriore impulso al continente per l’applicazione di politiche economiche di stampo Keynesiano caratterizzate da: a) rafforzamento dello Stato e del settore pubblico per ridurre le disuguaglianze economiche con la promozione di politiche redistributive dall’alto verso il basso, b) recupero della sovranità territoriale ed alimentare per ridurre il monopolio del narcotraffico e delle multinazionali straniere e c) riforma del sistema tributario con l’obiettivo di garantire più giustizia economica e finanziaria.

 

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*Davide Matrone, docente e ricercatore di analisi politica all’Università Politecnica Salesiana di Quito, Ecuador. Blogger e politologo.