di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 18 aprile 2022 – «Non possiamo permettere che umilino il Generalissimo Francisco Franco né José Antonio Primo de Rivera (…) Se c’è bisogno andrò armato e mi siederò sulla tomba di Franco e se si avvicinano sparo»; «Sono disposto a sacrificarmi per la Spagna»; «Se toccano Franco dobbiamo fare di nuovo la guerra. Per il nostro onore patrioti. Questa volta non ne lasceremo vivo neanche uno».
Sono solo alcune delle frasi che Manuel Murillo scriveva nel gruppo WhatsApp denominato “Terrasa por España”, a partire dal giugno del 2018, esplicitando la sua contrarietà all’esumazione dei resti del dittatore fascista spagnolo da parte del governo di Madrid. Una contrarietà che la guardia giurata, figlio dell’ultimo sindaco franchista di Rubí ed esperto tiratore, si proponeva e proponeva agli estremisti di destra con cui era in contatto di manifestare assassinando il primo ministro Pedro Sánchez.

In mancanza di risposte concrete da parte dei suoi interlocutori, Murillo iniziò a inviare messaggi più incalzanti ad alcuni contatti, tra i quali Patricia Muñoz, la coordinatrice di Vox della zona del Vallés (Barcellona). «Como posso fare per incontrarti a Terrasa? Non si può fare né per whatsapp né per telefono. È un piano per farla finita col governo attuale però non voglio che lo sappia nessuno, solo i più adatti. Perché ci sono molti traditori. È una cosa tipo l’operazione Valkiria nella Seconda Guerra Mondiale. Lo faccio io. Ho bisogno di aiuto e devono essere dei patrioti. Per questo se ne può parlare solo a quattrocchi. Sono un tiratore scelto e con un colpo preciso ci liberiamo di Sánchez prima che la Spagna affondi definitivamente» recitava uno dei messaggi che l’uomo aveva inviato in privato alla dirigente del partito di estrema destra. Un messaggio così esplicito da spingere Muñoz, dopo essersi consultata con due poliziotti e un avvocato, a denunciare il vigilante alla polizia autonoma catalana.

Nel settembre del 2018 i Mossos d’Esquadra lo arrestarono e l’11 aprile scorso l’Audiencia Nacional di Madrid lo ha condannato a sette anni e mezzo di reclusione per istigazione all’omicidio e detenzione di armi da guerra. Le perquisizioni della sua abitazione e del suo veicolo infatti rivelarono che l’uomo possedeva un vero e proprio arsegnale, composto da 16 diverse armi da fuoco; tra queste ben quattro i fucili di precisione, in grado di colpire un obiettivo a 1000 metri di distanza, un fucile d’assalto CETME e un mitragliatore.

Nei mesi precedenti al suo arresto, recita la sentenza, Murillo «si era convinto che la soluzione per produrre un cambiamento nella situazione politica spagnola consistesse nel causare la morte del Presidente del governo, e per questo iniziò a chiedere aiuto per portare a termine il suo proposito». Il vigilante non aveva preparato un piano dettagliato, ma aveva a disposizione sia le armi sia le competenze – essendo il miglior tiratore del poligono che era solito frequentare – per trasformare i suoi propositi in realtà. Neanche le scuse proferite in aula dal vigilante hanno evitato a Murillo una condanna, anche se alla fine i giudici hanno optato per la pena minima mentre la Procura chiedeva un totale di 18 anni e 6 mesi di prigione.
Durante il processo, la difesa di Murillo ha tentato – senza successo – la carta della seminfermità mentale, provando ad accreditare la tesi che le minacce proferite dal 65enne fossero il frutto di una sua presunta dipendenza dall’alcool o da farmaci.

Manuel Murillo e l’arsenale in suo possesso

Gli amici neonazisti del “lupo solitario”

Alcuni media spagnoli hanno descritto Murillo come un “lupo solitario” poco lucido – in effetti era solito partecipare alle manifestazioni contro l’indipendenza della Catalogna travestito da cavaliere Templare… – e comunque non particolarmente pericoloso. Ma, a ben vedere, la guardia giurata armata fino ai denti era tutto tranne che solitaria.
Nel marzo del 2018, infatti, l’uomo di Terrassa (provincia di Barcellona) aveva aderito all’organizzazione neonazista Recuperemos España-Frente Nacional Identitario (Riscattiamo la Spagna – Fronte Nazionale Identitario), fondata a Barcellona il 13 ottobre del 2017 in reazione alle spinte indipendentiste catalane. Il gruppo, fondato e guidato dall’ex militare spagnolo José Alberto Pérez Molina, ha poi cambiato il suo nome in Frente Nacional Identitario – Partido Nacional Socialista Obrero Español (FNI-PNSOE).

Alcuni dei membri della sigla neonazista – insieme ad esponenti locali del partito Vox e di altre sigle estremiste – sono iscritti al gruppo WhatsApp alla quale Murillo inviava i suoi bellicosi messaggi in cerca di sostegno e collaborazione. D’altronde il quartier generale degli estremisti si trova proprio a Terrassa. L’ultima volta che Murillo ha incontrato gli altri membri del gruppo è stato a metà settembre del 2018, nel corso di una riunione convocata per organizzare laa manifestazione del 12 ottobre in occasione del “Dia de la Hispanidad” – che celebra tradizionalmente la “superiorità culturale e razziale” della Spagna e la sua “missione civilizzatrice” nel mondo – e per confrontarsi sulle misure da prendere per contrastare la decisione del governo di rimuovere le spoglie di Franco dal Valle de los Caìdos, confermata dal voto a maggioranza del Parlamento spagnolo il 13 settembre. Pochi giorni dopo, il 19 settembre, Murillo veniva arrestato dai Mossos, anche se la notizia dell’arresto venne tenuta riservata fino a che il quotidiano Publico non la rivelò in esclusiva l’8 novembre. Immediatamente, il Fronte Nazionale Identitario avviò una campagna di raccolta fondi da destinare alla guardia giurata nel frattempo rinchiusa nel carcere di Can Brians.

Il wolfsangel, un simbolo in comune

Alle riunioni e alle iniziative del FNI-PNSOE partecipano militanti di organizzazioni fasciste e naziste di alcuni paesi dell’Europa Centrale e Orientale che periodicamente passano per la Catalogna e per Madrid, o che risiedono più o meno stabilmente in Spagna. Tra le organizzazioni gemellate con il Fronte Nazionale Identitario ci sono anche il partito nazionalsocialista ucraino Svoboda e l’ormai famigerato Battaglione Azov, formato nel 2014 da ultranazionalisti e neonazisti ucraini e di altri paesi e integrato nelle forze armate di Kiev. Quando si costituisce, nel 2017, la sigla estremista spagnola decide di adottare lo stesso simbolo del Battaglione Azov, cioè il “dente di lupo” o “wolfsangel”, una runa già utilizzata dai nazionalsocialisti tedeschi negli anni ’30 prima di essere soppiantata dalla svastica. Anche detto “amo per lupi”, il wolfsangel era il simbolo di alcune unità militari delle Waffen SS durante la Seconda Guerra Mondiale (tra cui quelle formate dai collaborazionisti ucraini che insieme agli invasori tedeschi sterminarono centinaia di migliaia di ebrei, polacchi, russi e ucraini) ed è stato riutilizzato da numerose formazioni dell’estrema destra europea come la già menzionata Svoboda e, molto prima in Italia da “Terza Posizione” e poi dal “Movimento Politico Occidentale”.

I simboli del FNI-PNSOE e del Battaglione Azov

L’Operazione Panzer

Mentre alcuni media spagnoli documentano le inquietanti attività dei paramilitari ucraini di estrema destra sul suolo iberico e la partecipazione di alcuni neonazisti spagnoli al conflitto in Ucraina, altri non possono fare a meno di ricordare le analogie tra la vicenda di Manuel Murillo e quella di un gruppo armato suprematista scoperto sempre in Spagna alcuni anni fa, dedito a rapine e ad aggressioni nei confronti di omosessuali, militanti di sinistra e immigrati.

Per procurarsi armi da guerra, il catalano ha utilizzato uno dei metodi già sperimentati con successo dai membri del gruppo neonazista Frente Antisistema (FAS) di Valencia, composto anche da militari in servizio e da guardie giurate: convertire armi acquisite da alcuni collezionisti e renderle di nuovo funzionanti. Nel 2005 la Guardia Civil, nell’ambito della cosiddetta Operazione Panzer che portò a numerosi arresti di estremisti di destra, sequestrò alla banda un consistente arsenale. Come nel caso del “lupo solitario” di Terrasa, i membri del FAS si erano aggiudicati attraverso delle aste numerose armi da guerra rese temporaneamente inutilizzabili dai precedenti detentori, così come imposto dalla legge. Altre armi invece provenivano dall’esercito spagnolo, al quale erano state sottratte. Incredibilmente, nel 2014 il Tribunale Provinciale di Valencia non solo assolse i 18 membri della banda paramilitare neonazista (molti dei quali, dopo lo scioglimento coatto della FAS, entrarono nel partito di estrema destra Alianza Nacional), ma gli restituì le armi precedentemente sequestrate tra le quali spiccava un lanciagranate modello Instalaza C-90. Alcuni esemplari dello stesso modello, consegnati nelle scorse settimane dal governo spagnolo a quello ucraino, sono finiti nelle mani del Battaglione Azov. Nel 2017, poi, un componente del gruppo riuscì a farsi rimborsare alcune migliaia di euro, grazie ad una sentenza di un tribunale, perché una parte delle armi sequestrate era stato distrutto nel 2013 dalla Guardia Civil.  Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.

LINK E APPROFONDIMENTI:

https://www.publico.es/politica/nazis-fni-ligados-batallon-azov-pidieron-fondos-francotirador-planeo-matar-sanchez.html

https://www.publico.es/ultima-hora/condenado-siete-anos-y-medio-francotirador-queria-matar-pedro-sanchez.html

https://elpais.com/espana/2022-04-12/condenado-a-carcel-el-tirador-que-queria-matar-a-pedro-sanchez-tenia-la-fijacion-y-la-determinacion.html

https://elpais.com/politica/2017/04/05/actualidad/1491417415_690002.html