Dopo un anno, più di sessanta tra operatori umanitari, attivisti, deputati italiani ed europei partiranno domani per il Cairo da dove si dirigeranno al versante egiziano della città di Rafah con una carovana solidale intenzionata a fare pressioni per l’entrata di aiuti umanitari a Gaza, dove non arriva nulla dal 2 marzo. Il rientro è previsto per il 19 maggio, la delegazione è composta da rappresentanti di Aoi, Arci, Assopace Palestina, Acs, 14 parlamentari, 3 eurodeputati, e giornalisti.
Tra i promotori dell’iniziativa, ACS – Associazione di Cooperazione e Solidarietà, ONG attiva da oltre trent’anni a Gaza e in Cisgiordania, è al centro di un intervento strutturato e continuativo nella Striscia, reso possibile grazie alla collaborazione con realtà locali come il Centro Vik di Gaza City, e alla sinergia costruita con i partner Progetto Rec Palestina e Gazafreestyle.
La delegazione torna a Rafah in un contesto drammatico. Dopo oltre 580 giorni di assedio e bombardamenti, con la Striscia completamente isolata dal 2 marzo 2025, la crisi umanitaria si è ulteriormente aggravata: fame, sete, mancanza di cure e blocco degli aiuti sono diventati strumenti di guerra. L’obiettivo della missione è chiaro: raccogliere testimonianze dirette dai sopravvissuti e dagli operatori umanitari, per rompere il silenzio mediatico, denunciare l’impunità politica e dare voce a chi resiste.
Proprio in queste ore, una cintura di fuoco composta da nove razzi ha colpito il pronto soccorso dell’Ospedale Europeo di Gaza, proprio mentre un corteo funebre attraversava il piazzale dell’obitorio. Il Nasser Medical Complex ha dichiarato lo stato di massima emergenza, mentre l’ospedale colpito non è più in grado di accogliere feriti o malati. Un’azione brutale, che si inserisce in uno scenario di devastazione quotidiana.
“Un massacro senza fine che non interessa i governi del mondo occidentale e non. Le vittime, solo civili, sono ignorate. La complicità di tutti gli Stati e di tutti i Governi è totale”, afferma Meri Calvelli, direttrice di ACS e fondatrice del Centro Vik di Gaza, che da oltre trent’anni opera nelle zone di crisi, e da trent’anni in Palestina. A farvi eco, Alfio Nicotra di AOI: “Già un anno fa il quadro che ci venne restituito era apocalittico. Oggi, le previsioni più catastrofiche si sono tragicamente avverate. Dal 2 marzo, la Striscia è completamente sigillata: non entra nemmeno uno spillo. Le vittime per fame, sete e malattie aumentano ogni giorno in modo esponenziale. Voltarsi dall’altra parte, fingere di non vedere il genocidio in atto, è una forma di disumanità, una resa morale inaccettabile”.
La tregua annunciata il 19 gennaio 2025 si è rivelata un’illusione. Nessun passo avanti concreto verso un cessate il fuoco permanente, nessuna tutela per la popolazione civile. Anzi, dal 18 marzo, la ripresa dei bombardamenti e la nuova offensiva di terra hanno fatto precipitare la situazione, aprendo le porte a un progetto di pulizia etnica sempre più esplicito, apertamente sostenuto da membri dell’amministrazione Trump e da una parte crescente della coalizione di governo israeliana.
Le organizzazioni denunciano come Israele continui deliberatamente a colpire la popolazione civile, utilizzando la fame, la sete, il blocco degli aiuti e l’assenza di carburante e cure mediche come armi di guerra. “Netanyahu sta attuando un terrorismo di Stato, con disprezzo assoluto per la vita umana e per il diritto internazionale. Il genocidio è sotto gli occhi di tutti, ma il mondo ha scelto di voltarsi dall’altra parte. Insieme alle oltre 52mila vittime palestinesi, a Gaza è morta anche la moralità dell’Occidente”, ha denunciato Stefania Ascari, deputata M5S e coordinatrice dell’Intergruppo parlamentare.
Sulla stessa linea le parole di Laura Boldrini, deputata PD: “Vogliamo entrare a Gaza. Abbiamo chiesto alle ambasciatore italiano in Israele di farsi carico di questa richiesta presso le autorità israeliane, ma a oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Ma non ci arrenderemo. Vogliamo entrare perché come se non bastassero i bombardamenti indiscriminati e la Striscia rasa al suolo, a Gaza si muore di fame, di sete e di malattie per un piano preciso e dichiarato del governo Netanyahu. Un piano criminale che prevede anche l’invasione totale della Striscia e la deportazione dei palestinesi. Nel silenzio complice della comunità internazionale, è necessario tenere alta l’attenzione sullo sterminio in corso, vedere con i propri occhi, raccontare e denunciare i crimini che Netanyahu e il suo governo stanno compiendo”.
Durante la missione, la delegazione incontrerà attivisti palestinesi, operatori umanitari, agenzie internazionali e delle Nazioni Unite, per raccogliere testimonianze dirette dai sopravvissuti e da chi da oltre 18 mesi lavora al fianco della popolazione civile, tanto a Gaza quanto in Cisgiordania.