di Michele Giorgio – 

Pagine Esteri, 29 marzo 2022 (foto di archivio. L’arrivo in Israele della prima delegazione degli Emirati dopo la firma degli Accordi di Abramo. Di Matty Stern) – Un Yair Lapid soddisfatto ha annunciato ieri che il Summit del Negev «è il primo ma non l’ultimo». La due giorni di colloqui che il ministro degli esteri israeliano ha organizzato ieri e domenica con i suoi colleghi di Bahrain, Emirati, Marocco ed Egitto e la partecipazione del Segretario di stato Usa Blinken, diventerà un format regolarmente ripetuto. «La notte scorsa abbiamo deciso che il forum del Negev sarà permanente…le nostre capacità condivise intimidiscono e sono un deterrente verso i nostri comuni nemici, prima di tutto l’Iran e i suoi accoliti», ha detto Lapid nella conferenza stampa al termine del forum. «Stiamo facendo la storia, costruiamo una nuova architettura regionale basata su progresso, tecnologia, tolleranza religiosa, sicurezza e cooperazione di intelligence», ha aggiunto.

Alle parole del capo della diplomazia israeliana sono seguiti commenti altrettanto soddisfatti dei ministri degli esteri arabi e di Blinken, farciti in qualche caso di sostegni alla pace nella regione e alla soluzione a Due Stati (Israele e Palestina). Da parte sua il Segretario di Stato si è affannato a ripetere che gli Usa lavoreranno per un futuro di prosperità e sicurezza per «israeliani e palestinesi». Ma è solo fumo negli occhi, volto a nascondere un dato: il Summit del Negev non è stato organizzato per promuovere pace, diritti e stabilità nella regione. Piuttosto è servito a stringere l’alleanza militare, strategica e di intelligence che dal 2020 lega Israele ai paesi firmatari dell’Accordo di Abramo, con l’aggiunta dell’Egitto. Altrimenti i palestinesi – dimenticati ormai anche da re e presidenti arabi – sarebbero stati invitati al vertice.

Il presidente dell’Anp Abu Mazen, leader quasi privo di consenso tra la sua gente, ha dovuto accontentarsi di colloqui privi di sostanza con Bliken – al quale ha ricordato l’ipocrisia dell’Occidente, pronto a scendere in campo subito e con forza in aiuto all’Ucraina invasa dalla Russia e di rimanere da 55 anni in silenzio di fronte all’occupazione israeliana – e di ricevere ieri a Ramallah re Abdallah II di Giordania, escluso dal forum nel Negev e divenuto dopo gli Accordi di Abramo un alleato più marginale e non di primo piano per Usa e Israele. «Le riunioni arabe di normalizzazione (con Israele) senza la fine dell’occupazione della Palestina sono solo un’illusione, un miraggio e una ricompensa gratuita per Israele», ha commentato il premier dell’Anp Mohammed Shttayeh. «Israele – ha sottolineato – ignora il nostro popolo, metà del quale è sotto occupazione e l’altra metà nei campi profughi, in esilio, in diaspora».

Nel Negev sono emerse idee concrete per una cooperazione attiva contro l’Iran, ufficialmente definita «architettura di sicurezza regionale», per una deterrenza contro le minacce sia aeree che navali attraverso intese, in futuro probabili accordi formali, per una difesa comune di tutti i paesi presenti. Sta nascendo la NATO israelo-araba guidata da Tel Aviv e benedetta dagli Stati uniti. Inoltre, Israele è l’asse che collega i paesi della regione agli Usa, alla luce della crescente percezione delle monarchie del Golfo del disimpegno americano in Medio oriente, criticato in particolare da Emirati e Arabia saudita. Abu Dhabi per segnalare il raffreddamento delle relazioni con la Casa Bianca, non ha condannato l’attacco russo all’Ucraina e non ha esitato ad incontrare i vertici del Cremlino con cui ha sottoscritto una serie di accordi. Se in passato, gli Stati Uniti sono stati il ponte tra Israele e gli Emirati, ora è Tel Aviv che aiuta a mantenere i legami tra Washington e il Golfo.

Un segnale dei profondi cambiamenti che, ora anche alla luce del sole, sono avvenuti nei rapporti tra Israele e diversi paesi arabi, è stata la condanna dei ministri degli esteri di Bahrain, Emirati, Egitto e Marocco, dell’attacco di domenica ad Hadera, a nord Tel Aviv, in cui sono rimasti uccisi due agenti della polizia di frontiera e i due attentatori, preceduto la scorsa settimana dall’accoltellamento a morte di quattro israeliani a Beersheba. Il premier Bennett – risultato ieri positivo al Covid – ha ordinato misure straordinarie come l’arresto, anche senza elementi precisi a loro carico, di persone «ritenute pericolose» e il controllo sulle reti sociali collegate «ad elementi che incitano alla violenza e ad attentatori potenziali». Con un comunicato diffuso dalla sua agenzia Amaq, l’Isis ha rivendicato l’attacco ad Hadera compiuto da Ibrahim e Ayman Aghbarya, due cugini residenti nella cittadina di Um el-Fahem. Il fratello di uno dei due attentatori è un poliziotto. Il municipio della città ha denunciato l’attentato in termini duri. Condanne sono giunte anche dal partito islamista Raam, parte della maggioranza di governo. Pagine Esteri