di Davide Matrone – 

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Pagine Esteri, 13 dicembre 2022 – La situazione in Perù è incandescente. La giornata del 12 dicembre ha generato un cambiamento brusco e repentino della realtà del paese in pieno caos. Ieri si è registrato un botta e risposta tra il presidente destituito e detenuto Pedro Castillo e la neo Presidente Dina Boluarte. Dopo sei giorni di detenzione, Castillo dal carcere continua a inviare una serie di scritti attraverso il suo legale denunciando i soprusi e i maltrattamenti subiti. Dichiarazioni scritte che hanno acceso gli animi della popolazione peruviana che nelle ultime ore ha invaso le piazze e le strade di molte città del paese. Lima, Arequipa, Huancabamba, Piura, Ayabaca, Chota, Cusco, Puno, Trujillo, Ucayali ed Andahuaylas, sono solo alcune delle zone calde di questa rivolta popolare che si è incrementata nelle ultime 48 ore. La zona centro sud del Perù è praticamente in rivolta e purtroppo bisogna già fare i conti coi primi 4 morti nelle zone di Andahuaylas e Huancabamba dove anche due scolari minorenni hanno perso la vita durante le manifestazioni popolari. Dina Boluarte viene attaccata ora dai manifestanti con maggior vigore e rabbia per la morte dei due adolescenti.

Ci sono alcune rivendicazioni ferme e precise da parte del popolo peruviano: scarcerazione immediata dell’ex Presidente Pedro Castillo e Convocazione di una Nuova Assemblea Costituente. Quest’ultima è maturata negli anni nella società peruviana e dagli ambienti accademici ha poi conquistato i settori dei contadini e lavoratori del paese. La più grande manifestazione per la Nuova Assemblea Costituente si ebbe nel novembre del 2020 quando milioni di peruviani, in rappresentanze delle forze politiche rivoluzionarie e progressiste del paese, scesero in piazza per chiedere la fine della Costituzione liberista e fascistoide dell’epoca del Fujimorismo. Nel programma elettorale di Pedro Castillo, durante le elezioni del 2021 c’era anche appunto quella della Convocazione dell’Assemblea Costituente. Nonostante i buoni propositi però non c’è stato poi il tempo di metterla in pratica. Nella giornata di ieri l’ex presidente del Perù si è espresso con le seguenti parole attraverso il suo twitter: “Caro, grandioso e paziente popolo peruviano. Io, Pedro Castillo, è lo stesso che 16 mesi fa venne eletto dal popolo per essere Presidente Costituzionale della Repubblica. Vi parlo nel momento più difficile del mio governo umiliato, incomunicato, maltrattato e sequestrato ma ancora investito della fiducia del popolo sovrano, ma anche intriso dello spirito glorioso dei nostri antenati. Vi parlo per ribadire in modo incondizionato di essere fedele al mandato popolare e costituzionale che ricopro come Presidente. Non abbandonerò e non mi dimetterò dalle mie alte e sacre funzioni. Quanto è stato detto recentemente da una usurpatrice del potere è quanto vuole la destra golpista del paese. Pertanto, il popolo non dovrebbe innamorarsi del suo sporco gioco di chiedere elezioni anticipate. Basta con gli abusi. Assemblea Costituente, ora. Libertà immediata”.

Queste parole dure e ferme di Castillo vengono immediatamente dopo alle dichiarazioni di Dina Boluarte che ha dichiarato alla Nazione: “All’assumere l’incarico di Presidente ho ribadito sin dal primo minuto che il mio governo avrebbe cercato il dialogo e la concertazione con tutti per il bene del paese. Governare significa rappresentare gli interessi di tutti i peruviani. Il mio dovere come Presidente della Repubblica è leggere ed interpretare le aspirazioni del popolo peruviano. Mi assumo la responsabilità di realizzare un dialogo con il Congresso ed anticipare le elezioni per il prossimo anno”. Una serie di affermazioni vuote e piene di retorica che non convincono per niente il popolo in lotta se non gli interessi delle elite peruviane. Le dichiarazioni di Boluarte sembrano uscite da un copione già ascoltato e visto in Ecuador con l’allora Presidente Lenin Moreno che con la scusa del dialogo e della concertazione aprì la strada allo smantellamento dello stato sociale costruito coi 10 anni di Rafael Correa. Dina Boluarte va per lo stesso cammino a quanto pare.

Intanto anche il popolo indigeno del Perù si è unito alle proteste in difesa del programma politico del Presidente Castillo. Nella giornata del 12 dicembre, le nazionalità indigene del Perù hanno espresso la volontà di realizzare una marcia in tutto il paese attraversolo da nord a sud. In una conferenza stampa all’aperto hanno rilasciato le seguenti parole: “Non hanno permesso di lavorare il governo. Questo Congresso ha frenato l’iter di almeno una sessantina di progetti di legge a favore dei contadini e dei lavoratori che erano parte del programma elettorale di Castillo. Il Congresso in modo frenetico e arbitrario ha destituito il Presidente e ora lo vuole anche già sentenziare. Il popolo indigeno del Perù non può restare in silenzio di fronte a questo delitto perpetuato dal Congresso. Quindi, ci stiamo organizzando e stiamo allertando tutto il popolo affinché giunga fino a Lima per circondare e chiudere il Congresso del paese”.

Nel frattempo a livello continentale, in un comunicato congiunto, le cancellerie dei governi di Colombia, Bolivia, Messico ed Argentina non riconoscono Dina Boluarte come Presidente Costituzionale del Perù. Allo stesso tempo esprimono la loro preoccupazione per le sorti dell’ex Presidente Castillo che è stato vittina di un atto antidemocratico come sanzionato nell’articolo 23 della Convezione Americana sui Diritti Umani ratificato nel Patto di Costa Rica, approvato il 22 novembre del 1969. Inoltre, lo stesso Pedro Castillo è stato oggetto di un trattamento giuridico violento in violazione dell’articolo 25 della stessa Convenzione. I quattro governi latinoamericani dichiarano, oltretutto, che venga accettata la volontà del popolo peruviano attraverso le urne, nuovamente. Pagine Esteri