di Michele Giorgio –

Pagine Esteri, 11 novembre 2022 – Benyamin Netanyahu potrebbe dormire tranquillo tra due guanciali. Ha vinto le elezioni e ha umiliato suoi rivali di sinistra e di destra. Ha ricevuto messaggi di congratulazioni persino dal presidente turco Erdogan, uno dei suoi avversari più agguerriti. E il suo principale partner di governo, l’estremista di destra Itamar Ben Gvir, ieri omaggiava pubblicamente il suo mentore, il rabbino Meir Kahane leader del partito razzista Kach, assassinato 32 anni fa negli Usa, senza suscitare reazioni sdegnate.

Ha davanti una strada in discesa. E invece il premier israeliano in pectore tra non pochi tormenti ha passato la notte di mercoledì a seguire gli aggiornamenti elettorali dagli Stati uniti. La netta sconfitta democratica in cui sperava non c’è stata.

Un’ampia maggioranza repubblicana alla Camera unita a un comodo margine al Senato avrebbe fatto di Joe Biden un presidente debole. E i media americani avrebbero iniziato il conto alla rovescia per il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, che resta un alleato naturale di Netanyahu nonostante le invettive lanciate dal tycoon alla fine del 2020. L’allora primo ministro israeliano scelse di congratularsi con il presidente eletto degli Stati uniti e di non credere alla tesi trumpista della vittoria rubata. Con un Biden nell’angolo, il leader della destra israeliana e i suoi alleati si sarebbero sentiti pronti a respingere qualsiasi ammonimento della Casa Bianca. Invece il presidente Usa è ancora in piedi e alcuni governatori democratici sono stati rieletti in importanti Stati. Il Partito democratico ha ottenuto risultati positivi oltre ogni aspettativa e appare in grado di contrastare le ambizioni di Trump che si accinge a candidarsi per le presidenziali del 2024. A rendere più amaro l’esito del voto americano a Netanyahu è stata la vittoria di Josh Shapiro, il prossimo governatore della Pennsylvania, sul trumpista Doug Mastriano molto gradito alle forze che comporranno il nascente governo israeliano.

I Democratici, è bene ricordarlo, non sono ostili a Israele, anche con un governo di destra. E lo hanno dimostrato in innumerevoli occasioni. Biden non ha riportato l’ambasciata Usa a Tel Aviv, ha stretto i rapporti con lo Stato ebraico e rinunciato (per ora) a rilanciare l’accordo internazionale (Jcpoa) sul programma nucleare iraniano. E starà dalla parte di Israele se Netanyahu nei prossimi due anni ordinerà alla sua aviazione di attaccare le centrali atomiche iraniane. «Siamo fratelli» e «faremo la storia insieme» avrebbe detto Biden congratulandosi con Netanyahu. Ma l’attuale Amministrazione non asseconderà, come aveva fatto Trump, tutti i piani dell’estrema destra al potere in Israele. Netanyahu dovrà tenerne conto.

L’ambasciatore statunitense in Israele Tom Nides ha avvertito in più di una intervista che la Casa Bianca respingerà qualsiasi tentativo del futuro governo israeliano di annettere la Cisgiordania palestinese come Netanyahu aveva provato a fare nel 2020 e che Itamar Ben Gvir, probabile ministro della pubblica sicurezza, intende inserire nel programma dell’esecutivo. «La nostra posizione è chiara: non sosteniamo l’annessione. Combatteremo qualsiasi tentativo in tal senso», ha detto Nides all’emittente pubblica Kan. I commenti dell’ambasciatore sono giunti ​​dopo che Yariv Levin, figura di primo piano della destra, aveva dichiarato che l’annessione della Cisgiordania è in cima all’agenda del futuro governo. Pagine Esteri