Articolo scritto con informazioni riferite dalle agenzie di stampa

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Il corpo di Yousef con le ossa sporgenti giaceva ieri immobile sul lettino di un ospedale di Gaza City. Aveva sei settimane. Una benda copriva il punto in cui i medici avevano tentato, invano, di reidratarlo con una flebo. La diagnosi è stata crudele e lapidaria: è morto di fame. La sua famiglia, come tante altre nell’enclave palestinese, non era riuscita a trovare latte in polvere per nutrirlo. “Non si trova latte da nessuna parte, e se lo trovi costa 100 dollari a confezione”, racconta suo zio, Adham al-Safadi, con lo sguardo perso sul corpo senza vita del nipote.

Nelle stesse 24 ore in cui Yousef esalava l’ultimo respiro, altri quattordici palestinesi sono morti di fame nella Striscia di Gaza, tra cui il tredicenne Abdulhamid al-Ghalban, deceduto in un ospedale a Khan Younis. Il dato, fornito dai medici locali, rivela una realtà sempre più tragica: per la prima volta dall’inizio della guerra, decine di persone stanno morendo apertamente per denutrizione, mentre le agenzie umanitarie confermano che le loro risorse sono completamente esaurite.

“Non è rimasto nulla”, ha detto Jan Egeland, direttore del Consiglio norvegese per i rifugiati, che aveva assistito centinaia di migliaia di civili nei mesi iniziali del conflitto. “Abbiamo distribuito l’ultima tenda, l’ultimo pacco alimentare. Israele non cede. Vogliono solo paralizzare il nostro lavoro.” A farne le spese non sono solo i civili: medici, infermieri, operatori umanitari, racconta l’UNRWA, svengono per la fame durante i turni negli ospedali sovraffollati.

A Gaza, la sopravvivenza è diventata una lotta quotidiana. Ieri, uomini e ragazzi si sono riversati tra le macerie di Gaza City per afferrare sacchi di farina da magazzini umanitari devastati. “Non mangiamo da cinque giorni”, ha raccontato Mohammed Jundia, uno dei sopravvissuti che si aggiravano tra le rovine in cerca di cibo.

Gli ospedali, oberati dalle vittime dei bombardamenti e delle sparatorie, non sono più in grado di assistere chi presenta i sintomi della fame. “Ci mancano cibo e medicinali”, ha spiegato Khalil al-Deqran, portavoce del Ministero della Salute. Ha aggiunto che circa 600.000 persone soffrono di malnutrizione, inclusi almeno 60.000 donne incinte. I sintomi più comuni? Disidratazione, anemia, stanchezza cronica. Ma ciò che più colpisce è la totale assenza di latte in polvere per i neonati: un dettaglio tragico, simbolo di una crisi che colpisce innanzitutto i più piccoli.

Secondo il Ministero della Salute di Gaza, da quando è iniziata l’offensiva israeliana nell’ottobre 2023, oltre 59.000 palestinesi sono stati uccisi in attacchi aerei, bombardamenti o sparatorie. Ieri sono morte 72 persone, tra cui 16 sfollati che vivevano in tende a Gaza City. L’esercito israeliano ha negato la responsabilità di attacchi in quell’area, sostenendo di non avere informazioni su operazioni recenti nella zona.

Alla fame si aggiunge la paura. Oltre 800 civili palestinesi, secondo fonti locali e agenzie umanitarie, sono stati uccisi nelle ultime settimane mentre tentavano di ottenere cibo. La maggior parte di queste morti è avvenuta in sparatorie di massa vicino ai punti di distribuzione degli aiuti, dove soldati israeliani, hanno aperto il fuoco. Le Nazioni Unite hanno denunciato il sistema di distribuzione come “intrinsecamente insicuro”, affermando che viola i principi fondamentali dell’azione umanitaria. Le immagini delle vittime, alcune immortalate mentre crollavano a terra con in mano pezzi di pane o sacchi di farina, hanno fatto il giro del mondo.

Dopo aver interrotto a marzo ogni rifornimento al territorio, Israele ha annunciato a maggio l’allentamento del blocco, giustificandolo con l’esigenza di impedire che gli aiuti finiscano nelle mani dei gruppi armati. Un’accusa che Hamas respinge, mentre Tel Aviv punta il dito contro le Nazioni Unite, sostenendo che non siano state in grado di proteggere i convogli.

Da Washington, un funzionario della Casa Bianca ha fatto eco alla versione israeliana, accusando Hamas di aver ostacolato la distribuzione umanitaria. “È orribile che Hamas continui a prendere di mira questi aiuti e ostacoli la GHF nel fornire assistenza salvavita”, ha dichiarato. La stessa GHF – Gaza Humanitarian Foundation, sostenuta da Israele – è sotto accusa da parte delle agenzie umanitarie, che la considerano uno strumento politico, privo di neutralità e incapace di raggiungere davvero chi ha bisogno.

Il Segretario generale dell’ONU, António Guterres, ha lanciato un grido d’allarme davanti al Consiglio di Sicurezza: “Stiamo assistendo all’ultimo sussulto di un sistema umanitario fondato su principi universali. A quel sistema vengono negate le condizioni per funzionare.” La Striscia, con i suoi 2,3 milioni di abitanti, è oggi il simbolo vivente – e morente – del collasso di ogni tutela internazionale.

Intanto, il bilancio dei morti di fame continua a salire: secondo fonti palestinesi, almeno 101 persone, tra cui 80 bambini, hanno perso la vita per mancanza di cibo. La maggior parte solo nelle ultime settimane.