AGGIORNAMENTO ORE 10

Un palestinese di 13 anni ha ferito a colpi d’arma da fuoco due israeliani nei pressi della cosiddetta Città di Davide a Silwan, ai piedi della città vecchia di Gerusalemme, dove ieri è morto un ragazzo palestinese che giovedì era stato ferito dalla polizia.

—————————————-


della redazione

Pagine Esteri, 28 gennaio 2023 – Sette israeliani sono stati uccisi e numerosi altri feriti ieri sera da raffiche sparate da un palestinese a Neve Yaakov, un insediamento ebraico alla periferia nord di Gerusalemme Est, la parte della città occupata nel 1967. Tre dei feriti sono in condizioni critiche. L’attentatore, Alkam Khairi di Gerusalemme e, pare, senza alcuna affiliazione politica, è stato ucciso a sua volta, mentre tentava la fuga in direzione del vicino quartiere palestinese di Beit Hanina. Secondo le testimonianze, ha esploso colpi con un’arma automatica per circa venti minuti: prima contro alcuni passanti, poi contro le persone che uscivano da una sinagoga e infine qualche decina di metri più avanti contro altri passanti.

Secondo il tg di Canale 12, Khairi ha prima sparato a una donna anziana, poi ha incontrato un motociclista e gli ha sparato, quindi ha raggiunto la sinagoga. Per la polizia invece, l’attentatore è arrivato in macchina intorno alle 20:15 davanti la sinagoga e ha aperto il fuoco. Poi è fuggito verso Beit Hanina, a diverse centinaia di metri di distanza, dove ha incontrato agenti di polizia. Avrebbe aperto ancora il fuoco ed è stato colpito a morte.

Mentre erano in corso le operazioni di soccorso, gruppi di abitanti di Neve Yaakov hanno urlato slogan contro il governo e la polizia che sarebbe giunta in ritardo sul posto. Lo stesso ministro per la sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, uno dei leader dell’estrema destra, è stato accolto da espressioni di collera al suo ingresso di Neve Yaakov. «Morte agli arabi» hanno scandito i dimostranti in direzione di Ben Gvir.  «Ora la responsabilità ricade su di te» hanno aggiunto.

Gli Usa hanno subito condannato l’«orribile attacco terroristico a Gerusalemme» per bocca del portavoce del Dipartimento di stato americano Vedant Patel, precisando che per il momento non sono previsti cambiamenti nel viaggio del Segretario di stato Antony Blinken atteso la prossima settimana in Israele.

Subito dopo la sparatoria un portavoce del movimento islamico ha descritto le uccisioni dei cinque come una «rappresaglia per il raid dell’esercito israeliano nel campo profughi di Jenin di giovedì» in cui nove palestinesi sono stati uccisi e altri 20 feriti. «È stata una operazione eroica, dimostra che si è saldato un fronte unico che include Gerusalemme, la Cisgiordania e Gaza», ha aggiunto da parte sua il Jihad islami.

La giornata era cominciata con Jenin al secondo giorno di lutto per l’incursione dell’esercito israeliano, la più sanguinosa negli ultimi mesi. In centinaia si sono recati a portare le condoglianze alle famiglie dei morti. Lunga la fila davanti all’abitazione di Magda Obeid, la 61enne colpita e uccisa da un proiettile mentre era in casa. Gran parte dei 30 palestinesi uccisi dall’inizio dell’anno erano di Jenin, in buona parte militanti armati ma anche civili, spesso molto giovani. Tra i palestinesi aumentano coloro che dicono di “non avere più nulla da perdere” di fronte all’occupazione militare israeliana. Ieri sera doveva riunirsi il Consiglio di Sicurezza dell’Onu convocato sul blitz compiuto in Cisgiordania su richiesta degli Emirati, il principale alleato arabo di Israele nel Golfo. Ma a Jenin e nel resto dei Territori occupati nessuno crede più all’intervento della comunità internazionale o alla soluzione a Due Stati. E non genera timori particolari che al potere in Israele ci sia un governo di estrema destra antipalestinese. «Sono tutti uguali quando guardano a noi palestinesi» ripetono un po’ tutti.  L’analista Nour Odeh, intervistato da The Media Line, ha spiegato che per i palestinesi «la soluzione a Due Stati (Israele e Palestina, ndr) è una proposta vuota che sta diventando ridicola e farsesca. L’agenda del governo israeliano non solo rifiuta lo Stato palestinese ma nega la stessa esistenza del popolo palestinese».

La tensione sale ovunque in Cisgiordania e non soltanto per la strage di Jenin. Nelle strade di Ram, a nord di Gerusalemme, ieri gruppi di giovani hanno affrontato a più riprese la guardia di frontiera israeliana per protestare contro l’uccisione di un 22enne.  Ieri è spirato in ospedale Wadih Abu Ramoz, un adolescente palestinese ferito mercoledì nel quartiere di Silwan a Gerusalemme Est. Ieri al diffondersi della notizia della sua morte gli abitanti di Silwan hanno manifestato contro la polizia. Gli scontri sono andati avanti fino a notte fonda.

Non ha avuto sviluppi l’escalation di giovedì notte lungo le linee tra Gaza e Israele. Sia i razzi lanciati dai palestinesi dopo la strage a Jenin che i bombardamenti dell’aviazione israeliana contro presunti siti di Hamas sono stati intenzionalmente limitati in modo da evitare un conflitto più ampio.