di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 1 luglio 2024 – In Francia la prevista, storica vittoria dell’estrema destra c’è stata, anche se in misura leggermente minore rispetto ai sondaggi della vigilia e agli exit poll resi noti ieri alle 20, subito dopo la chiusura delle urne nelle grandi città (nella maggior parte delle località francesi, invece, lo spoglio delle schede era iniziato già alle 18,00).
Per timori di scontri dopo la diffusione dei risultati, il Ministero degli Interni aveva mobilitato decine di migliaia di agenti e fatto ricorso anche all’esercito, ma alla fine le manifestazioni convocate dai vari partiti si sono svolte in completa tranquillità.
Il trionfo dell’estrema destra
Le elezioni anticipate convocate la sera stessa del voto europeo dal presidente Emmanuel Macron dopo la sconfitta del suo movimento centrista “Ensemble” le ha vinte il Rassemblement National, in una giornata caratterizzata da un tasso record di partecipazione – il più alto dal 1997 – che ha creato lunghe file in molti seggi. Alle urne si è recato il 66,7% degli aventi diritto, con un balzo del 19% rispetto a due anni fa. La stragrande maggioranza degli elettori si è divisa tra i tre principali blocchi politici che insieme rappresentano più dell’80% dei consensi.
Il partito di Marine Le Pen e del giovane Jordan Bardella (28 anni) ha ottenuto il 29,2%, al quale occorre aggiungere il 4% conquistato dai Repubblicani che hanno deciso di allearsi con l’ultradestra, per un totale di 10 milioni e seicentomila voti. Un trionfo rispetto alle legislative del 2022, quando il Rassemblement National, già in forte crescita, si era fermato al 18,7%. Il RN ha eletto ieri 39 deputati, tra cui Marine Le Pen e Sébastien Chenu, ed è cresciuto soprattutto nelle aree rurali e nei piccoli centri.
Le sinistre resistono e conquistano Parigi
In seconda posizione si è piazzato il Nuovo Fronte Popolare, formato in tutta fretta dai partiti di sinistra e centrosinistra due settimane fa, superando le rivalità che avevano paralizzato la NUPES (Nouvelle Union populaire écologique et sociale), un’alleanza simile che aveva corso alle scorse legislative.
Insieme socialisti, France Insoumise, Ecologisti, Comunisti e Anticapitalisti hanno ottenuto il 28% dei consensi e quasi 9 milioni di voti, eleggendo al primo turno 32 deputati. Nel 2022 la Nupes aveva raccolto 6 milioni di voti e il 26%, a cui occorre sommare i risultati di altre liste minori che stavolta sono entrate nell’alleanza.
In sintesi, il NFP conferma il suo spazio politico e mobilita nuovi elettori, ad esempio a Parigi dove arriva in testa in 13 collegi su 18 ed elegge ben 9 candidati al primo turno. Le sinistre aumentano i consensi anche tra gli elettori più giovani (il 41 per cento degli elettori tra 18 e 24 anni hanno votato per le Nouveau Front Populaire, il 23% ha scelto il RN e i suoi alleati e solo il 13% ha votato al centro) ma percentualmente non sfondano rispetto alle scorse elezioni, regredendo anzi in molte circoscrizioni lontane dalle grandi città. Inoltre, nell’alleanza ha notevolmente aumentato il suo peso l’ala moderata rappresentata dai socialisti, cresciuti fino a ottenere circa il 14%.
Sconfitta storica per Macron
La sconfitta della maggioranza parlamentare uscente e dell’inquilino dell’Eliseo, Emmanuel Macron, è innegabile, anche se con il 20% e i quasi 7 milioni di voti “Ensemble pour la Republique” recupera un po’ di ossigeno rispetto al 14.6% delle europee. Ma al primo turno i macroniani di “Renaissance”, con i loro alleati di “Horizons” e “MoDem”, eleggono solo 2 deputati. Nel 2022 “Ensemble” si era piazzata in testa con il 25,75% e 8 milioni di voti. Ha funzionato solo in parte l’appello del presidente a votare i centristi per fare “argine” agli opposti estremismi rappresentati secondo lui da Le Pen e Melenchon, così come la scelta di sciogliere improvvisamente il parlamento pensando che il timore di una vittoria dell’ultradestra avrebbe convinto molti francesi a scegliere, obtorto collo, il suo partito.
Dal voto di ieri escono fortemente ridimensionati anche i i neogollisti (centro-destra) divisi tra coloro, tra cui l’ex presidente Eric Ciotti, che hanno varato un patto di desistenza con Marine Le Pen (e che hanno ottenuto circa il 4%) e la maggioranza dei Républicains rimasta indipendente, che da sola ha preso il 6,6%.
Reconquête, il partito di estrema destra oltranzista guidato da Eric Zemmour che alla fine non è riuscito ad allearsi con Le Pen e che anzi ha perso pezzi a vantaggio del Rassemblement National – a partire da Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen tornata all’ovile per queste elezioni – ha preso solo lo 0,8%.
La vera partita si gioca al secondo turno
Visto il bassissimo numero di deputati eletti ieri, il duello fondamentale si giocherà il 7 luglio prossimo, quando in ognuna delle circoscrizioni dove ieri nessun candidato ha ottenuto almeno il 50%, si scontreranno tutti coloro che hanno superato il 12,5% degli aventi diritto. In ben 306 casi a concorrere saranno 3 candidati ed in altri 5 ben 4, ed in 297 circoscrizioni in testa è arrivato un candidato lepenista o un neogollista di Ciotti.
Di qui l’importanza dei patti di desistenza e del “fronte repubblicano”, invocato soprattutto a sinistra e nel centrosinistra per impedire che il 33% dell’estrema destra si traduca in una valanga di seggi.
Le Pen e Bardella aspirano infatti a ottenere la maggioranza assoluta (almeno 290 seggi) per provare a resistere ai condizionamenti di un presidente della Repubblica che rimarrà all’Eliseo fino al 2027, sperando che un eventuale governo del Rassemblement consumi nel frattempo l’estrema destra.
Mentre i leader dei partiti di centrosinistra e sinistra hanno da subito chiarito che ritireranno i candidati del NFP laddove sono giunti terzi per far convergere il voto “repubblicano” (cioè antifascista) sui candidati contrapposti al RN meglio piazzati, non è affatto detto che anche i macroniani facciano lo stesso.
Per Macron e i gollisti Le Pen e Melenchon pari sono
Ieri il presidente, che con le sue politiche autoritarie e liberiste – a partire dalla contestatissima riforma delle pensioni e dai tagli allo stato sociale, passando per la posizione oltranzista di sostegno all’Ucraina – va considerato il primo responsabile del boom del voto di estrema destra, ha fatto appello a creare un blocco “chiaramente democratico e repubblicano” per sbarrare la strada al RN al secondo turno. Al momento, però, non sembra che “Ensemble” intenda rinunciare in tutti i collegi dove i candidati de La France Insoumise sono meglio piazzati di quelli centristi, favorendo di fatto il partito di Le Pen e Bardella.
Il primo ministro uscente Gabriel Attal ha dichiarato che i candidati di Ensemble arrivati in terza posizione si ritireranno dalla competizione ma in un’intervista dopo il voto, il Ministro dell’Economia uscente ed esponente di punta macroniano, Bruno Le Maire, ha equiparato sinistra radicale ed estrema destra, affermando che se «il Rassemblement National è un pericolo per la Repubblica la France Insoumise è un pericolo per la nazione» suscitando le proteste delle sinistre e alcune critiche nel suo stesso schieramento. Alcuni candidati di Ensemble hanno già fatto sapere che non si ritireranno anche se la loro presenza al secondo turno potrebbe portare all’elezione di deputati lepenisti.
Anche i repubblicani, sostenuti da pezzi consistenti dell’establishment economico e intellettuale, hanno deciso che daranno indicazioni ai propri elettori “caso per caso”, per impedire la vittoria dei candidati più a sinistra.
Sul fronte opposto, anche per molti elettori della sinistra radicale sarà difficile votare per gli esponenti dell’ex maggioranza macroniana responsabili delle misure più contestate e antipopolari.
In attesa di sapere quanti seggi conquisterà l’ex Front National abilmente ripulito negli ultimi anni dalla figlia del fondatore Jean-Marie Le Pen, è probabile che dal ballottaggio del 7 luglio esca un parlamento senza una netta maggioranza e si apra un periodo di instabilità politica ed economica per una Francia che appare – in primis ai suoi abitanti – in forte declino rispetto al passato, sia sul piano egemonico che sul piano economico. Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive anche di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria