di Salman Al-Zurai’i e Mohammed Al-Hafi – Al Shabaka -The Palestinian Policy Network

(traduzione di Federica Riccardi)

Pagine Esteri, 1 luglio 2020 –  Il 17 maggio 2024, il Comando centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) ha iniziato a gestire un molo galleggiante temporaneo al largo della costa di Gaza. La costruzione del molo fa apparentemente parte di una rapida risposta internazionale per garantire un maggior flusso di aiuti umanitari e di emergenza a Gaza nel contesto del genocidio in corso da parte di Israele, dell’intensificarsi degli allarmi di una carestia diffusa e dell’insicurezza alimentare per due milioni di palestinesi. Fin dall’annuncio del progetto, tuttavia, molti hanno espresso scetticismo sull’efficacia del molo e profonda preoccupazione per i piani a lungo termine dell’esercito statunitense per il molo e per il suo potenziale ruolo al servizio degli obiettivi militari e politici israeliani. In effetti, l’arrivo del primo carico di aiuti umanitari attraverso il molo ha coinciso con l’espansione delle operazioni militari di Israele a Rafah e l’occupazione del valico di frontiera di Rafah, l’unico passaggio verso l’Egitto per i palestinesi di Gaza.

Questo commento esamina i dati disponibili relativi alle operazioni del molo e analizza i numerosi incentivi al suo sviluppo da parte dei principali attori geopolitici. Posiziona il molo all’interno della strategia a lungo termine di Israele sia per Gaza che per la Palestina nel suo complesso, utilizzando la struttura come una finestra per comprendere gli obiettivi regionali più ampi del regime. Temporaneo o meno, questo commento sostiene che il molo non deve essere visto solo come uno sforzo umanitario a breve termine, ma anche come un simbolo dei continui progetti imperiali e coloniali degli Stati Uniti e di Israele.

Che cos’è il molo galleggiante statunitense?

Il molo galleggiante si estende per 55 metri nel mare e si affaccia sul corridoio di Netzarim, dove sono state create grandi basi militari e strutture logistiche israeliane per dividere le regioni settentrionali e meridionali di Gaza e radicare una presenza israeliana più permanente. Una volta a pieno regime, le forze armate statunitensi e israeliane si coordineranno per consentire il trasporto di circa 90-150 camion di aiuti al giorno dal molo a Gaza – una cifra ben lontana dai 500 camion necessari per soddisfare le esigenze basilari dei palestinesi, secondo i dati delle Nazioni Unite. Vale la pena notare, tuttavia, che solo circa 250 camion di aiuti in totale sono arrivati attraverso il molo dal suo avvio.

Le spedizioni di aiuti approvate da Israele e provenienti da Cipro sono destinate a essere trasportate direttamente dal molo alla costa dalle organizzazioni umanitarie internazionali, per poi essere scaricate e messe al sicuro in strutture di stoccaggio prima di essere eventualmente distribuite. L’amministrazione statunitense ha ripetutamente affermato che le truppe che operano sul molo non saranno stanziate sul suolo di Gaza, ma continueranno a risiedere su navi statunitensi ormeggiate a miglia dalla costa.

La costruzione e il funzionamento iniziale del molo sono costati circa 230 milioni di dollari e i costi sono probabilmente aumentati a causa dei ripetuti contrattempi. Sebbene il molo fosse stato presumibilmente programmato per funzionare solo per 90 giorni, questi ritardi hanno portato a una tempistica sconosciuta sulla durata del progetto. Inoltre, sebbene l’Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID), il Programma Alimentare Mondiale (PAM) e altri partner internazionali stiano collaborando con l’esercito americano per consegnare gli aiuti attraverso il molo, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) rimane esclusa dallo sforzo, in una chiara manovra degli Stati Uniti per marginalizzare il ruolo dell’agenzia.

Mentre sembra che il vicino Egitto abbia espresso preoccupazioni sull’uso del molo per la consegna degli aiuti al posto dei preesistenti passaggi terrestri, molti altri attori – tra cui l’Unione Europea, singoli Stati europei e gli Emirati Arabi Uniti (EAU) – hanno comunque accolto con favore questa missione e hanno espresso la loro disponibilità a parteciparvi. Il molo controllato dagli Stati Uniti, ad esempio, esiste accanto e in collaborazione con l’iniziativa Amalthea di Cipro. Sviluppato alla fine del 2023, il piano Amalthea prevede che un comitato europeo multinazionale (compresi i rappresentanti di Israele) raccolga, immagazzini e ispezioni gli aiuti nel porto di Larnaca, per poi inviarli a Gaza su navi scortate da forze armate.

Il ruolo del molo nella pianificazione a lungo termine di Stati Uniti e Israele

Per comprendere appieno il potenziale impatto del molo galleggiante, è necessario esaminarlo al di là dei suoi obiettivi espliciti e temporanei. Di seguito sono riportati solo alcuni dei modi in cui il molo si inserisce nelle strategie a lungo termine di Stati Uniti e Israele.

Copertura politica statunitense e opportunità emergenti

Fin dall’inizio del genocidio, l’amministrazione statunitense ha sfruttato gli sforzi umanitari come copertura per la propria agenda politica e i suoi propri interessi. Ad esempio, i lanci aerei di aiuti, in gran parte inefficaci, effettuati in collaborazione con gli Stati alleati, sono stati utilizzati per influenzare la percezione pubblica del ruolo degli Stati Uniti nel genocidio di Gaza, trasformandola da quella di guerrafondaio a quella di fornitore di aiuti umanitari. Il molo è un altro esempio di questa strategia e viene utilizzato per attenuare le pressioni interne ed estere derivanti dalle accuse di coinvolgimento degli Stati Uniti nei bombardamenti, nella carestia e nell’ostruzione degli aiuti da parte di Israele. Con le elezioni presidenziali alle porte, l’amministrazione Biden sta disperatamente cercando di nascondere la propria complicità con una parvenza di impegno umanitario.

La realtà, tuttavia, è che il molo galleggiante è in linea con gli obiettivi politici e militari degli Usa nella regione e potrebbe segnare l’inizio di una presenza militare permanente degli Stati Uniti nel Mediterraneo orientale. Stabilendo una tale presenza, gli Stati Uniti rafforzerebbero il loro controllo sulle rotte marittime in un contesto di escalation delle tensioni sulla sicurezza nel Mar Rosso, dovute agli attacchi degli Houthi contro le navi commerciali aventi legami con il regime israeliano o con gli Stati Uniti. Se efficace, il molo potrebbe anche essere utilizzato come linea logistica e di rifornimento militare permanente per la base militare statunitense nel deserto del Negev, recentemente ampliata, stabilendo ulteriormente una presenza statunitense significativa e strategica.

Anche il settore privato statunitense sta cogliendo l’opportunità di trarre profitto dalle sofferenze dei palestinesi a Gaza. Ciò è diventato evidente soprattutto con l’emergere dell’impresa privata Fogbow. Guidata da un gruppo di ex ufficiali militari statunitensi, funzionari della CIA e personale diplomatico, Fogbow è stata fondata nel 2022, ma il suo primo progetto è una proposta di noleggio di chiatte ad agenzie governative per la consegna di forniture umanitarie a Gaza. I funzionari di Fogbow hanno confermato l’intenzione di utilizzare il molo degli Stati Uniti per facilitare l’ingresso degli aiuti a Gaza e alcuni hanno ipotizzato che l’esercito statunitense potrebbe a un certo punto cedere le operazioni del molo all’azienda. Inoltre, l’azienda è attualmente impegnata in intensi colloqui con importanti uomini d’affari palestinesi al di fuori di Gaza, tra cui Bashar Masri, per esplorare opportunità di cooperazione per lo stoccaggio e la distribuzione degli aiuti a Gaza. Se attuato, il piano di Fogbow potrebbe quindi ridefinire le relazioni economiche tra Gaza e la Cisgiordania.

 

Marginalizzazione degli avversari

Gli interessi degli Stati Uniti non sono gli unici ad essere serviti dal funzionamento del molo galleggiante.

Infatti, nel marzo 2024 i media israeliani hanno riferito che l’idea stessa del molo è stata concepita dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu già alla fine di ottobre 2023. Nonostante il ruolo degli Stati Uniti nel guidare l’attuale progetto del molo, vale la pena ricordare che il governo israeliano ha promosso anni fa un’iniziativa simile per gli aiuti umanitari senza utilizzare i valichi terrestri. Non deve sorprendere, quindi, che i funzionari israeliani abbiano accolto con favore il recente progetto finanziato dagli Stati Uniti, compreso il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, che ha dichiarato che il molo aiuterà a “perseguire il collasso del dominio di Hamas a Gaza”.

E’ opportuno sottolineare questo punto: eludendo i valichi di terra a Gaza, il molo galleggiante aggira anche la supervisione di Hamas e marginalizza ulteriormente il suo ruolo nella gestione degli aiuti. In questo modo, come suggerisce Gallant, Israele conta sul molo per accelerare l’esautorazione del movimento. Lo stesso si può dire per il ruolo dell’UNRWA, che rimane esclusa dal progetto del molo e che Israele ha cercato a lungo di indebolire. L’improvvisa presenza e il coinvolgimento di organizzazioni ben finanziate come World Central Kitchen e Fogbow, accanto al PAM e ad USAID, alimentano la falsa idea che l’UNRWA sia sostituibile. L’Egitto, nel suo ruolo di principale arbitro degli aiuti a Gaza attraverso il valico di Rafah, è un terzo attore messo da parte dal molo galleggiante; la situazione si è aggravata da quando Israele ha occupato Rafah, compreso il valico, nell’aprile 2024.

Questa marginalizzazione degli attori chiave aiuta Israele a gettare le basi per un riassetto di Gaza. In effetti, la posizione del molo alla fine del corridoio di Netzarim non è una coincidenza. L’esercito israeliano ha iniziato la costruzione della strada, nota anche come Route 794, nell’ottobre del 2023 e ha completato il suo percorso fino al mare nel marzo del 2024. Solo due mesi dopo, il molo è stato sviluppato e posizionato sulla linea di arrivo. Di conseguenza, la posizione del molo galleggiante all’estremità della linea di demarcazione israeliana attraverso Gaza suggerisce un ruolo influente per l’esercito israeliano nella distribuzione degli aiuti, dove l’assistenza potrebbe diventare uno strumento di controllo a lungo termine sulla popolazione di Gaza.

Questa funzione si inserisce perfettamente nei piani a lungo termine di Israele per il territorio, che prevedono la chiusura completa del valico di Rafah, la cessazione delle operazioni dell’UNRWA e un rimpasto della leadership amministrativa locale.

Una strategia nota per quest’ultimo aspetto comprende il conferimento di poteri alle tribù locali di Gaza per riprodurre il modello della “lega dei villaggi”, già attuato in Cisgiordania negli anni Settanta. Queste leghe gestirebbero gli affari interni di Gaza e supervisionerebbero la distribuzione degli aiuti umanitari, sotto gli auspici finali di Israele. L’approccio mira a creare un’ondata di caos e divisione interna che cementerebbe lo stato di separazione politica tra Gaza e la Cisgiordania occupata.

Il futuro di Netanyahu: Gaza 2035 e l’IMEC

Ulteriori dettagli sui piani israeliani per il futuro di Gaza sono stati svelati nel maggio 2024, con la pubblicazione del piano generale di Netanyahu denominato “Gaza 2035”. Oltre ai già citati elementi militari e di governance, Gaza 2035 prevede di inserire il territorio nei più ampi piani israeliani di razionalizzazione delle relazioni nella regione, attraverso lo sviluppo tecnico ed economico e lo sfruttamento delle risorse naturali palestinesi – soprattutto le riserve di gas di Gaza.

Un elemento chiave è la creazione di una linea ferroviaria ad alta velocità che attraversi l’Arabia Saudita e colleghi i passeggeri con Gaza e poi con l’Egitto o Tel Aviv e poi con Haifa. È importante notare che Haifa funge da porto principale per il previsto Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC), progettato per competere con il Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC) che attraversa l’Asia centrale. Il nuovo IMEC è stato annunciato al vertice del G20 di Nuova Delhi del 2023 e stabilisce rotte commerciali e una rete di porti marittimi dall’India agli Emirati Arabi Uniti attraverso il Mar Arabico. La ferrovia delineata nel piano Gaza 2035 servirebbe come collegamento terrestre centrale dal Golfo al Mar Mediterraneo nell’ambito di questa iniziativa, in cui Israele svolgerà un ruolo centrale.

Sia per Israele che per gli Stati Uniti, l’IMEC rappresenta un’opportunità per contrastare l’influenza dell’Iran e dei suoi alleati, oltre a costituire una sfida formidabile all’iniziativa Belt and Road della Cina, che ha ampliato l’influenza del Paese nella regione mediterranea. Inoltre, l’IMEC contribuisce a integrare ulteriormente Israele nella regione con il pretesto della “pace economica”, in un contesto di crescente impulso alla normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita nel quadro degli Accordi di Abramo.

L’IMEC è stato accolto con entusiasmo in Israele ed è stato lodato da Netanyahu come un percorso significativo verso la trasformazione di Israele in un hub per l’economia globale e gli sviluppi della tecnologia più avanzata. Per i Paesi arabi del Golfo, il progetto è visto come un preambolo per espandere la propria influenza economica e geopolitica. Mentre gli eventi del 7 ottobre e il genocidio in corso a Gaza hanno presumibilmente fermato il progetto, con le parti coinvolte che citano problemi di sicurezza, il piano Gaza 2035 di Netanyahu ne segnala il suo progressivo avanzamento.

Conclusione

Il progetto del molo galleggiante deve quindi essere collocato all’interno della più ampia e complessa geopolitica mutevole della regione. Sebbene di natura presumibilmente temporanea, il molo funge da rappresentazione dei piani ben più ambiziosi e insidiosi di Stati Uniti e Israele per Gaza. All’interno di questi, è probabile che il molo possa agire come strumento vitale per sostenere la vita quotidiana dei palestinesi di Gaza, indipendentemente da qualsiasi leadership palestinese, e come mezzo per Stati Uniti e Israele per continuare a eludere la loro responsabilità politica.

In effetti, il molo rappresenta la visione a lungo termine di Israele riguardo a una presenza permanente a Gaza e al ruolo che immagina Gaza come collegamento chiave tra Israele e il resto della regione. Sebbene sia apparentemente uno strumento umanitario a breve termine, questo commento ha dimostrato il modo in cui il molo si inserisce nei piani israeliani per emarginare gli avversari e approfondire le proprie alleanze, offrendo al contempo agli Stati Uniti una copertura politica per la sua persistente complicità.

Quindi, anche se il molo verrà smantellato nel prossimo futuro, come alcuni rapporti indicano potrebbe accadere, rimane senza dubbio un’indicazione del fatto che gli Stati Uniti e Israele stanno portando avanti a pieno ritmo le loro strategie per Gaza e per la Palestina nel suo complesso, senza preoccuparsi dei palestinesi.

Al-Shabaka: The Palestinian Policy Network, è un’organizzazione indipendente e no-profit. Al-Shabaka riunisce una rete multidisciplinare e globale di analisti palestinesi per produrre analisi politiche critiche e immaginare collettivamente un nuovo paradigma politico per la Palestina e i palestinesi nel mondo.