di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 6 giugno 2022 – Cedendo a mesi di pressioni dei principali paesi importatori, con in testa gli Stati uniti, l’Opec+ ha comunicato la scorsa settimana che aumenterà la sua produzione di petrolio durante l’estate contribuendo ad alleviare le conseguenze dell’aumento del prezzo dell’energia innescato anche dalla guerra tra Russia e Ucraina. A luglio e agosto la produzione petrolifera supererà quella di giugno di oltre 200mila barili. I ministri dei paesi membri dell’Opec+ hanno stabilito di salire a 648.000 barili di greggio al giorno, rispetto ai 432.000 barili degli ultimi mesi. Gli aumenti effettivi della produzione, tuttavia, si riveleranno inferiori alla cifra ufficiale, come è spesso avvenuto negli ultimi mesi, perché paesi, come Angola e Nigeria, non sono stati in grado di produrre più petrolio nei mesi scorsi e difficilmente potranno farlo nelle prossime settimane. Senza dimenticare che le sanzioni internazionali hanno colpito in parte la produzione della Russia, scesa di oltre un milione di barili al giorno. Al momento solo l’Arabia saudita e gli Emirati hanno livelli significativi di capacità inutilizzata che saranno aumentati rapidamente.

In ogni caso, la decisione rappresenta una svolta. L’Opec+, guidata dall’Arabia Saudita, per lungo tempo ha affermato il rispetto del suo piano di aumenti mensili graduali dell’offerta, anche dopo che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, un membro chiave del gruppo, ha sconvolto i mercati globali e fatto impennare i prezzi dell’energia. Per mesi l’Opec+ ha evitato di discutere della guerra e delle sue conseguenze nella maggior parte delle riunioni, dicendo che è una questione di politica piuttosto che di mercato. Non sorprende l’immediata reazione positiva di Washington. «Gli Stati uniti accolgono con favore l’importante decisione dell’Opec+ di oltre 200.000 barili al giorno in più, in base alle nuove condizioni di mercato», si legge in un comunicato della portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre. Il testo ad un certo punto afferma il riconoscimento del «ruolo dell’Arabia saudita come presidente dell’Opec+ e suo maggior produttore, nel raggiungimento di questo accordo tra i membri del gruppo».

Il ringraziamento a Riyadh è un ulteriore passo nel percorso di avvicinamento tra l’Amministrazione Usa e l’erede al trono saudita, di fatto già alla guida del regno, Mohammed bin Salman (MbS). Stati uniti e Arabia saudita erano e restano alleati strategici ma Biden e il suo entourage hanno spesso criticato il principe ereditario ritenuto il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi e il principale sostenitore della campagna militare a guida saudita in Yemen che ha causato la morte di decine di migliaia di civili e contribuito alla crisi umanitaria in corso in quel paese. La necessità di recuperare consensi per i Democratici in vista delle elezioni di mid-term e alla sua scolorita presidenza, spingono ora Biden ad avviare rapporti diversi con Mbs. Il calo del prezzo del carburante che si attende dopo la decisione annunciata ieri dall’Opec+ darebbe a Biden l’opportunità di presentarsi in una luce diversa agli elettori.

Il presidente Usa era atteso in Medio oriente a fine mese ma la sua visita è stata rinviata, per motivi ignoti, a luglio in una data non ancora nota. In ogni caso il presidente vuole presentarsi nelle migliori condizioni possibili ai suoi interlocutori israeliani e arabi. A MbS ha riservato un regalo speciale. Stando al Jerusalem Post, gli inviati americani avrebbero convinto Israele ad approvare un emendamento agli Accordi di Camp David che consentirà il trasferimento definitivo dall’Egitto all’Arabia saudita delle isolette nel Mar Rosso, Sanafir e Tiran. In cambio Riyadh permetterà all’aviazione civile israeliana il sorvolo senza più restrizioni del suo territorio. Intese che nelle intenzioni di Biden apriranno la strada alla normalizzazione tra Israele e Arabia saudita. Pagine Esteri