di Clara Statello*

Pagine Esteri, 11 giugno 2021 – Il voto di metà maggio ha ratificato la crisi del neoliberismo in Cile con la débacle elettorale della destra e dei partiti di centro-sinistra. Vince la sinistra anticapitalista, vincono le donne che conquistano l’Assemblea costituente. Il trionfo di quelle forze che si pongono come orizzonte politico l’abbandono del neoliberismo è confermato nelle elezioni comunali, con l’affermazione del Partito Comunista e del Frente Amplio nelle città da sempre governate dalla destra, come Santiago, Viña del Mar, Valdivia.

Il superamento del neoliberismo in Cile è inteso come il superamento del pinochettismo. Sotto la feroce dittatura di Augusto Pinochet il Paese divenne il laboratorio del sistema neoliberista, recepito nella Costituzione degli anni ’80 che il Paese solo adesso si appresta a cambiare. Le donne sono state protagoniste del movimento popolare nato dalle proteste che ha portato alla formazione della Costituente e al risultato sorprendente delle scorse elezioni. Proprio a Valdivia, una delle più importanti città del Sud del Cile, è stata eletta per la prima volta una donna sindaco, Carla Amtmann, del Frente Amplio, che ha vinto di misura su tutti gli altri candidati. Con lei abbiamo discusso della fase storica che sta attraversando il Paese.

 

Lei è la prima donna eletta sindaco a Valdivia e, come lei, altre donne hanno ottenuto eccellenti risultati, espugnando storiche roccaforti della destra pinochettista come Santiago o Viña del Mar. Possiamo dire che in Cile è in corso una rivoluzione delle donne?

Sì, ma va intesa nel contesto di un cambiamento sociale molto più ampio del solo femminismo, che è mosso da una domanda di più giustizia e più eguaglianza sociale. Alla base di questo processo, in cui si è inserito il movimento femminista, c’è un problema più strutturale che è la forte diseguaglianza sociale.

Il Cile è uno dei Paesi con il più alto livello di diseguaglianza al mondo. Questo ormai è diventato inaccettabile e ha determinato un bisogno di rinnovazione perché i cittadini hanno perso la fiducia nei politici. Siccome i politici di prima erano per lo più uomini, le donne hanno avuto quel di più che ha ispirato fiducia nell’elettorato. Ma io credo che, sebbene il movimento femminista sia molto forte, quello che in realtà sta accadendo è che c’è un movimento sociale e popolare che spinge la trasformazione.

 

Le donne sono protagoniste dell’esplosione sociale. Quali avanzamenti hanno ottenuto e intendono ottenere? 

Fino ad ora quello che abbiamo concretamente ottenuto è un maggiore livello di partecipazione femminile. Avremo la prima Assemblea Costituente paritaria al mondo, ma la cosa più interessante è che, per garantire la presenza di un elevato numero di donne, non è stata nemmeno necessaria la correzione di genere, che invece paradossalmente è servita per gli uomini, perché le donne hanno ottenuto più voti. Adesso dobbiamo tradurre quest’elevata rappresentanza in trasformazioni concrete per tutte.

 

Ad esempio quali?

In Cile c’è un grosso problema di diseguaglianza sul lavoro: noi donne lavoriamo di più e guadagniamo meno degli uomini, come in altre parti del mondo. Nell’Assemblea Costituente si sta chiedendo il riconoscimento del lavoro casalingo e un salario per chi lo svolge, solitamente la donna.

Inoltre, si sta lavorando a misure che uguaglino l’uomo e la donna nel mercato del lavoro, come il congedo parentale post-natale condiviso per la stessa durata di tempo. Questi sono provvedimenti molto importanti anche per la questione dei femminicidi, perché per rompere il circolo di violenza c’è bisogno dell’autonomia economica della donna. Il mondo del lavoro è precisamente quello in cui c’è più bisogno di portare trasformazioni.

A livello municipale a noi amministratori toccherà il compito di promuovere l’economia locale incentivando l’imprenditoria femminile e ovviamente le Unità di Protezione e Sicurezza per combattere la violenza sulle donne nel territorio comunale. Per me, tuttavia, una delle principali sfide è la trasformazione del mondo del lavoro, eliminando il gap di genere affinché le donne possano avere più autonomia economica.

A proposito di questo, quali saranno le priorità della prima donna sindaco di Valdivia? 

Il nostro primo provvedimento sarà quello di risanare la casa municipale. Il Comune di Valdivia, assieme all’Università, è il principale datore di lavoro della città, ma ha 5.000 lavoratori fortemente precarizzati. Dobbiamo migliorare le loro condizioni lavorative e fare in modo che si sentano parte dello staff del sindaco.

Poi abbiamo una strategia di sviluppo turistico proposta alla comunità valdiviana da completare entro il 2030, attraverso il recupero e lo sviluppo delle aree abbandonate. La nostra priorità è estendere lo spazio municipale fino a questi settori, aprendo uffici comunali e scuole e migliorando l’interconnessione con la comunità Mapuche. Lo sviluppo turistico di Valdivia deve partire dal recupero dei territori, della costa, delle montagne, dei boschi.

 

Dal successo elettorale della sinistra anti-neoliberista che cambiamenti dobbiamo aspettarci per il Cile?

È una sfida enorme perché in Cile il neoliberismo è talmente profondo che le riforme considerate democratiche in altri Paesi qui appaiono come radicali. La sinistra anti-neoliberista ha fatto un enorme passo avanti ma adesso ci dobbiamo porre la domanda di quali cambiamenti concreti vogliamo ottenere.

Io credo che ci siano due livelli. Il primo sarà quello cruciale dell’Assemblea Costituente per la nuova costituzione, che dovrà dare vita a un nuovo tipo di Stato. Il Cile dovrà smettere di essere uno Stato che sussidia i privati e iniziare ad essere uno Stato che garantisce diritti.

La nostra grande sfida sarà quella di trasformare in senso comune diritti che prima si ritenevano impossibili, come istruzione e salute pubblica. Poi c’è la questione della proprietà delle risorse naturali strategiche, come il litio di cui siamo ricchi e che non deve finire nelle mani dei privati e la ri-pubblicizzazione dell’acqua. Questo insieme di diritti e proprietà saranno il focus principale dell’assemblea costituzionale assieme alla democratizzazione, per creare meccanismi di democrazia diretta e una maggiore decentralizzazione del Paese.

Abbiamo quattro anni davanti e, se faremo bene, potremo consolidare questo processo di cambiamento. Però c’è preoccupazione perché storicamente in Cile ad ogni avanzamento della sinistra è corrisposta una forte ondata reazionaria della destra antidemocratica.

A quasi 50 anni dal golpe questo processo riuscirà a de-pinochettizare definitivamente il Cile?

Credo di sì, il risultato più importante sarà quello che riusciremo ad ottenere con l’Assemblea Costituente. Noi abbiamo ancora la Costituzione di Pinochet e questo è incredibile perché negli altri Paesi dell’America Latina la transizione è stata più netta. Era l’ultimo anello che ci legava alla dittatura.

Fino a due anni fa per la destra era impensabile cambiare la Costituzione. Poi hanno creduto di poter controllare l’Assemblea Costituente, ottenendo il potere di veto con un terzo dei delegati, ma non sono riusciti. Adesso sono messi alle strette e dovranno calcolare bene i prossimi passi. Probabilmente ci saranno dei tentativi di comprare i delegati, soprattutto da parte dei privati, ma stiamo distruggendo l’eredità di Pinochet e questo ci dà molta speranza.

 

Il trionfo elettorale della sinistra è stato possibile grazie all’esplosione sociale e all’elevata partecipazione popolare. Perché il popolo cileno è diventato improvvisamente di sinistra?

Perché abbiamo perso la paura. Il popolo cileno è sempre stato di sinistra ma per molto tempo abbiamo creduto di poter arrivare lontano compiendo piccoli passi. Stavamo uscendo dalla dittatura e questo percorso ci dava più tranquillità, allontanava la paura. All’improvviso, però, ci siamo resi conto che il sentiero dei piccoli passi ci stava portando ad una meta diversa da quello che volevamo raggiungere. Quando il benessere che ci era stato promesso negli anni ’80 con il sistema delle pensioni private non è arrivato, abbiamo compreso che il sistema neoliberista non funzionava. Capirlo è costato e la risposta al fallimento di questo modello è stata l’esplosione della rabbia sociale.

La singolarità di questo processo è il modo in cui questa rabbia si è espressa politicamente. I partiti di centrosinistra della Concertación hanno consentito il radicamento del neoliberismo e per questo hanno perso clamorosamente le elezioni. L’alternanza Bachelet-Piñera è stata emblematica in questo senso e i cittadini hanno smesso di vedere differenze fra le due coalizioni. Il voto a sinistra dei cileni è un voto contro il modello neoliberista, qualunque sia il partito che lo rappresenti.

Il Cile è stato il laboratorio del neoliberismo. Sarà anche la tomba?

Speriamo di sì ma io sono molto cauta. Per ora abbiamo vinto le elezioni. Adesso dobbiamo vincere nella struttura sociale ed economica. Quello che faremo, se lo faremo bene, sarà un riferimento che la sinistra di tutto il mondo dovrà tenere in considerazione per il suo percorso politico, perché noi siamo il Paese in cui il neoliberismo è nato.

Già abbiamo dimostrato che il neoliberismo non è il cammino, perché quell’immagine di miglior Paese al mondo è stata distrutta dalla sollevazione sociale. Adesso dovremo dimostrare che da questo processo nascerà un nuovo modello e questo è il nostro attuale compito.

 

*Clara Statello, laureata in economia politica all’Università di Siena, collabora come giornalista con la rivista internazionale Sputnik Italia. Segue la politica internazionale e si occupa dal 2015 dei movimenti progressisti e antimperialisti in America Latina.