Questo documento è una versione ridotta della lettera aperta inviata dal think tank Global Network on the Question of Palestine al Segretario generale delle Nazioni Unite il 24 gennaio. Le posizioni espresse in esso riflettono quelle degli autori e non necessariamente anche quelle di Pagine Esteri.

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Il nuovo governo di Israele richiede cambiamenti nella strategia delle Nazioni Unite per la crisi palestinese

di Lex Takkenberg e Rania Hammad – 3 febbraio 2023

António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha recentemente dichiarato al Consiglio di Sicurezza di essere “molto preoccupato” riguardo alle “iniziative unilaterali” del nuovo governo israeliano, osservando che “lo stato di diritto è al centro del raggiungimento di una pace completa” e “in linea con le risoluzioni delle Nazioni Unite, il diritto internazionale e gli accordi precedenti”. Il deterioramento della situazione in Palestina è davvero allarmante e richiede un cambiamento fondamentale nella visione e nell’approccio delle Nazioni Unite al problema.

Come membri del Global Network on the Question of Palestine (rete globale sulla questione Palestinese) – parte dell’organizzazione Arab Renaissance for Democracy and Development (Rinascimento Arabo per Democrazia e Sviluppo) – proponiamo una strategia per affrontare il problema centrale alla base della crisi palestinese e ristabilire il primato del diritto internazionale. Le Nazioni Unite devono riprendere il loro ruolo di guida fondato sulla loro responsabilità permanente per quella che ufficialmente chiamano “la questione palestinese”. Tale strategia deve spostarsi dalle soluzioni negoziate agli imperativi dettati dalle risoluzioni delle Nazioni Unite e dal diritto internazionale, e deve esserci un nuovo approccio alla questione dei rifugiati palestinesi per trovare soluzioni durature.

Il manifesto del nuovo governo della coalizione israeliana di estrema destra è problematico. In esso si afferma che: “Il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e inalienabile a tutte le parti della Terra d’Israele. Il governo promuoverà e svilupperà la colonizzazione di tutte le parti della Terra d’Israele – in Galilea, nel Negev, nel Golan e in Giudea e Samaria”. Questa dichiarazione rende il territorio palestinese occupato indistinguibile da quello che oggi è Israele (entro le linee del 1967). L’affermazione implica la minaccia di un ulteriore trasferimento forzato del popolo palestinese e nega il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, riconosciuto come norma perentoria del diritto internazionale. È chiaro che Israele intende proseguire in modo più aggressivo con i suoi piani di annessione. Un’azione del genere può costituire una grave violazione del diritto internazionale.

Questi sviluppi costituiscono la più grave minaccia per il popolo palestinese da quando tre quarti di esso sono stati espulsi ed esiliati con la forza nel momento della fondazione dello Stato d’Israele nel 1948. C’è un alto rischio di un’intensificazione pericolosa e senza precedenti nella Palestina occupata, in Israele e oltre.

Settantacinque anni fa, le Nazioni Unite raccomandarono la divisione – due Stati – come soluzione politica per la terra palestinese. Decenni dopo, i palestinesi rimangono privi di uno Stato pienamente sovrano e sono soggetti a diffuse e sistematiche violazioni dei diritti umani da parte di Israele. La politica del nuovo governo israeliano dà ulteriore credito alla caratterizzazione di Israele come Stato coloniale d’insediamento. L’occupazione israeliana del territorio palestinese è destinata a essere permanente, un’annessione illegale sia de jure che de facto. Secondo la Carta delle Nazioni Unite, ciò può costituire un atto di aggressione.

Rapporti autorevoli di esperti delle Nazioni Unite, organizzazioni per i diritti umani e studiosi di diritto concludono che Israele sta commettendo il crimine internazionale di apartheid contro il popolo palestinese, inclusi i rifugiati palestinesi.

Gli sforzi di pace del passato partivano da una falsa premessa: che due parti nettamente diseguali potessero negoziare la fine del conflitto. Invece, questo approccio ha consolidato la posizione del colonizzatore, violando le norme più fondamentali del diritto internazionale. Il rispetto delle norme giuridiche è una condizione assoluta per qualsiasi soluzione e non può essere oggetto di negoziazione.

Le fasi che hanno accompagnato questo approccio sono state fallaci. L’attenzione allo sviluppo di istituzioni simil-statali palestinesi ignorava la realtà per cui non può esistere una sovranità effettiva sotto l’occupazione e un regime di apartheid. Gli sforzi per sviluppare l’economia palestinese ignorano che Israele esercita una morsa su di essa. L’approccio adottato alla questione dei rifugiati palestinesi ha ignorato anche la necessità di trovare soluzioni durature, che l’ONU ha la particolare responsabilità di fare dal 1948.

Per garantire la piena realizzazione dei diritti inalienabili dei palestinesi è quindi necessario un cambio di strategia fondamentale da parte dell’ONU e dei suoi Stati membri. Altrimenti, la prospettiva di una coesistenza pacifica non si realizzerà mai.

La strategia deve correggere i difetti e i fallimenti degli approcci usati fino ad ora. Ciò non significa necessariamente abbandonare la politica dei due Stati, ma sottolineare che una soluzione negoziata non solo contravviene al diritto internazionale, ma ha anche permesso a Israele di consolidare il proprio controllo sul popolo palestinese, sulla sua terra e sulle sue risorse.

Alcuni governi esitano a riconoscere questa realtà, continuando piuttosto a sperare che una soluzione a due Stati possa ancora essere negoziata nonostante l’evidenza del contrario. Da parte sua, Israele continuerà ad accorpare in modo spurio e aggressivo le critiche alle sue azioni illegali con l’antisemitismo.

Queste circostanze richiedono una leadership coraggiosa da parte di Guterres per evitare ulteriori spargimenti di sangue.

Con l’intensificazione di minacce alla sicurezza dei palestinesi che si verificherà molto probabilmente nei prossimi mesi, è urgente creare misure simili a quelle adottate nei territori occupati della Palestina dopo lo scoppio della prima intifada palestinese nel 1987. All’epoca, con l’incoraggiamento del Consiglio di Sicurezza, le Nazioni Unite istituirono un programma di protezione innovativo. Ma sono necessarie ulteriori misure di protezione per i bambini palestinesi: il 2022 è stato l’anno più letale per loro da quando le Nazioni Unite hanno iniziato a documentare le vittime.

Sia l’Assemblea Generale che il Consiglio di Sicurezza hanno denunciato la prolungata occupazione israeliana, dichiarandola illegale già nel 1977. In previsione di un prossimo parere consultivo sulla questione da parte della Corte internazionale di giustizia, la politica delle Nazioni Unite deve essere riallineata per dare priorità al rispetto del diritto internazionale e non ai negoziati.

Lo stesso approccio si applica alla fine del sistema dell’apartheid. L’esperienza del Sudafrica ha dimostrato che l’apartheid non può essere riformato attraverso i negoziati, ma deve essere smantellato completamente.

È inoltre importante che il Segretario generale incoraggi un nuovo approccio al problema dei rifugiati palestinesi, ampliando l’attenzione sulla protezione, inclusa la ricerca di soluzioni durature. Questo passo dovrebbe sfruttare le opportunità offerte dalla Dichiarazione di New York del 2016 per i rifugiati e i migranti, attingendo alle competenze dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (Unrwa) e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. L’atteso impulso all’azione internazionale a favore dei rifugiati palestinesi non dovrebbe essere rimandato. Con gli altri cambiamenti di strategia, potrebbe contribuire a promuovere una prospettiva più positiva per il più ampio processo politico. Inoltre, contribuirebbe a portare l’Unrwa su una base finanziaria più solida.

Il diritto internazionale e la responsabilità delle Nazioni Unite di risolvere la “questione palestinese” fanno sì che la comunità globale sia legalmente, politicamente e moralmente obbligata a sostenere le Nazioni Unite nel rispondere meglio alle minacce e alle azioni del nuovo governo israeliano.

Anche se questa iniziativa incontrerà una forte opposizione da parte di Israele e di altri Stati membri che preferiscono lo status quo, è importante che Guterres resista a queste pressioni e ristabilisca l’indipendenza delle Nazioni Unite per cercare una giusta soluzione alla crescente crisi.

Questo articolo è una versione ridotta di una lettera aperta inviata dai membri del Global Network on the Question of Palestine (Rete globale sulla questione palestinese) al Segretario generale delle Nazioni Unite il 24 gennaio.