di Redazione
Pagine Esteri, 21 giugno 2024 – Per la prima volta, in Perù, un tribunale ha condannato degli ex appartenenti alle forze armate ritenuti colpevoli di aver violentato un certo numero di donne durante gli anni ’80 del secolo scorso.
Sebbene con 40 anni di ritardo, mercoledì scorso un tribunale di Lima ha infatti condannato dieci ex militari per crimini contro l’umanità, riconoscendo che gli stupri furono utilizzati come “un metodo di intimidazione” nell’ambito della repressione della guerriglia maoista di Sendero Luminoso.
Gli imputati sono stati condannati a pene tra i 6 e i 12 anni di carcere e a risarcire con l’equivalente di 24 mila euro ciascuna delle nove vittime accertate (o le loro famiglie in caso di decesso), tutte donne delle comunità Quechua di Vilca e Manta, nella regione andina di Huancavelica, nel sud del Perù.
Nel corso del procedimento, durato più di cinque anni, gli avvocati delle difesa hanno tentato di distorcere e di sminuire le testimonianze delle vittime, sostenendo che i rapporti sessuali fossero consensuali e che le accuse di stupro nei confronti dei militari fossero il frutto della propaganda dei gruppi di estrema sinistra.
La Corte Penale Nazionale di Lima, però, ha provato che i soldati violentavano sistematicamente ragazze e donne locali all’interno delle loro basi militari, ai posti di blocco e nelle case delle vittime.
Sei delle nove vittime hanno assistito alla lettura della sentenza, assistite dai legali e dagli attivisti del Demus (Studio per la difesa dei diritti delle donne), un’organizzazione che fornisce sostegno legale e psicologico anche ad altre donne.
«Eravamo ragazze giovani. I militari arrivavano nelle zone rurali dove realizzavano stupri, torture, abusi e uccisioni» ha raccontato Maria, ora 54enne, che quando fu violentata – nel 1984 – aveva soltanto 14 anni e che a causa delle violenze sessuali subì due gravidanze.
«È il primo caso con queste caratteristiche ad arrivare a una sentenza nella storia sudamericana», ha commentato Cynthia Silva, la direttrice di una ong del Perù che ha assistito tre delle nove vittime e secondo la quale, comunque, le pene decise non sono proporzionali alla gravità dei crimini commessi.
L’utilizzo della violenza sessuale contro le donne che vivevano vicino alle basi dell’esercito nella zona di Manta e Vilca era già stato registrato in un rapporto del 2003 della Commissione per la verità e la riconciliazione (CVR), che però finora non aveva avuto alcun seguito.
Si spera ora che la sentenza possa essere seguita da altre condanne al termine di cause simili già avviate nel resto del paese. Il parlamento peruviano ha però recentemente approvato in prima lettura una proposta di legge che limiterebbe la possibilità di investigare e punire eventuali crimini di guerra commessi nel paese prima del 2002.
Secondo le stime realizzate dal governo, nel conflitto che dal 1980 al 2000 oppose le forze armate – e forze paramilitari – alla guerriglia di estrema sinistra, che causò circa 70 mila vittime, si verificarono più di 5300 casi di stupro, compiuti per l’83% da membri dell’esercito regolare e delle forze di polizia. Pagine Esteri