di Geraldina Colotti –
Pagine Esteri, 14 maggio 2024. “È cominciato il golpe blando, vogliono la rottura istituzionale”. Così, il presidente della Colombia, Gustavo Petro, ha definito la decisione della massima autorità elettorale, il Cne (Consejo Nacional Electoral), di esaminare la richiesta di due magistrati che vorrebbero denunciarlo per presunte irregolarità durante la campagna elettorale. I due sono Alvaro Hernan Prada, ex deputato del partito conservatore Centro democratico, e Benjamin Ortiz, ex segretario generale del Cne. Sostengono che il Patto Storico – la coalizione di nove partiti di sinistra e progressisti che ha portato Petro alla presidenza nell’elezione del 2022 -, avrebbe commesso irregolarità sia nel primo che nel secondo turno della campagna presidenziale. E coinvolgono nelle accuse anche il presidente della compagnia petrolifera statale Ecopetrol, Ricardo Roa.
Benché l’organismo elettorale non abbia facoltà di processare un capo di Stato, qualora l’esposto venisse votato da almeno sei dei nove membri del Cne riunito in plenaria, il caso potrebbe andare avanti; ed essere presentato alla Commissione per le Accuse del Parlamento che, invece, può iniziare un procedimento giudiziario. Il Pacto Histórico ha presentato al Cne una istanza di ricusazione nei confronti di Prada: perché – sostiene – non presenta adeguate garanzie di imparzialità.
L’ex deputato del Centro Democrático ha infatti dovuto rinunciare al seggio nel 2021 per evitare di rispondere alle accuse di corruzione: per aver cercato, soprattutto, di far cambiare versione a un ex paramilitare che aveva indicato l’ex presidente Alvaro Uribe (che ha governato dal 2002 al 2010) come padrino e facilitatore dei gruppi paramilitari colombiani.
Il presidente ha così pronunciato un accorato e articolato discorso per chiedere al popolo di organizzare una mobilitazione ancora più partecipata di quella vista il 1° di maggio, che è parsa una poderosa risposta alle ripetute manifestazioni della destra, organizzate ad aprile. Allora, oltre 200.000 persone avevano manifestato in diverse città colombiane – Bogotá, Medellin, Cali, Barranquilla e in altre 18 – mostrando l’opposizione dell’oligarchia alle riforme sociali che i settori popolari si aspettano del governo Petro: a partire dalla riforma agraria, storica rivendicazione che ha dato avvio alle due longeve guerriglie – le Farc e l’Eln – dopo la chiusura degli spazi di agibilità politica per l’opposizione, sancita con l’assassinio del leader liberale Eliecer Gaitán, nel 1948.
Il 3 agosto del 2023, a 29 anni dalla promulgazione della legge 160 del 1994 che avrebbe dovuto affrontare il problema del latifondo, ma che non è stata applicata, il governo Petro ha deciso di riattivare la riforma agraria in un luogo emblematico: il Coliseo de Ferias de Sincelejo, che funzionava come carcere per i contadini che occupavano le terre, negli anni ’70 e ’80, e che reclamavano la riforma agraria. Da allora, in meno di un anno, Petro ha cercato di saldare il debito con i contadini anche riscattando le terre dai latifondisti e dagli allevatori, per dedicarle alla produzione di alimenti, chiamando a raccolta tutti gli attori sociali.
Oggi, la terra continua a essere distribuita alle comunità rurali o alle famiglie sfollate a causa del conflitto armato che il governo sta faticosamente cercando di portare a termine, realizzando gli accordi di pace con i resti delle due guerriglie ancora in attività. Accordi firmati (al ribasso), nel 2016 con l’allora governo Santos.
Fuori da quegli accordi, che la destra aveva fatto di tutto per depotenziare, rimasero i combattenti guevaristi dell’Eln, con cui i negoziati erano ripresi nel 2022, dopo la vittoria elettorale di Petro. A dicembre dell’anno scorso, nel quinto ciclo di negoziati che si è svolto a Città del Messico, le due parti avevano convenuto la fine dei sequestri economici da parte dell’Eln. Ma ora, a fronte dell’insorgere di nuove frizioni e della rottura delle trattative su questo punto, c’è incertezza sull’incontro previsto a Caracas, tra il 20 e il 25 maggio, in cui si dovrebbe firmare un nuovo intendimento.
La mancata realizzazione dei punti accordati nel 2016, aveva spinto di nuovo in clandestinità il dirigente delle Farc, Ivan Marquez, uno dei negoziatori dell’Avana, che in seguito si pensava caduto in combattimento. Ora, invece, dopo due anni, è ricomparso in un video, trasmesso in esclusiva dal sito web del quotidiano spagnolo El País.
“Noi difendiamo il diritto della gente comune alla salute, all’occupazione e alla casa. Basta con la privatizzazione dei servizi pubblici, che oggi sono diventati un ignobile business delle imprese nazionali e straniere. Il popolo è l’autorità legittima. Tutte le istituzioni statali devono rispettarne la volontà. Non bisogna mai dimenticare che il sovrano è il popolo, e i diritti del popolo prevalgono sull’ambizione di ricchezza delle oligarchie e delle multinazionali,” ha detto Marquez nel video.
Le sue parole sono state interpretate come un sostegno all’intenzione di Petro di indire un’Assemblea Costituente, come ha annunciato nel suo discorso del 1° maggio, e come aveva anticipato di fronte allo stallo sulle riforme, dovuto al blocco dell’oligarchia. La coalizione di Petro ha la maggioranza al Senato ma non in Parlamento, dove si è vista respingere uno dopo l’altro tutti i progetti proposti per avanzare verso la riforma del sistema sanitario, pensionistico e del lavoro a favore dei settori popolari. L’ultima sconfitta è di questa settimana, quando il Senato ha affossato la riforma del sistema sanitario.
Intanto, la Corte Costituzionale ha accolto una denuncia presentata, sempre dal Centro Democrático. E ha dichiarato inapplicabile la Legge 2281, del 2023, con cui fu creato il Ministero dell’Uguaglianza e dell’Equità, diretto dalla vicepresidenta Francia Márquez perché non avrebbe ben calcolato l’impatto fiscale. Ora, il governo e il Parlamento dovranno mettersi a norma entro il 2026.
A due anni dalla sua elezione, Petro, un politico navigato con un passato nella guerriglia dell’M-19, non ha vita facile, in un paese che pullula di basi militari statunitensi e dove i governi di sinistra sono sempre durati poco. Come ha spiegato nella sua biografia dal titolo Una vida, muchas vidas (edita da Planeta), il presidente ne ha contezza. Tanto più oggi che ha deciso di schierarsi nettamente a favore del popolo palestinese, scontrandosi direttamente con Netanyahu, denunciandolo alla Corte Penale Internazionale. Un cambiamento enorme, considerando che la Colombia, per gli Usa, è sempre stata il suo gendarme principale in America latina, come Israele lo è in Medioriente.
E, infatti, per denunciare le manovre destabilizzanti della destra, Petro ha evocato il clima che ha portato a precedenti massacri come quello dell’Union Patriotica Up). Up fu un partito fondato nel 1985 dalle Farc e dal Partito comunista colombiano, come parte di un passaggio politico nato dagli accordi di pace firmati tra la guerriglia e l’allora governo di Belisario Betancur. Dopo la vittoria elettorale di Up, oltre 5.700 persone, fra deputati e militanti, verranno assassinati.
“Dobbiamo avere chiaro che era molto difficile far accettare le regole del gioco democratico in un paese come la Colombia”, dove l’oligarchia non accetta “la Costituzione del 1991”, ha detto Petro, annunciando nuovi progetti sociali a favore dei meno favoriti. Quindi, ha invitato “ogni donna, ogni giovane delle classi popolari, ogni lavoratore, a cambiare la storia, ad approfondire la democrazia”. E ha chiesto a “tutti i soldati, a tutti gli ufficiali e sottufficiali a non rivolgere i fucili contro il popolo colombiano quando si esprime e manifesta”.
E così ha concluso: “Io proseguirò fino a dove mi indica il popolo. Se il popolo dice: più avanti, più avanti andrò. Senza timore, senza paura, andremo fin dove ci ordina il popolo colombiano”. Verso un processo costituente, che rimetta in primo piano la volontà popolare. Pagine Esteri