della redazione
Pagine Esteri, 25 maggio 2023 – Occorre fermare l’uso della fame come arma di guerra. E’ questo l’appello che lancia la ong internazionale Azione contro la Fame che in uno studio – “No matter who’s fighting, hunger always wins” – appena pubblicato dimostra come i conflitti e la violenza, che sono il principale motore della fame, minacciano la sicurezza alimentare di milioni di persone nel mondo.
L’85% dei 258 milioni di persone in condizioni di crisi alimentare, vive in un Paese in conflitto, scrive Azione contro la Fame, aggiungendo che pee 117 milioni di esseri umani i conflitti rappresentano la causa principale e diretta della fame.
L’organizzazione globale mette in luce come sia la fame, in fin dei conti, ad avere la meglio in ogni conflitto e come a pagare il prezzo maggiore siano sempre i civili. Il report analizza i dati di un’ampia gamma di conflitti armati in tutto il mondo per identificare le connessioni specifiche e complesse tra guerre e fame.
Il 24 maggio di cinque anni fa, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adottava all’unanimità la Risoluzione 2417, che riconosce il legame mortale tra conflitti e fame e dichiara che l’uso della fame come arma può costituire un crimine di guerra. Nonostante questa iniziativa storica, da allora non è stato aperto alcun procedimento giudiziario per crimini legati alla fame e l’insicurezza alimentare causata dai conflitti è in aumento.
“Le guerre sono la principale causa di fame nel mondo, eppure sia i conflitti che la fame sono prevenibili. Ed è questo che li rende ancor più inaccettabili – ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione contro la Fame – l’allarmante recrudescenza della fame nel mondo va di pari passo con il numero e l’intensità crescenti dei conflitti armati e con la palese inosservanza del diritto umanitario internazionale da parte dei belligeranti”.
Il diritto umanitario internazionale, infatti, proibisce gli sfollamenti forzati, la contaminazione da mine e gli attacchi alla terra, al cibo, all’acqua e agli operatori umanitari, tuttavia, Azione contro la Fame e altre organizzazioni presenti in Paesi colpiti da conflitti lunghi e sanguinosi, riportano che queste azioni continuano ad essere compiute impunemente, privando le persone della possibilità di nutrire sé stesse e le loro famiglie. Basti pensare che nel 2022, 376.400 persone hanno sperimentato condizioni di carestia, ovvero il livello più estremo e mortale di fame, in Afghanistan, Burkina Faso, Haiti, Nigeria, Somalia, Sud Sudan e Yemen – tutti Paesi che affrontano conflitti prolungati o gravi condizioni di insicurezza.
Il rapporto di Azione contro la Fame include testimonianze dirette sull’impatto dei conflitti sulla sicurezza alimentare di molti Paesi, come Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo e Siria. Un intervistato siriano ha raccontato: “le persone armate in questo Paese non rispettano i civili e ciò provoca enormi sofferenze nella popolazione. Quest’anno abbiamo seminato le nostre terre con grano e orzo; la stagione del raccolto è molto vicina. Le piogge sono state scarse quest’inverno e non possiamo irrigare con l’acqua dei nostri pozzi perché tutte le attrezzature sono state saccheggiate”.
Il rapporto descrive nel dettaglio tutti i modi in cui la fame può essere usata come arma di guerra: sfollamenti forzati, distruzione o saccheggio dei raccolti, espropriazione dei terreni, distruzione delle infrastrutture e dei servizi essenziali, contaminazione dei terreni agricoli con le mine antiuomo e, non da ultimo, azioni che ostacolano l’accesso umanitario.
Infine, l’analisi offre raccomandazioni su come le parti in conflitto e gli Stati membri delle Nazioni Unite possono ridurre la fame causata dai conflitti e investire nella costruzione della pace per prevenire l’insicurezza alimentare.
Per sostenere le sue richieste, Azione contro la Fame ha lanciato una petizione in tutti i Paesi del suo network, chiedendo ai cittadini di aderire all’appello rivolto ai leader mondiali. Pagine Esteri