di Patrizia Zanelli
(la foto di Mohammed Sgaier Awlad Ahmad è dal Festival della Letteratura del Mediterraneo)
Pagine Esteri, 18 gennaio 2022 – Se un giorno il popolo vorrà vivere / il destino lo dovrà assecondare
La notte dovrà dissiparsi / e le catene si dovranno spezzare.
Questi versi iniziali del poema “La volontà di vivere”, composto nel 1933 dal giovane poeta romantico tunisino Abu al-Qāsim al-Shabbi (1909-1934), ispirarono lo slogan più famoso della primavera araba del 2011: “Il popolo vuole la caduta del regime”. La scintilla delle rivolte esplose in più paesi dell’area era partita proprio dalla Tunisia, il 17 dicembre 2010, quando il ventiseienne venditore ambulante Mohamed Bouazìz si era dato fuoco in segno di protesta contro la disoccupazione e le vessazioni di uno Stato poliziesco.
Ciò avveniva precisamente a Sidi Bouziz, capoluogo della regione in cui era nato Mohammed Sgaier Awlad Ahmad (1955-2016), considerato il poeta della stessa rivoluzione della dignità, sfociata nella caduta del regime di Zine El Abidine Ben ʿAli (1936-2019), il 14 gennaio 2011. Da lì a poco l’autore finì di comporre “La poesia della farfalla”, in cui propone un monologo immaginario di Mohamed Bouazìz, per commemorare l’auto-immolazione del giovane ambulante, morto dopo 18 giorni di ricovero in un ospedale di Ben Arous per le gravi ustioni riportate su oltre il 90% del corpo a seguito di quel gesto disperato, che aveva subito acceso le proteste popolari pacifiche in Tunisia. Il poeta incluse questa elegia e altri cinque componimenti nella raccolta “Diario della Rivoluzione”[1], pubblicata per la prima volta a livello internazionale in traduzione italiana da Lushir, nel settembre 2011.
Il piccolo volume in effetti contiene opere rappresentative di varie fasi della produzione poetica di Awlad Ahmad, che era originario di un villaggio situato in una regione semidesertica, povera e marginalizzata da ogni regime tunisino. L’infanzia vissuta in condizioni sociali difficili si rispecchia in molti testi dell’autore che era anche un giornalista e prosatore, voce del dissenso laico libertario sin dall’epoca dell’involuzione anti-democratica di Habib Bourghiba (1903-2000), padre socialista della Tunisia indipendente.
Awlad Ahmad si era politicizzato, mentre compiva gli studi secondari a Tunisi, partecipando al vibrante movimento studentesco degli anni ’70 e inserendosi nella sinistra tunisina. In quel periodo aveva anche iniziato a frequentare gli ambienti letterari della capitale. Dopo il diploma, andò in Francia per studiare psicologia all’Università di Reims. Tornato in Tunisia, iniziò la carriera giornalistica, scrivendo editoriali per quotidiani e periodici. Fu così che scoprì il proprio talento poetico e all’età di venticinque anni cominciò a scrivere poesie. Il suo primo componimento famoso è “L’inno dei sei giorni”, del 1984, dedicato alla “rivolta del pane” del gennaio di quell’anno, esplosa in risposta alle politiche neoliberiste adottate dal governo bourghibista. Il poema divenuto subito popolare fu bandito dal regime, e il poeta stesso fu incarcerato per poco tempo per avere partecipato a un sit-in a sostegno dell’Unione Generale Tunisina del Lavoro.
Nel 1987, invece, fu arrestato a Tunisi, mentre usciva da un bar, e poi condannato a un mese di carcere per stato di manifesta ubriachezza in luogo pubblico; a seguito della detenzione fu inoltre licenziato. Nel novembre di quell’anno salì al potere Ben Ali, destituendo l’anziano Boughiba con un colpo di Stato militare definito “medico”. Nel 1988, Awlad Ahmad poté finalmente pubblicare “Inno dei sei giorni” in un’omonima raccolta, la prima della sua carriera letteraria, seguita da “Ma io sono Ahmad” e da “Non ho problemi”, entrambe del 1989, e da “Il Sud dell’acqua”, del 1991. D’altra parte, tuttavia, l’autore era già entrato nel mirino non solo del regime di Ben Ali, ma anche dei seguaci dell’oscurantismo religioso cresciuto in Tunisia e altrove nel mondo arabo insieme al neoliberismo. Fu addirittura condannato a morte per apostasia dallo Sheikh Yusuf Qaradawi (1926-2022); e lui rispose a questa fatwa, una vera istigazione a ucciderlo, sporgendo querela contro lo stesso islamista qatariota di origine egiziana legato ai Fratelli Musulmani, che l’aveva emessa. Sentendosi perseguitato da tutti coloro che non sopportavano la sua penna graffiante, e osteggiato perfino da alcuni progressisti e capo redattori tunisini, nel 1992, Awlad Ahmad cominciò a comporre a Casablanca il poema “Il testamento”, che completò in Tunisia e pubblicò su più giornali arabi divenendo celebre nell’intera regione. Fu elogiato dal grande poeta palestinese Mahmud Darwish (1941-2008), che lo aveva ispirato più d’ogni altro e con cui condivideva la propensione a raccontare come un cronista attento l’evoluzione storico-culturale della propria società.
Nel 1993, Awlad Ahmad riuscì a realizzare un vecchio sogno nel cassetto, diventando il fondatore e direttore della Maison de la Poésie (Bayt al-Shi‘r), istituita dal ministero della Cultura tunisino. Ben Ali cercava di presentarsi come un grande ammiratore e patrocinatore del poeta della “rivolta del pane”, che aveva preannunciato la fine del regime di Bourghiba, soltanto per promuovere la sua stessa immagine in Tunisia e soprattutto in Occidente. Il dispotico Presidente tunisino introduceva infatti riforme costituzionali puramente cosmetiche per darsi un minimo di parvenza democratica, falsità che diffondeva tramite la propaganda mediatica di Stato, ottenendo così il benestare degli Stati Uniti e dei paesi europei con cui era alleato. Awlad Ahmad era consapevole di questi giochi politici, che denunciava nei suoi testi; quindi, nel 1997, lasciò l’incarico alla Maison de la Poésie. Ripubblicò “Il testamento” in un’omonima raccolta del 2002 e poi lo incluse anche in “Diario della Rivoluzione”, volume che si apre con la poesia “Tunisia: qui e ora”, composta durante la fase iniziale della rivolta nata dalle “ceneri creative” del giovane ambulante Mohamed Bouazizi.
Dopo il successo delle proteste risultate nella fuga di Ben Ali in Arabia Saudita, Awlad Ahmad continuò a partecipare attivamente al processo di democratizzazione della Tunisia. Aveva paragonato la rivoluzione stessa, nata senza un progetto o inquadramento ideologico preciso, a un’opera poetica moderna che, a differenza di una poesia classica, nasce quasi spontaneamente, a partire da un’immagine o una parola viene costruita di giorno in giorno. Awlad Ahmad scriveva nutrendosi dei nuovi stimoli che riceveva man mano dalla realtà che lo circondava e con cui interagiva, usando un linguaggio puntualmente attuale, semplice, incisivo, vicino al colloquiale e spesso provocatorio. Adottò un metodo compositivo legato all’oralità e un lessico richiamante la quotidianità. Si serviva di assonanze e ripetizioni per conferire un ritmo particolare ai suoi componimenti, rendendoli facili da leggere, memorizzare, recitare e cantare. Durante le serate poetiche, con acompagnamento musicale, infatti, il pubblico li cantava insieme al poeta stesso. Awlad Ahmad creò esclusivamente poesie in prosa, ricche di metafore e perlopiù segnate dall’ironia, occupandosi di svariati temi, come l’amore, l’amicizia e la musica, mentre tendeva a improntare all’umorismo nero i testi di denuncia politica e sociale, usando talvolta il gergo giornalistico. Per ragioni che non riguardano lo stile poetico, si sentiva – ed è considerato – erede del già citato Abu al-Qāsim al-Shabbi, giovane poeta romantico, nella vita anticonformista, personaggio scomodo per le autorità governative e religiose tunisine degli anni ’20, e tuttora amato in quanto simbolo di libertà nel mondo arabo in genere.
La vittoria del partito islamista conservatore Ennahdha alle prime elezioni democratiche della Tunisia post-Ben Ali fu una battuta d’arresto del processo rivoluzionario a cui Awlad Ahmad rispose, come sempre, con la scrittura. Nel 2012, espresse le sue idee laiche, criticando apertamente il nuovo governo, durante un programma televisivo, e da lì a poco fu aggredito da alcuni cosiddetti “salafiti”, rappresentanti dell’islamismo più oscurantista. L’autore non smise mai di opporsi al totalitarismo di qualsiasi matrice fosse e alla relativa cultura del terrore; per farlo, usava “le bombe della poesia e i fulmini della prosa”, come lui medesimo definì i suoi strumenti culturali in un post pubblicato su Facebook. Lottò con altrettanta determinazione contro il cancro scoperto troppo tardi e di cui morì il 5 aprile del 2016, proprio il giorno prima del suo sessantunesimo compleanno. Nella prefazione a “Diario della Rivoluzione”, Mohammed-Salah Omri afferma che, dopo Abu al-Qāsim al-Shabbi, con cui condivideva la libertà di spirito, Awlad Ahmad è senz’altro il poeta tunisino più riconosciuto come tale. “Celebrato dalle voci della protesta, bandito dalle autorità politiche e religiose, ribelle nel vero senso del termine, bohèmien ma sempre prolifico”, era stato dagli anni ‘80 in poi l’intellettuale più rappresentativo della cultura della contestazione nella storia della Tunisia indipendente. Pagine Esteri
Per PAGINE ESTERI, Annalisa Comes legge tre componimenti della raccolta “Diario della Rivoluzione” di Mohammed Sgaier Awlad Ahmad: “Tunisia: ora e qui”, “La poesia della farfalla” e “Il testamento”.
Patrizia Zanelli insegna Lingua e Letteratura Araba all’Università Ca’ Foscari di Venezia. È socia dell’EURAMAL (European Association for Modern Arabic Literature). Ha scritto L’arabo colloquiale egiziano (Cafoscarina, 2016); ed è coautrice con Paolo Branca e Barbara De Poli di Il sorriso della mezzaluna: satira, ironia e umorismo nella cultura araba (Carocci, 2011). Oltre a Diario della Rivoluzione, ha tradotto diverse altre opere letterarie, tra cui il romanzo Memorie di una gallina (Istituto per l’Oriente “C.A. Nallino”, 2021) dello scrittore palestinese Isḥāq Mūsà al-Ḥusaynī e la raccolta poetica L’autunno, qui, è magico e immenso (Il Sirente, 2013) del poeta curdo-siriano Golan Haji. Ha curato con Sobhi Boustani, Rasheed El-Enany e Monica Ruocco il volume: Fiction and History: the Rebirth of the Historical Novel in Arabic. Proceedings of the 13th EURAMAL Conference, 28 May-1 June 2018, Naples/Italy (Istituto per l’Oriente “C.A. Nallino”, 2022).
Annalisa Comes è una poetessa, scrittrice, saggista e traduttrice dal francese. Per le sue poesie ha vinto diversi premi tra cui: Premio Internazionale «Eugenio Montale», «Dario Bellezza», «Giuseppe Piccoli», «Artisti di strada» (comune di Colmurano); Premio Speciale 2007 «Città di Roma». Ha pubblicato le raccolte di poesie: Alberi a fronte (Coazinzola, 2018) Il corpo eterno (Gazebo, 2015), Fuori dalla terraferma (Gazebo, 2011), Racconti italoamericani (L’Harmattan, 2007), Ouvrage de dame (Gazebo, 2004); il libro di brevi prose L’Airone (Ensemble, 2020); i saggi Astrid Lindgren. Una vita dalla parte dei bambini (Castelvecchi, 2017) e In Francia mi si è gelato il cuore. L’esilio francese di Marina Cvetaeva :1925-1939 (Castelvecchi, 2016).
Costanza Ferrini è una comparatista di formazione filosofica, ricercatrice indipendente, saggista e artista. Si occupa di letteratura e cultura contemporanea del Mediterraneo. È stata corrispondente per l’Italia della rivista culturale La pensée de midi. Tra il 1997 e il 2002 ha progettato e curato la sezione letteraria della casa editrice Mesogea. Ha fatto parte per dieci anni del Comitato Scientifico del Festival di Letteratura Mediterranea di Lucera, di cui è stata anche direttrice artistica. Dal 2013, si dedica alla creazione di opere che coniugano scrittura e disegno, sia su argilla che su carta. I suoi lavori sono stati esposti in mostre collettive e personali organizzate in diverse città italiane ed europee. Ha pubblicato la monografia Venature mediterranee. Dialogo con scrittori di oggi (Mesogea, 1999). Oltre a Diario della Rivoluzione di Awlad Ahmad, ha curato molti altri volumi, fra cui la raccolta di poesie e opere d’arte di autrici di vari paesi, Di acqua e di tempo/Of Water and Time (Aiep, 2022), e l’antologia in due volumi Lingue di mare, lingue di terra (Mesogea,1999-2000).
Mohammed-Salah Omri è professore associato di Letteratura Araba e Comparata presso l’Università di Oxford. Si occupa specialmente di narrativa, di studi mediterranei, della percezione moderna dell’Islam in Occidente e di rivoluzioni arabe. Ha pubblicato le monografie: Confluency (Tarafud) Between Trade Unionism, Culture and Revolution in Tunisia (UGTT information and documentation unit, 2016) e Nationalism, Islam and World Literature: Sites of Confluence in the Writings of Mahmud al-Mas’adi (Routledge, 2006). Ha curato: con Mohsen El Khouni e Mouldi Guessoumi, University and society in the context of Arab revolutions and new humanism, (Rosa Luxembourg Foundation, 2016); con Maria Fusaro e Colin Heywood, Trade and cultural exchange in the early Modern Mediterranean: Braudel’s maritime legacy (Tauris, 2010); e The Novelization of Islamic Literatures: the intersections of Western, Arabic, Persian, Urdu and Turkish Traditions in Comparative Critical Studies, 2007.
1) Mohammed Sgaier Awlad Ahmad, Tūnis al-ān wa hunā. Diario della Rivoluzione, a cura di Costanza Ferrini, Prefazione di Mohammed-Salah Omri, tr. Patrizia Zanelli, Lushir, 2011.