di Antonella D’Agostino –
Pagine Esteri, 19 novembre 2024. Uno studio rivela che il numero di vittime del conflitto in Sudan potrebbe superare di gran lunga le stime ufficiali. Oltre ai decessi violenti, fame e malattie sono tra le cause principali di morte. Il conflitto tra le Forze armate sudanesi (SAF) e le Forze di supporto rapido (RSF) è scoppiato nell’aprile del 2023.
I primi 14 mesi di guerra hanno registrato nella sola capitale Khartoum oltre 61.000 vittime, bilancio che, secondo ricercatori britannici e sudanesi, è superiore alle stime precedenti. Le principali cause di morte, secondo il Sudan Research Group sono la fame e le malattie.
La popolazione non può raggiungere ospedali, obitori o cimiteri per cui molti decessi non vengono registrati. Lo studio del Sudan Research Group, guidato dall’epidemiologa Maysoon Dahab, ha impiegato il metodo “cattura e ricattura”: attraverso un’analisi delle liste di decessi si è scoperto che il bilancio delle sole morti violente avvenute a Khartoum è di oltre 26.000, maggiore del valore rilevato dall’Armed Conflict Location & Event Data (20.178).
Il SRG ha utilizzato tre tipi di fonti, partendo dalle quali, ha compilato altrettante liste: un sondaggio pubblico condiviso sui social media, un sondaggio privato diffuso tra gli attivisti e i necrologi pubblicati sui social. La ricerca si è concentrata solo su Khartoum (non potendo espandersi nel resto del Paese a causa di dati insufficienti), dove sono stati redatti 6.715 registri di deceduti.
Una volta preparate le liste, i ricercatori hanno evidenziato i nomi comparsi in più liste: minore è la sovrapposizione tra gli elenchi, maggiore è la probabilità che non tutti i decessi siano stati registrati. Anche se si tratta di un sistema creato per studi ecologici, si è rivelato molto utile per stimare il numero effettivo dei decessi: è stato impiegato anche durante le proteste del 2019 e con il COVID-19.
La speranza è che, grazie ai dati ottenuti, si possa attirare l’attenzione sul Sudan e sostenere la risoluzione del conflitto, redigere un documento sulle responsabilità e incentivare gli aiuti umanitari, resi necessari a causa di ulteriori atti di violenza scoppiati nelle regioni del Kordofan e del Darfur.
L’analisi, infatti, rivela un altro aspetto fondamentale: la diffusa malnutrizione, e le conseguenti malattie (malaria, colera e febbre dengue) causate dalla riduzione delle difese immunitarie sono tra le principali cause di morte per i sudanesi. L’impossibilità di recarsi in ospedali e farmacie rende la situazione ancora più drammatica. Ne è un esempio Khalid Sanhouri, musicista morto l’anno scorso per mancata assistenza sanitaria, nella città di Omdurman. Mohammed Omar, suo vicino, ha dichiarato a Reuters che le persone sono state costrette a seppellire i propri cari accanto alle case, non riuscendo a raggiungere i cimiteri. Solo con l’arrivo dell’esercito sudanese i corpi sono stati trasferiti al cimitero principale della città.
Lo studio presenta però dei limiti: i decessi tra i gruppi rurali e quelli con un basso livello socioeconomico hanno una minore probabilità di comparire in uno qualsiasi dei registri utilizzati, a causa del difficile accesso alle reti di telecomunicazione. Nonostante ciò, il metodo “cattura e ricattura” resta uno strumento valido per la stima delle vittime in situazioni dove i dati registrati non sono quelli effettivi.
Nessuno dei due eserciti, intanto, si assume la responsabilità degli attacchi ai civili, accusandosi reciprocamente. Una missione d’inchiesta delle Nazioni Unite, tuttavia, ha confermato che entrambe le parti sono colpevoli di gravi abusi e violazioni dei diritti umani. Pagine Esteri