di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 30 giugno 2022 – Il vertice dell’Alleanza Atlantica in corso a Madrid può essere sicuramente definito storico. Per diversi motivi, infatti, non è stato un summit qualsiasi. È il primo a tenersi dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Se la Nato ha contribuito non poco – soprattutto a partire dal cambio di regime andato in scena a Kiev nel 2014 – all’innalzamento della tensione nell’area, dalla mossa russa l’ex alleanza militare nata per contrastare il blocco sovietico ha tratto nuova linfa per rilanciare il suo ruolo e guadagnare nuova legittimità.

Un vertice storico

A rendere storica la riunione in corso nella capitale iberica è anche l’ennesimo allargamento dei confini del North Atlantic Treaty Organization che con un’accelerazione non indifferente ha sancito l’ingresso di Finlandia e Svezia dopo la rimozione del veto inizialmente opposto da Ankara. Per contrastare un paese – la Russia – colpevole di aver aggredito e invaso uno stato sovrano, l’Alleanza che afferma di incarnare gli ideali di democrazia e libertà decide di sottostare ai diktat del regime turco che occupa da anni il nord della Siria e non esita a realizzare sanguinose azioni militari in Iraq contro la guerriglia curda. Del resto, è proprio in cambio dell’abbandono della tradizionale tolleranza dei governi scandinavi nei confronti delle organizzazioni della resistenza curda (e della vendita di armi) che Erdoğan ha rimosso il veto all’ingresso dei nuovi soci. Un’altra vittoria per il Sultano, che paradossalmente negli ultimi anni ha portato il suo paese ai margini della Nato, ha allacciato un’alleanza di comodo con Mosca e non ha esitato a contrastare le richieste di Washington pur di poter affermare la propria egemonia regionale e internazionale.

Il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg con i Ministri degli Esteri di Svezia e Finlandia

Il boom delle spese militari
Il vertice in corso a Madrid è storico anche per altri motivi. Ad esempio perchè la Casa Bianca è riuscita ad imporre agli altri soci un aumento consistente delle spese militari. Nel giro di pochi mesi decine di governi hanno deciso il raddoppio degli stanziamenti della difesa e quindi un aumento considerevole del bilancio destinato alla Nato. E la soglia del 2% del Pil dei paesi aderenti, che fino a qualche tempo fa sembrava un traguardo irraggiungibile, potrebbe essere presto anche superata. Nelle scorse ore da Londra è arrivata la notizia che il governo Johnson – che cerca protagonismo militare e internazionale dopo la Brexit – ha affermato di puntare al 2,5%.
Quest’aumento del budget servirà a portare la forza d’intervento rapido dell’Alleanza dagli attuali 40 mila a ben 300 mila effettivi, pronti a mobilitarsi in pochi giorni se – o quando, bisognerebbe dire – l’escalation bellica globale che ormai sembra inarrestabile lo richiederà. Intanto, serviranno a presidiare tutto il fianco est della Nato, quello che negli ultimi decenni si è spinto sempre più vicino ai confini della Federazione Russa.

Dagli USA nuove truppe in Europa

Inoltre, ha annunciato Joe Biden, «gli Usa rafforzeranno la loro presenza militare in Europa, incluse le capacità difensive aeree aggiuntive in Italia e Germania». Un colpo per gli ambienti continentali che negli ultimi mesi avevano tentato di accelerare la costituzione di un esercito europeo “complementare alla Nato”, approfittando del disimpegno di Washington. Attualmente gli Stati Uniti hanno già oltre 100 mila militari dispiegati in Europa, cinque volte quanti ne avevano prima che Mosca lanciasse la sua “operazione militare speciale” in Ucraina.
Gli Usa invieranno 65 militari in Italia, dove verrà installata una batteria di difesa aerea a corto raggio che sarà un’unità subordinata al battaglione di difesa aerea di stanza in Germania. Gli Stati Uniti istituiranno inoltre un quartier generale permanente per il Quinto corpo dell’esercito in Polonia. A Varsavia e nei tre Paesi baltici arriveranno nuove truppe a rotazione. Nel Regno Unito, infine, saranno dispiegati due nuovi squadroni di caccia F-35. I leader dell’Alleanza saranno poi chiamati oggi a esprimersi sul dispiegamento di gruppi tattici aggiuntivi in Ungheria, Romania, Bulgaria e Slovacchia.

Il nuovo Strategic Concept contro Mosca e Pechino

Il vertice di Madrid è da considerarsi storico, inoltre, perché supererà le linee guida fissate nel documento firmato a Lisbona nel 2010. Dodici anni dopo, la Nato non vuole più essere solo il bastione militare della leadership statunitense in Europa, ma lancia la sfida per la supremazia globale a vecchi e nuovi nemici. Se nel documento varato a Lisbona la Russia era ancora definita un potenziale partner strategico, lo “Strategic Concept” uscito da Madrid considera Mosca un nemico globale e Pechino “una sfida” e una minaccia per gli interessi e i valori occidentali, da affrontare a tutto campo in quanto costituisce un “concorrente sistemico” che “cerca di minare l’ordine internazionale”.

La proiezione dell’Alleanza al di fuori dei confini e delle aree di interesse storiche è plasticamente rappresentata, nel vertice in corso, dalla presenza dei rappresentanti di Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Sud Corea. È la “Nato asiatica“, che i dirigenti dell’organizzazione nata nel 1949 con soli 12 paesi membri – diventati nel frattempo 30, più Svezia e Finlandia – continuano ad affermare di non perseguire rispondendo alle rimostranze di Pechino.
Nel suo primo intervento dopo il suo arrivo a Madrid l’inquilino della Casa Bianca Joe Biden ha chiarito la posta in gioco: «L’alleanza sta rafforzando la sua posizione. Sta affrontando le minacce all’est e le sfide al sud. La Nato è pronta su tutti i fronti e le direzioni, sul dominio terrestre, aereo e marittimo». E – l’ennesima provocazione nei confronti di Mosca – il prossimo vertice dell’Alleanza si terrà il prossimo anno a Vilnius, in Lituania.
Nel frattempo, il Patto Atlantico continuerà a rafforzare militarmente alcuni paesi dell’Europa orientale così come ha fatto con l’Ucraina negli anni scorsi. «Lavoreremo con loro per costruire la loro integrità e resilienza, sviluppare capacità e sostenere la loro indipendenza politica» si legge nel documento a proposito di Bosnia-Erzegovina, Moldova e Georgia.

Una sfida su tre fronti

È evidente che la sfida più urgente per l’Alleanza è quella che affronta in Ucraina; lungi dal ricercare una fine rapida del conflitto e una riduzione massima del danno, la Nato sembra puntare ad un incancrenimento dello scontro bellico allo scopo di indebolire Mosca e approfittare della polarizzazione internazionale innescata dall’invasione russa per giustificare una nuova escalation che favorisce soprattutto gli interessi politici ed economici di Washington (vedasi il capitolo sanzioni e guerra del gas). Ma è anche a sud che si gioca la sfida, oltre che nell’area dell’Indo-Pacifico dove il contenimento dell’espansione cinese assume risvolti sempre più militari. Infatti, dal Maghreb al Sahel al Vicino Oriente l’attività e la presenza militare russa – dalla Siria alla Libia al Mali – preoccupano non poco la Nato.

Gli obiettivi di Pedro Sánchez
Il permier spagnolo Pedro Sánchez ha investito non poco nel vertice della Nato ospitato dal suo paese. Non mira soltanto ad un ritorno d’immagine e di prestigio all’interno del paese e a livello internazionale; ciò su cui punta è un rafforzamento del ruolo della Spagna all’interno dell’Alleanza Atlantica e al conseguimento di alcuni obiettivi geopolitici.
Nei mesi scorsi il governo spagnolo – di cui fa parte Unidas Podemos, che pure è sempre stata molto critica nei confronti della Nato – ha annunciato un sostanzioso aumento delle spese militari e ha deciso un ennesimo invio di armi pesanti all’esercito ucraino insieme ad alcuni tank Leopard.
All’inizio di giugno la ministra della Difesa, Margarita Robles, ha chiesto un aumento immediato del bilancio militare di ben tre miliardi di euro da poter esibire al vertice Nato in corso, obiettivo presto sfumato ma solo per motivi contabili. Il suo esecutivo, comunque, ha già deciso di raddoppiare la spesa militare – dall’1,03 al 2% del Pil – entro il 2030.

La Spagna ha una posizione strategica per lo schieramento della Nato nel sud dell’Europa fin dai primi accordi militari tra il regime franchista e gli Stati Uniti negli anni ’50. Nella base di Torrejòn de Ardoz è posizionato il centro di controllo delle operazioni aeree in tutto il sud del continente; da qui partirono i bombardamenti in Libia nel 2011. Albacete ospita invece la base di addestramento dei caccia, mentre a Bétera ha sede il quartier generale delle truppe di terra. Nella base navale di Rota, infine, sono stati ospitati finora quattro cacciatorpedinieri Aegis statunitensi, che però ora diventeranno sei grazie ad un accordo formalizzato nei giorni scorsi proprio a Madrid tra l’inquilino della Moncloa e quello della Casa Bianca. Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.

LINK E APPROFONDIMENTI:

https://www.editorialedomani.it/politica/mondo/con-la-nuova-nato-biden-abbandona-il-disimpegno-americano-e-fa-infuriare-la-cina-mz2iublt

https://www.publico.es/internacional/eeuu-consolida-otanizacion-europa-primera-jornada-cumbre-madrid.html

https://www.affarinternazionali.it/cosa-aspettarsi-dal-nuovo-concetto-strategico-nato/

https://ilmanifesto.it/a-erdogan-via-libera-al-massacro-dei-curdi