di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 3 giugno 2022 – Decine di jet da combattimento israeliani martedì notte si sono esercitati sul Mar Mediterraneo simulando un volo a lungo raggio, con rifornimento in alta quota, volto a colpire «obiettivi distanti». Senza i giri di parole usati dal portavoce militare, significa che i piloti israeliani hanno svolto le manovre più ampie sino ad oggi per addestrarsi a colpire le centrali nucleari iraniane e altri obiettivi strategici nel territorio della Repubblica islamica. I media locali ieri mattina aprivano tutti e con grandi titoli sulle esercitazioni denominate «Carri di fuoco» e concepite per preparare Israele a combattimenti simultanei su più fronti. Con il rilancio ormai improbabile dell’accordo Jcpoa, sul programma nucleare iraniano e il passo indietro fatto dell’Amministrazione Biden, Israele è tornato a fare la voce grossa e ad invocare un attacco militare contro Teheran con la partecipazione delle forze armate Usa nel Golfo. Il canale televisivo Kan spiegava l’altra sera che Israele nota con dispiacere che gli Stati Uniti non sembrano preparare un’opzione militare contro le infrastrutture nucleari dell’Iran. Un’altra televisione, Canale 13, ha riferito che l’aviazione americana avrebbe dovuto fungere da forza complementare durante le manovre ma il comando centrale degli Stati Uniti nella regione ha smentito l’indiscrezione.

Gli esperti militari spiegano che oltre a dover colpire le strutture atomiche nel sottosuolo, Israele se lancerà un attacco dovrà fare i conti con difese aeree iraniane sempre più sofisticate e prepararsi alla risposta dell’Iran e dei suoi alleati in tutta la regione. «Carri di fuoco» coinvolge quasi interamente le forze armate israeliane e prevede l’addestramento al combattimento ai confini settentrionali contro il movimento sciita libanese Hezbollah alleato dell’Iran. Il ministro della difesa Benny Gantz ha visitato martedì un’altra parte dell’esercitazione in corso a Cipro, che mira a simulare scontri contro Hezbollah in Libano e l’evacuazione di feriti in elicottero.
Secondo il premier Bennett l’Iran godrebbe «di una sorta di immunità» che Israele ha deciso di interrompere. «Il periodo di immunità per il regime iraniano è finito. Chiunque finanzia i terroristi, chiunque armi terroristi, chiunque mandi terroristi, ne pagherà il prezzo per intero», aveva detto domenica Bennett rilanciando la retorica anti-iraniana tipica del suo predecessore Benyamin Netanyahu. Ma non sono solo minacce. Israele ha ripreso gli attacchi in Iran. Pochi giorni fa, un’esplosione nel complesso militare iraniano di Parchin ha ucciso un ingegnere. Il New York Times venerdì ha scritto che si è trattato di un blitz compiuto da droni in un’operazione simile ad altre attribuite a Israele. Il 22 maggio, inoltre, uomini armati in sella a moto hanno ucciso Hassan Sayyad Khodayee un alto ufficiale dei Pasdaran a Teheran.

Da parte sua l’Iran risponde con minacce alle minacce israeliane. Teheran peraltro contesta alcuni risultati pubblicati dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) che suo dire non riflettono la verità sui colloqui tra l’Iran e l’ Onu. Secondo un portavoce, l’Iran ha fornito risposte scritte alle domande e l’Aiea dovrebbe prestare la massima attenzione a non deviare dal percorso tecnico. Ha infine avvertito che lo Stato di Israele «rovina i colloqui» spiando l’Aiea ogni volta che viene fatta una svolta o un accordo è quasi possibile. Rivolgendosi a Tel Aviv, l’agenzia di stampa Fars ha pubblicato i nomi e le foto di cinque israeliani che sarebbero nel mirino di Teheran. «Sionisti che devono vivere segretamente» è il titolo del pezzo che mostra le foto dei cinque, con la scritta «wanted». I cinque sono Amos Malka, un ex capo dell’intelligence, Amir Levental, esperto di cybersicurezza, Gal Ganot, ex alto ufficiale dell’unità 8200 dell’intelligence militare, Inbal Arieli, ex ufficiale della 8200 e tech executive, e Amit Meltzer, un esperto cyber.