della redazione

Pagine Esteri, 30 marzo 2024 – Domani i cittadini e le cittadine della Turchia torneranno alle urne per un appuntamento elettorale di grande importanza. Domenica 31 marzo infatti si terranno le elezioni amministrative, a poco meno di un anno da quelle generali che hanno portato il capo dello Stato, Recep Tayyip Erdogan, al terzo mandato presidenziale e mantenuto al potere l’AKP (Partito Giustizia e Sviluppo), formazione di destra, nazionalista e religiosa.

Al voto sono chiamati circa 61 milioni di aventi diritto, di cui un milione di giovani che si recherà ai seggi per la prima volta, per eleggere sindaci, amministratori e consiglieri di 81 province in 30 aree metropolitane e 1.351 distretti.

Questa nuova tornata elettorale rappresenta un test significativo sia per Erdogan e il “suo” Akp che per i partiti di opposizione, frammentati a seguito della sconfitta della variegata coalizione formata da partiti di sinistra, centrosinistra e destra guidata dal Partito repubblicano popolare (Chp) alle elezioni parlamentari e presidenziali del maggio 2023, dopo aver conquistato nel 2019 – quando l’affluenza totale era stata dell’84,52% – le due principali città del paese come Ankara e Istanbul.

Da una parte, il presidente turco e leader dell’Akp misurerà il sostegno al suo governo in un clima dominato ormai da molti anni da una grave crisi economica, con l’inflazione che continua a erodere velocemente il potere d’acquisto di salari e pensioni.

Le amministrative potrebbero anche servire per misurare gli equilibri interni al partito al potere e individuare i possibili eredi del presidente Erdogan il quale, poche settimane fa, ha affermato che quelle di domenica potrebbero essere le sue ultime elezioni prima del ritiro dalla vita politica.

Il voto testerà però anche la capacità del Chp di mantenere il controllo delle città chiave del paese. Se i repubblicani riuscissero nell’intento potrebbero di nuovo presentarsi come principale alternativa all’Akp, condizionando le altre forze politiche di opposizione.

L’attenzione si concentra soprattutto sullo scontro a Istanbul con i suoi 16 milioni di abitanti ufficiali. Cinque anni fa la vittoria era andata a Ekrem Imamoglu, esponente del Partito Popolare Repubblicano, ma il governo aveva annullato la competizione obbligando gli elettori a tornare alle urne. L’Akp era però uscito di nuovo sconfitto dalla competizione. Se dovesse riconfermarsi, Imamoglu – sostenuto anche dalla destra moderata dell’Iyi Parti – potrebbe aspirare a correre per la presidenza alle prossime elezioni generali previste nel 2028.

Contrariamente a quanto era avvenuto nel 2019 e poi alle generali del 2023, questa volta però il movimento curdo non correrà insieme ai repubblicani. A Istanbul il Dem, il Partito per l’uguaglianza e la democrazia, ha presentato un suo candidato che aspira al terzo posto. A sfidare Imamoglu, per conto dell’AKP, ci sarà l’ex ministro dell’ambiente Murat Kurum, sostenuto personalmente da Erdogan oltre che dagli ultranazionalisti di destra dell’Mhp.

«È arrivato il momento di riprendere il lavoro da dove era stato interrotto, porre fine a questo periodo di fango e sporcizia e rimetterci al servizio della popolazione come abbiamo fatto per 30 anni. La città è tornata ai problemi del 1994, questi sono stati 5 anni persi» ha tuonato il presidente della Repubblica in un comizio a sostegno di Kurum pochi giorni fa. – Pagine Esteri