di Redazione

Pagine Esteri, 30 luglio 2024 – Nelle proteste studentesche contro il governo del Bangladesh delle scorse settimane sono morte 210 persone mentre i feriti sono parecchie centinaia. Il 75% delle vittime della repressione delle manifestazioni da parte della polizia e dell’esercito erano adolescenti e si contano anche bambini di pochi anni raggiunti da colpi di arma da fuoco mentre si trovavano in casa o per strada.

È quanto emerge dalle informazioni fornite dagli ospedali delle principali città del paese asiatico, secondo i quali la maggior parte delle vittime sarebbe stata colpita da proiettili. Il bilancio reale potrebbe essere ancora più grave, perché alcuni corpi sono stati portati via dagli ospedali dai parenti prima che fossero esaminati dal personale medico.

Da parte sua il ministro degli Interni di Dhaka, Asaduzzaman Khan, ha confermato “solo” 147 morti.
Secondo i media locali, inoltre, sarebbero state arrestate almeno 2500 persone tra studenti, disoccupati e attivisti politici. Sei coordinatori del movimento studentesco incarcerati hanno annunciato la fine delle manifestazioni, probabilmente perché obbligati dalla polizia.

Domenica il governo ha ripristinato i servizi di connessione ad internet che aveva bloccato dieci giorni fa per impedire le comunicazioni tra i manifestanti, anche se per ora i social network rimangono inaccessibili. La premier Sheikh Hasina, al potere da 15 anni, ha ridotto alcune restrizioni che però in molti casi permangono, visto che il coprifuoco resta dalle 17 alle 10 del mattino e nelle strade sono schierati 27 mila militari.

Nei giorni scorsi, dopo settimane di massicce manifestazioni, la Corte Suprema aveva respinto la decisione dell’Alta Corte che a giugno aveva ripristinato il sistema delle quote per l’accesso agli impieghi pubblici, riservati al 30% ai discendenti dei combattenti per l’indipendenza del Bangladesh dal Pakistan (1971). Dopo la decisione del massimo organo giudiziario solo il 5% resta riservato ai reduci o ai loro figli e nipoti.

Gli studenti però non hanno del tutto posto fine alle proteste, divenute comunque meno massicce, che ora si concentrano contro il carattere autoritario del governo e la repressione.

Gli Studenti contro la discriminazione, uno dei gruppi protagonisti delle mobilitazioni, sono ad esempio tornati in piazza per chiedere la liberazione dei loro leader incarcerati. Pagine Esteri