di Redazione
Pagine Esteri, 12 ottobre 2023 – Martedì scorso Vinai Kumar Saxena, vicegovernatore della regione della Capitale Delhi, ha confermato le accuse formulate contro la scrittrice e attivista sociale indiana Arundhati Roy. Insieme a lei è stato incriminato anche il professore di diritto internazionale dell’università del Kashmir Sheikh Showkat Hussain, che aveva solidarizzato con l’attivista.
Le accuse contro la vincitrice nel 1997 del Booker Prize con “Il dio delle piccole cose” risalgono ad un suo intervento formulato il 21 ottobre del 2010 nel corso di una conferenza a Nuova Delhi dal titolo “Libertà, l’unica via” incentrata sul diritto all’autodeterminazione del Kashmir, regione da tempo contesa tra l’India e il Pakistan e per la quale è in corso un conflitto pluridecennale tra i due paesi asiatici.
In quell’intervento e in vari articoli Roy denunciò la repressione e i soprusi compiuti dalla polizia e dalle forze armate indiane nei confronti dei movimenti per l’autodeterminazione del Kashmir – solo nel 2010 furono uccise 120 persone – e per tutta risposta l’attivista venne accusata di aver utilizzato un linguaggio provocatorio nei confronti delle autorità e di aver promosso la secessione della regione.
Durante la conferenza Roy aveva affermato che il Kashmir «non era mai stato parte integrante dell’India» e che lo stesso governo indiano ne era consapevole. La scrittrice era stata denunciata da un attivista induista che aveva accusato lei e altri partecipanti alla conferenza di «minacciare la pace e la sicurezza» e di «promuovere la secessione del Kashmir».
Ora, a ben 13 anni di distanza, il governo dell’India ha confermato le accuse per le quali Arundhati Roy dovrà essere ora processata. Se condannata per sedizione, la scrittrice potrebbe essere condannata a pesanti pene detentive. Altri due coimputati – Syed Ali Shah Geelani, un leader separatista del Kashmir, e Syed Abdul Rahman Geelani, un docente – sono nel frattempo deceduti.
Secondo molti analisti la decisione risponde alla volontà da parte del governo indiano di punire la scrittrice per i suoi interventi apertamente critici nei confronti delle politiche del premier nazionalista e conservatore Narendra Modi, spesso accusato di aver adottato misure di limitazione alla libertà di espressione e di criminalizzare le proteste politiche e sociali. Modi e il suo partito di destra hanno spesso fomentato, negli ultimi anni, le persecuzioni della maggioranza induista nei confronti della minoranza musulmana. In alcuni casi tali persecuzioni sono sfociate in veri e propri pogrom che hanno causato centinaia di morti, come in Gujarat nel 2002. – Pagine Esteri