Pagine Esteri – La Missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) ha espresso “profonda preoccupazione” per la recente ondata di arresti e detenzioni arbitrarie compiute dalle autorità, accusate di utilizzare i poteri di polizia per colpire individui sulla base di presunte affiliazioni politiche, reprimere il dissenso e minare l’indipendenza del sistema giudiziario.
Secondo l’Unsmil queste pratiche “illegali” contribuiscano a creare un clima di paura e a compromettere lo Stato di diritto.
Nel mirino degli arresti vi sono in particolare magistrati, avvocati e membri della magistratura. La missione dell’Onu cita in particolare il caso del giudice Ali al Sharif, arrestato a Tripoli il 10 marzo, e quello dell’avvocato Mounir al Orfi, detenuto arbitrariamente a Bengasi dal 12 marzo. L’Unsmil segnala inoltre la detenzione ormai dal 2022 di due procuratori militari – Mansour Da’aoub e Mohammed al Mabrouk al Kar – trattenuti senza garanzie procedurali a Tripoli.
Particolarmente grave, secondo le Nazioni Unite, è il caso del deputato della Camera dei rappresentanti, Ali Hassan Jaballah, rimasto in stato di detenzione arbitraria per oltre un anno prima di essere processato da un tribunale militare nell’ottobre del 2024, con un procedimento definito “irregolare” e segnato dalla negazione dei diritti fondamentali alla difesa.
La missione Onu ha anche evidenziato la detenzione dell’attuale direttore dell’Ufficio per la gestione del recupero dei beni libici (Larmo), Mohamed Mensli, arrestato il 7 gennaio e trattenuto con accesso limitato alla difesa legale e a cure mediche, nonostante le preoccupanti notizie sulle sue condizioni di salute.
A Bengasi, da maggio 2024, è invece detenuto senza alcuna accusa formale Khalifa Amghar Abdulrasul, figura di spicco della comunità di Ghat, impossibilitato a contattare il proprio avvocato e la famiglia.
Secondo l’Unsmil nelle varie amministrazioni in cui è divisa la Libia ci sarebbero “centinaia” di persone detenute illegalmente.
La Missione ha anche lanciato l’allarme sull’uso sempre più frequente di confessioni filmate estorte con la forza e diffuse pubblicamente, spesso con l’obiettivo di umiliare e intimidire i detenuti. Tali “prove” – sottolinea l’Onu – devono essere considerate giuridicamente inammissibili e i responsabili di questi abusi dovrebbero essere perseguiti.
Pur accogliendo positivamente un recente parziale accesso a strutture di detenzione da parte di osservatori internazionali, l’Unsmil ha ribadito la necessità di ottenere un accesso pieno e senza restrizioni a tutte le carceri libiche. «La detenzione arbitraria e il suo uso politico contribuiscono a creare un clima di intimidazione e sfiducia nelle istituzioni, minando il processo di transizione democratica della Libia» conclude la nota, con un rinnovato appello alla liberazione immediata di tutti i detenuti arbitrariamente e all’identificazione e punizione dei responsabili. Pagine Esteri