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Pagine Esteri, 25 gennaio 2025 – Domani si tengono le elezioni presidenziali in Bielorussia. Aleksandr Lukashenko, al potere ormai dal 1994, si avvia al suo settimo mandato in una sfida senza sorprese.
L’uomo forte del paese vinse le elezioni del 2020 con l’80% dei voti, scatenando un’ondata di proteste, represse con migliaia di arresti. Molti dissidenti hanno scelto o sono stati obbligati all’esilio.
Rispetto a cinque anni fa, questa volta il panorama politico è stato decisamente ridimensionato. La Commissione elettorale centrale ha respinto le candidature di diversi oppositori, lasciando spazio a pochi candidati di facciata che non rappresentano una vera minaccia per l’autocrate ormai settantenne.
La Cec ha respinto le candidature del leader del movimento “Per la libertà” Yuras Hubarevich, a causa di una “violazione della procedura per la presentazione dei documenti”, e di Aliaxandar Drazdou. Poi sono state respinte altre due candidature.

La commissione ha accettato, oltre a Lukashenko, altri sei candidati alla presidenza. Tra questi figurano il candidato del Partito comunista Sergei Syrankov, Oleg Gaidukevich del Partito liberaldemocratico e l’ex portavoce del ministero dell’Interno Olga Chеmоdanova. Dopo la scadenza di inizio dicembre per la raccolta delle 100 mila firme necessarie a presentare la candidatura, la Commissione elettorale ha accettato solo cinque candidature.
«Il sistematico uso di misure repressive, tra le quali gli arresti arbitrari, i maltrattamenti, le torture e la criminalizzazione delle espressioni critiche, ha prodotto un quadro nero della situazione odierna dei diritti umani in Bielorussia» denuncia in un comunicato Marie Struthers, direttrice di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale.

Negli ultimi anni il legame di Minsk con Mosca si è ulteriormente rafforzato. Durante l’invasione russa dell’Ucraina, la Bielorussia ha svolto un ruolo chiave, permettendo a Mosca di utilizzare il proprio territorio per le operazioni militari. Lo scorso dicembre, Minsk ha firmato un trattato che include garanzie di sicurezza nucleare, ospitando armi tattiche russe e preparando il terreno per il dispiegamento di missili ipersonici. Di recente, Lukashenko ha affermato che “la Bielorussia ospita decine di armi nucleari tattiche russe”, un elemento che aumenta la tensione tra Minsk e i Paesi occidentali, in primis le vicine Polonia e Lituania. Pagine Esteri