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La presenza di Gianni Infantino al vertice straordinario  su Gaza a  Sharm el-Sheikh, il 13 ottobre, ha prodotto un cortocircuito che ha travalicato i confini dello sport. In una sala gremita di capi di Stato e di governo, il presidente della FIFA è apparso come un corpo estraneo: l’unico non politico in una foto di gruppo che rappresentava i vertici del potere mondiale. La sua partecipazione, ufficialmente motivata dal desiderio di “sostenere le iniziative di pace” promosse dai leader internazionali, ha destato sorpresa e diffidenza.

L’invito a Infantino sarebbe giunto direttamente dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha voluto includere il dirigente svizzero tra i partecipanti a un incontro concepito per segnare una nuova fase del suo protagonismo internazionale. Infantino ha spiegato che la FIFA “non si occupa solo di calcio” e che il suo ruolo consiste nel “creare ponti di speranza tra i popoli”. Tuttavia, dietro la retorica della riconciliazione si intravede un’altra storia: quella di un’istituzione sportiva che, di fronte al genocidio in a Gaza, ha scelto il silenzio e l’ambiguità.

Il contrasto tra la solennità del vertice egiziano e l’assenza di qualunque parola di condanna da parte della FIFA di fronte alla distruzione dello sport palestinese è apparso sconcertante. Nei due anni di offensiva israeliana contro la Striscia, le squadre, gli stadi e gli atleti palestinesi sono stati annientati da bombardamenti sistematici. Secondo i dati raccolti dalle Nazioni Unite e da Amnesty International, almeno 800 tra calciatori e dirigenti sportivi sono stati uccisi, e oltre 420 infrastrutture sportive sono state completamente distrutte.

Eppure, nel corso di questo lungo periodo, Infantino non ha mai pronunciato una condanna dell’occupazione israeliana né ha agito per sospendere la Federcalcio israeliana, accusata di gestire sei club con sede in insediamenti illegali nei territori palestinesi. Quando, nel marzo 2024, la Federcalcio palestinese presentò un reclamo formale, la FIFA rispose con un rinvio, invocando “tempi di valutazione”. Nel frattempo, Amnesty International, seguita da oltre trenta giuristi internazionali, ha chiesto alla FIFA e alla UEFA di escludere Israele dalle competizioni, sottolineando che le sue attività nei territori occupati violano apertamente lo statuto della stessa organizzazione. Nessuna risposta concreta è mai giunta da Zurigo.

A rendere ancora più evidente la contraddizione è il confronto con la guerra russo-ucraina. Quando Mosca invase l’Ucraina nel febbraio 2022, la FIFA impiegò appena quattro giorni per sospendere la Federazione russa e tutti i suoi club da ogni competizione internazionale. In quel caso, la politica divenne improvvisamente legittima.

Il comportamento della FIFA è il riflesso diretto del suo presidente, abile nel muoversi tra diplomazia e opportunismo. L’amicizia personale tra Infantino e Trump, consolidata nel corso degli anni, non è un dettaglio marginale. Da tempo il presidente statunitense considera il calcio un canale di “soft power” utile alla costruzione della propria immagine internazionale. Invitare Infantino a Sharm el-Sheikh significava avvalersi della legittimazione simbolica del mondo sportivo per presentarsi come artefice di un dialogo globale. Allo stesso tempo, per il presidente della FIFA si è trattato di un’occasione per guadagnare visibilità politica e rinsaldare la rete di relazioni che gli garantisce protezione e influenza.

In questo intreccio di interessi reciproci, la FIFA si è trasformata da organizzazione sportiva in attore politico. La sua “politica della pace” è una diplomazia parallela che mira a consolidare la propria presenza sulla scena internazionale e a garantirsi accesso ai fondi e alle reti di potere che circolano intorno alle grandi crisi globali. È in questo contesto che va letta la promessa di Infantino di “ricostruire il calcio a Gaza”.

Nel suo discorso a Sharm el-Sheikh, Infantino ha annunciato la creazione di un piano per ricostruire le infrastrutture sportive palestinesi, in collaborazione con la Federcalcio locale e alcune agenzie dell’ONU. Ha parlato di “dare speranza ai bambini di Gaza” e di “ricostruire campi e stadi distrutti”. Parole che, a prima vista, possono sembrare nobili. Ma dietro l’immagine del benefattore umanitario si intravede il tentativo di riabilitare una reputazione appannata, di rientrare nel discorso pubblico mondiale non attraverso il coraggio politico, ma attraverso la retorica umanitaria.

Infantino e la FIFA arrivano a Gaza non come pionieri della solidarietà, ma come ultimi arrivati.  Dietro la retorica della “ricostruzione sportiva” si cela una logica di riciclaggio reputazionale. La FIFA, scossa dai fantasmi dello scandalo Blatter e dalle accuse di corruzione nei mondiali del Qatar, tenta di ricollocarsi come soggetto morale e universale, capace di “unire i popoli”. Tuttavia, le sue scelte continuano a essere selettive, influenzate dai rapporti di forza geopolitici e dai calcoli economici. La decisione di non toccare Israele, nonostante le prove schiaccianti delle sue violazioni è segnale di un sistema in cui lapresunta neutralità serve a proteggere i più potenti.

Infantino incarna perfettamente questa ambiguità. Il suo linguaggio è quello dell’apparenza, un lessico di pace privo di sostanza politica. Quando afferma che “la FIFA non è competente per risolvere le crisi geopolitiche”, ignora che lo sport, da sempre, è uno strumento politico e sociale. Il suo rifiuto di agire non è neutralità, ma una scelta deliberata di non disturbare l’ordine esistente.

Oggi, mentre la FIFA si propone come partner della ricostruzione di Gaza, il rischio è che la sofferenza palestinese venga trasformata in palcoscenico per un’operazione d’immagine. Ogni campo da calcio ricostruito sotto il logo della FIFA rischia di diventare un monumento all’ipocrisia di un sistema che ha scelto di tacere mentre i calciatori morivano sotto le bombe.

La domanda che resta aperta è semplice: come può un’organizzazione che punisce la Russia in quattro giorni e tace su Gaza per due anni pretendere di rappresentare i valori universali del calcio?