di redazione

Pagine Esteri, 22 giugno 2023 – Recep Tayyip Erdoğan ha vinto seppur di misura le ultime elezioni presidenziali, ma i problemi economici e finanziari continuano ad attanagliare la Turchia. E così il nuovo esecutivo continua a cercare sostegno tra i partner vecchi e nuovi.

Nel giorno del maxi aumento dei tassi di interesse dall’8,5 al 15%, il nuovo ministro del Tesoro e delle Finanze di Ankara, Mehmet Simsek, e il vice del “sultano” Cevdet Yilmaz, si sono recati ad Abu Dhabi per loro prima visita all’estero, per incontrare il presidente e il vicepresidente degli Emirati Arabi Uniti (fino a poco tempo fa rivali regionali e poi diventati alleati sempre più stretti), rispettivamente Mohammed bin Zayed al Nahyan e Mansour bin Zayed al Nahyan.
Proprio oggi però la lira turca si è ulteriormente indebolita rispetto al dollaro e all’euro, toccando nuovi minimi storici, subito dopo che la Banca centrale ha annunciato l’aumento dei tassi che hanno deluso le aspettative del mercato, che si aspettavano un aumento più consistente per contenere l’inflazione.
Eppure, l’aumento di tassi è una mossa in totale controtendenza rispetto alle scelte passate di Erdoğan che – al contrario – ha sempre sostenuto una politica di bassi tassi di interesse. L’inflazione però è aumentata a dismisura a seguito di una forte svalutazione della divisa nazionale, conseguenza di una politica di diminuzione dei tassi a partire dal 19% del 2021. Dall’inizio del 2023 la lira è diminuita del 22,5% rispetto al dollaro statunitense, dopo essere già scesa del 44 nel 2021 e del 30 nel 2022.

L’anno scorso Ankara ha bruciato 27 miliardi di dollari di riserve in valuta estera per cercare di sostenere la lira turca e finanziare il deficit delle partite correnti. Per questo la Turchia necessita urgentemente di investitori stranieri, inclusi i fondi sovrani (o anche speculativi) e di investimenti diretti esteri, per sostenere le sue riserve valutarie che ad oggi risultano addirittura sotto zero (-151,3 milioni di dollari al 19 maggio, secondo gli ultimi dati pubblici disponibili).
Gli Emirati Arabi Uniti hanno iniziato a colmare il vuoto lasciato dai creditori occidentali, aumentando i prestiti delle banche del Golfo alle controparti turche, dopo il riavvicinamento tra Ankara e il governo emiratino iniziato nel novembre 2021. In quell’occasione gli Emirati Arabi Uniti si erano impegnati a investire 10 miliardi di dollari nelle industrie turche di energia, petrolchimica, tecnologia, trasporti, infrastrutture, sanità, servizi finanziari, cibo e agricoltura. Nel 2022, la Turchia aveva firmato con gli Emirati un accordo di scambio di valuta del valore di 5 miliardi di dollari per rimpinguare le casse vuote della Banca centrale turca. Il 31 maggio, la Turchia, sesto partner commerciale degli Emirati, ha ratificato un mega accordo commerciale da 40 miliardi di dollari in cinque anni siglato con il Paese arabo a marzo 2023.

I rapporti tra Abu Dhabi e Ankara, per decenni molto distanti a causa di scelte opposte nel sostegno ad alcune correnti politiche in Medio Oriente e in Nord Africa si sono fortemente distesi soprattutto dopo che, lo scorso 28 maggio, prima ancora che fossero ufficializzati i risultati del ballottaggio delle elezioni presidenziali turche lo sceicco Mohammed bin Zayed si era congratulato con il rieletto presidente turco.
Le relazioni tra la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti, insieme ad altri Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), avevano vissuto momenti di tensione tra il 2010 e il 2020, all’inizio della primavera araba e poi all’indomani dell’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi. Nel 2016, poi, i media vicini a Erdoğan avevano accusato gli Emirati di aver finanziato, insieme agli Stati Uniti, i promotori del fallito golpe contro il “sultano”. Con l’ascesa di Erdoğan, la Turchia è stata uno dei principali sostenitori dei Fratelli musulmani in Palestina, Tunisia, Egitto e Siria.

Ankara si era anche fortemente schierata con il Qatar durante il boicottaggio economico e diplomatico imposto a Doha da Emirati, Arabia Saudita, Egitto e Bahrein nel 2017. Il gelo diplomatico tra i tre Paesi del Golfo e l’Egitto, da un lato, e il Qatar dall’altro si è concluso nel 2021, quando Abu Dhabi ha istituito il fondo d’investimento da 10 miliardi di dollari in Turchia.
Un altro dei teatri di divergenza fra Turchia ed Emirati è stato per lungo tempo la Libia, con Ankara che ha appoggiato l’esecutivo della Tripolitania, mentre Abu Dhabi le autorità scissioniste della Cirenaica. Oggi, invece, entrambi i Paesi sostengono il Governo di unità nazionale (Gun) del premier Abdulhamid Dabaiba, al potere a Tripoli. – Pagine Esteri