di Caterina Maggi
Pagine Esteri, 4 ottobre 2021 – I palazzi del potere, in Qatar, restano territorio solo per maschi, luoghi proibiti alle donne. È questa la sintesi del risultato del voto per le prime elezioni legislative del paese: dei 30 posti disponibili per la Majlis al-Shura (l’organo consultivo qatariota) nessuno andrà a una delle 26 candidate che hanno tentato la campagna elettorale. Alle donne che si sono buttate nella mischia politica non resta che sperare in quei 15 posti rimanenti, che l’emiro assegnerà a sua discrezione, e sperare che almeno qualcuno di questi venga assegnato a una signora.
Eppure, almeno i numeri dell’affluenza avevano fatto sperare: il 63,5% dei cittadini ha espresso la sua preferenza, un risultato decisamente migliore rispetto alle comunali del 2019, quando solo un qatariota su dieci aveva votato. Ciononostante, le donne, che rappresentano il 10% sul totale dei candidati che si sono presentati, non sono riuscite a sfondare un muro che in molte definiscono culturale, come ad esempio l’attivista Dania Thafer, prima che politico. Certo gareggiare in 26 contro una folla di candidati maschi non ha aiutato: Aisha Jassim al-Kuwari, ad esempio, nel suo distretto ha dovuto combattere con altre quattro donne contro 14 contendenti uomini. In generale la sproporzione tra i due sessi è stata nettissima e generalizzata. Un riflesso di una società in cui le donne certo si stanno facendo strada: sempre più cittadine in Qatar sono al centro di imprese e campagne di beneficenza, è amministrato da una donna il ministero della Salute e quello degli Esteri annovera tra i suoi dipendenti una portavoce.
Ma se alla radice, nella vita di tutti i giorni che va avanti per le strade, le donne sono costrette per legge a chiedere un permesso scritto ai propri mariti o padre per qualsiasi attività, era utopia sperare che su un piano più ampio avrebbero avuto la possibilità di autodeterminarsi, “scippando” agli uomini una prerogativa che per secoli è stata esclusivamente maschile: il potere. Se si aggiunge che molte attiviste, che protestavano per ottenere una legge elettorale più equa, sono ancora in carcere e non hanno potuto partecipare al dibattito politico, si capisce che le elezioni, anche se magari non strettamente truccate, sono state organizzate in modo da far vincere la parte maschile del cielo.
Non è solo una questione di genere, comunque. La presenza di candidate donne nella Shura è sostenuta in prevalenza da giovani e giovanissime. Alcune di loro commentano: «Non sono felice perché molti dei vincitori sono uomini; alcuni di loro vecchi». Il divario oltre che essere di genere è anche generazionale, con una gioventù qatariota femminile sempre più legata a una generale modernizzazione dell’Islam politico. Una rivoluzione dei costumi che passa in buona parte dai social network e che in tutto il mondo (come molte istanze dei giovani) corre sempre qualche passo in anticipo su vecchi sistemi istituzionali. Anche se, come ammette Al-Maha Al-Majid (ingegnera industriale di 34 anni tra le candidate), bisogna fare più sforzi pure in senso più strettamente di genere, “anche per convincere gli uomini a votarci”. Uno spiraglio di speranza saranno le prossime decisioni dell’Emiro, Tamīm bin Ḥamad Āl Thānī, che potrebbe applicare una strategia simile a quella verificatasi in Bahrein e decidere di assegnare lui qualche seggio alle donne: 15 dei 45 posti nell’organo consultivo, infatti, vengono assegnati a sua discrezione. Tuttavia, non è stato ancora annunciato né quando questa decisione verrà presa, né quando ci sarà la prima elezione del consiglio. D’altra parte, non è che la Shura abbia chissà quale potere sulla politica interna qatariota: si tratta di un organo che ha le prerogative di approvare, rigettare e proporre misure di legge e controllare il budget di Stato, e su cui in ogni caso l’emiro dispone del potere di veto; più un organo consultivo che non un vero e proprio parlamento.
Ma come sottolinea la popolare scrittrice Ebtesam al-Saad: «Abbiamo perso la battaglia per la vittoria, ma abbiamo vinto la guerra per la rappresentatività!». In generale, nonostante la cocente delusione di alcune – soprattutto delle elettrici che hanno votato le candidate sperando nel cambiamento – chi sperava che la batosta scoraggiasse le ragazze del Qatar si è sbagliato: adesso che il gioco si fa duro, nessuna qatariota ha intenzione di mollare. Ora la battaglia e continuare a fare pressione sulla società per abolire o riformare alcune norme chiave conservatrici che ostacolano l’accesso alla politica delle donne e delle nuove generazioni, come la legge che impedisce alle donne qatariote sposate con stranieri di poter trasmettere la cittadinanza ai figli. Se la strada per l’uguaglianza in Qatar è ancora lunga, le qatariote sono disposte a percorrerla tutta, anche se si tratta di un percorso a ostacoli. Pagine Esteri