Pagine Esteri, 27 aprile 2023. La Norvegia ha annunciato ieri, mercoledì 26 aprile, il divieto alle importazioni di beni e servizi delle compagnie che “contribuiscono direttamente o indirettamente agli insediamenti illegali israeliani nei territori occupati, in quanto costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale”.

La notizia segue l’annuncio, il giorno precedente (25 aprile), della città belga di Liegi, il cui consiglio ha votato per porre fine a tutti i legami con Israele, a causa del suo “regime di apartheid, colonizzazione e occupazione militare”. A febbraio la città di Barcellona aveva congelato i rapporti con Israele, interrompendo il gemellaggio con Tel Aviv: “Non possiamo più tacere di fronte alla violazione flagrante e sistematica dei diritti umani”, dichiarò in quell’occasione la sindaca Ada Colau.

L’insediamento coloniale israeliano di Har Homa, nel sud-est di Gerusalemme (foto di Michele Giorgio)

La decisione di Oslo era già stata annunciata a giugno del 2022, quando fu stabilito di consentire l’etichetta “made in Israel” solo sui prodotti realizzati in Israele e non a quelli provenienti dai territori illegalmente occupati nel 1967: “I prodotti alimentari provenienti da aree occupate da Israele devono essere etichettati con l’area di provenienza e devono indicare che vengono da un insediamento israeliano”.

Il governo norvegese ha specificato che il divieto si applicherà ai territori occupati nelle alture del Golan e alla Cisgiordania, compresa Gerusalemme est.

Insediamento israeliano in costruzione a Betlemme

A dicembre del 2022 Oslo ha annunciato che intendeva rivedere i propri investimenti in Israele, dichiarando che avrebbe potuto decidere di interromperli del tutto, a causa del coinvolgimento delle banche israeliane nelle imprese presenti negli insediamenti illegali della Cisgiordania. Pagine Esteri