di Inaara Gangji e Muhammad Chaudray, Al Jazeera – 

Pagine Esteri, 5 maggio 2022 (traduzione a cura di Caterina Maggi)- Col mutare dell’organizzazione famigliare, la crescita economia e la richiesta di contraccettivi causano un calo drammatico del tasso di fecondità, secondo gli studi.

Quando Maryam al-Badr, vent’anni, una alunna qatarina dell’Università del Nord-Ovest (Qatar) ha iniziato il suo percorso come studentessa di giornalismo nell’Agosto 2017, voleva completare il proprio corso ed essere in condizione di essere indipendente, soprattutto sotto il profilo economico.

Si dedicò per un anno buono a corsi di preparazione dopo il liceo per prepararsi a superare i test di ammissione dell’università e coronare i suoi sogni. Sposarsi e mettere su famiglia era solo un’ipotesi remota. Molte donne qatarine delle generazioni precedenti non avrebbero mai avuto le stesse aspirazioni, ma la mentalità sta cambiando tra le giovani del mondo arabo.

 

Rivoluzione silenziosa

“La maggior parte delle famiglie arabe vuole avere dai due ai tre figli al massimo” ha raccontato ad Al Jazeera Marcia Inhorn, l’autrice dello studio datato 2018 dell’università di Yale che spiega il declino senza precedenti nel tasso di fecondità del mondo arabo. Il fenomeno, iniziato a partire dal 1975, si è verificato senza “maggiore sviluppo economico o ferrei programmi di pianificazione famigliare”. Secondo lo studio, questo drammatico calo della fecondità è dovuto al cambiamento delle strutture famigliari, alla crescita economica e alla disponibilità di contraccettivi. Il declino del tasso di fecondità infatti è consistente in quasi tutti i paesi del Golfo, a prescindere dal benessere economico. “La prima causa di ciò è che le donne ricevono un’educazione migliore nel mondo arabo e stanno reclamando un futuro differente e differenti ambizioni per loro stesse”, spiega Inhorn.

Quando il tasso complessivo di fecondità è stato registrato per la prima volta, nei cinque anni a cavallo tra il 1975 e il 1980, le donne di tutti i 17 Paesi arabi hanno mostrato percentuali decisamente superiori alla media mondiale di quel tempo, che era 3,85 figli per donna, secondo lo studio di Inhorn’s. Sette stati arabi – Algeria, Kuwait, Libia, Oman, Arabia Saudita, Siria e Yemen – avevano un tasso maggiore di 7 punti, con il più alto valore (8,58) registrato in Yemen, è scritto nel documento. Ad oggi, soltanto tre paesi del mondo arabo – Egitto, Giordania e Yemen – hanno un tasso di fecondità complessivo sopra al 3. “Abbiamo catalogato questo declino ‘rivoluzione silenziosa’ perché nessuno sta parlando di questo cambiamento e non è percepito”, dice Inhorn.

Lo studio mostra che il mutamento delle attitudini nel mondo arabo ha avuto un contraccolpo sul declino della fecondità maggiore della diffusione dei contraccettivi tra le famiglie arabe. Nel testo si spiega anche che le famiglie arabe sono evolute da una famiglia allargata a una nucleare. Questo perché nuclei famigliari più piccoli concedono una maggiore privacy coniugale alle donne provenienti da famiglie povere, dando maggiore libertà alle madri nel crescere i loro bambini e migliori opportunità di investimento di più risorse nell’educazione e successo di ogni piccolo, sempre secondo il documento.

“Il costo di un figlio è così alto, che hai bisogno di investire un grande capitale in un bambino, figurarsi per quattro o cinque”, aggiunge al-Badr. Lei crede che sia questa la ragione per cui il tasso di fecondità è precipitato e più donne stanno usando i contraccettivi, dal momento che sono consce delle ripercussioni economiche. È anche la ragione per cui lei vuole aspettare un po’ dopo la laurea prima di sposarsi ed essere in grado di permettersi una famiglia.

Secondo Spyridon Chouliaras, internista di medicina riproduttiva del Sidra Medical and Research Center di Doha, la tendenza ad avere famiglie più ristrette è evidente, ma c’è ancora una forte volontà di concepire più figli tra le famiglie arabe. “I valori sono questi, non credo che siano cambiati significativamente” sostiene lui. Piuttosto, crede che dal momento che le persone hanno un’educazione migliore, siano consci delle loro opportunità. “C’è una sempre maggiore conoscenza delle pratiche contraccettive, ma hai anche una maggiore consapevolezza su dove rivolgerti per cercare aiuto”, dice lui.

Ad ogni modo, un consistente declino dei concepimenti non per forza comporta un contraccolpo positivo sulla società araba, a parere di Inhorn. Certo, c’è crescente stabilità economica, ma il rapido declino del tasso di fecondità cambierà la struttura sociale drammaticamente, spiega lei. Ad esempio, il rischio di un possibile espansione delle fasce più giovani della popolazione è piuttosto reale. Ciò avviene quando la percentuale di persone giovani – tra i 15 e i 30 anni – cresce temporaneamente rispetto al totale della popolazione. Inhorn si riferisce all’effetto di ciò che è chiamato “temporeggiamento”, per il quale i giovani aspettano di più per sposarsi e formare una famiglia, portando a una “gioventù bloccata”.

 

“Terremoti di anzianità”

Questo è comunemente ciò che accade in paesi arabi poveri presi in esame, come Egitto, Marocco e Tunisia, dove la maggioranza della popolazione è disoccupata. Secondo il parere di Inhorn, un ampliamento della popolazione giovane potrebbe portare a “terremoti di anzianità”, vale a dire un invecchiamento estremamente rapido della società. Le statistiche pubblicate dalle Nazioni unite sull’attuale e futura aspettativa di vita nel mondo arabo ha mostrato, a eccezione del Sudan e dello Yemen, tutte le nazioni arabe hanno superato l’aspettativa di vita media attuale (71,9 anni). Anzi: l’aspettativa di vita nella maggioranza dei paesi del Golfo (sempre con l’eccezione dello Yemen) è ora più vicina agli 80 anni, scrive la studiosa nel documento. In ogni caso, Inhorn sostiene che non ci sia una rete sociale di sicurezza per queste popolazioni che invecchiano dal momento che gli stati Arabi non sono preparati a gestire la situazione. Questi terremoti di anzianità non si verificheranno nell’immediato, ma potrebbero causare potenziali crisi nell’assistenza.

“Ci sono decisamente delle ripercussioni legate al basso tasso di fecondità totale dei paesi del Golfo” afferma Ahmed Aref, ricercatore dell’istituto di Studi politici dell’Università di Bath (Inghilterra). “Lo squilibrio demografico e il basso tasso di rigenerazione potrebbe influenzare negativamente la situazione economica”. Infine, cinque dei 17 Paesi arabi totali sono sprofondati addirittura sotto il tasso di fecondità di ricambio generazionale – quello necessario perché una società possa sopravvivere – di solito 2.1 figli per donna. Questi paesi arabi potrebbero seriamente diventare nazioni sterili, con una popolazione sempre più vecchia, taglio dei posti di lavoro e un calo demografico nazionale. Lo spettro dello spopolamento è reale.

“La ‘silenziosa’ rivoluzione riproduttiva del mondo Arabo, di per sé, non è sempre una proiezione demografica positiva”, aggiunge Inhorn. Comunque, Inhorn è consapevole che i paesi del Golfo sono diversi dal resto del mondo arabo. I tratti demografici sono peculiari, con una consistente forza lavoro di espatriati. L’autrice puntualizza che il tasso di fecondità delle donne qatarine è leggermente più alto (circa 3 figli), rispetto al 1,75 per donna del resto della popolazione.

“Ciononostante il Qatar teme che dovranno aumentare il livello di fecondità, percepiscono decisamente che ci sia una crisi di sottopopolazione. Questa sensazione è realistica in alcuni stati del Golfo. A livello locale sono decisamente in inferiorità numerica”, sostiene Inhorn.

In aggiunta, c’è un nuovo flusso migratorio in ingresso, dovuto all’attuale instabilità dello Yemen e della Siria e alla crisi dei rifugiati, secondo Inhorn; ciò potrebbe cambiare drammaticamente la struttura demografica sia dei paesi ricchi che di quelli poveri di risorse del mondo arabo. “La crisi dei rifugiati arabi è un cupo monito delle rivoluzioni fallite della regione” conclude Inhorn.