di Redazione
Pagine Esteri, 20 agosto 2024 – Nuove inchieste per omicidio sono state aperte a carico dell’ex premier del Bangladesh, Sheikh Hasina, oltre che di alcuni dei suoi ministri e funzionari. I casi aperti, secondo la stampa bangladese, sono almeno una decina.
L’ultima indagine riguarda la morte di un commerciante di pesce, Muhammad Milon, avvenuta il 21 luglio nel corso della repressione delle manifestazioni di protesta in corso a Dacca. Altre due inchieste sono state avviate per gli omicidi di due studenti, Ikram Hossain Kawser e Omar Faruk, entrambi morti il 19 luglio sempre nella capitale. I fascicoli si aggiungono a quelli relativi ai decessi del dodicenne Jobayed Hossain Imon, del proprietario di un supermercato, Abu Sayeed, e dello studente Foijul Islam Rajon, ancora a Dacca il 19 luglio.
Inoltre, il Tribunale per i crimini internazionali (Ict) del Bangladesh ha aperto un’inchiesta su presunti crimini contro l’umanità e atti di genocidio compiuti nel Paese tra il 15 luglio e il 5 agosto registrando come indagati Hasina e altre otto persone, tra cui ex membri del governo ed ex dirigenti della polizia e di altri corpi di sicurezza.
Il Tribunale è stato istituito nel 2009, con un emendamento alla legge The International Crimes Tribunals Act (Icta) del 1973, per indagare e perseguire i responsabili dei crimini commessi nel 1971 dall’Esercito del Pakistan e dai suoi collaboratori locali durante la guerra di liberazione del Bangladesh.
La Lega popolare bengalese (Al) dell’ex premier Hasina aveva promesso di processare i criminali di guerra durante la campagna elettorale per le elezioni del 2008, nelle quali ottenne una maggioranza parlamentare di oltre due terzi. Nel 2012 furono istituite un secondo tribunale (Ict 2), che tuttavia non è operativo, e una procura.
L’ex capo del governo, nel frattempo fuggita all’estero, è indagata anche per sequestro di persona e tortura. La denuncia è stata inoltrata dall’avvocato della Corta suprema, Sohel Rana, il quale ha dichiarato di essere stato rapito da un membro delle forze dell’ordine in borghese il 10 febbraio 2015 e di essere stato rinchiuso in diversi luoghi, torturato e rilasciato sei mesi dopo.
Hasina si è dimessa ed è fuggita in India il 5 agosto. Il suo governo è caduto dopo settimane di proteste, degenerate in violenti scontri e duramente represse dall’esercito e dalla polizia. Il movimento di contestazione, lanciato inizialmente dagli studenti contro il sistema delle quote nella pubblica amministrazione riservate agli ex combattenti nella guerra di indipendenza contro il Pakistan e ai loro discendenti, si è poi rivolto contro la repressione dei manifestanti e, più in generale, contro l’esecutivo.
Secondo le stime più recenti, la repressione delle manifestazioni da parte delle forze di sicurezza ha causato la morte di almeno 650 persone tra manifestanti e semplici passanti se non addirittura persone e bambini raggiunti da proiettili all’interno delle loro abitazioni.
A riferirlo all’inizio di questa settimana è stato l’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite in un rapporto preliminare sulle violenze che si basa su notizie riportate dalla stampa e su dati forniti dagli organizzatori delle proteste. In particolare, circa 400 morti sarebbero state registrate tra il 16 luglio e il 4 agosto, mentre altre 250 persone sarebbero rimaste uccise tra il 5 e il 6 agosto.
Il 5 agosto il capo di Stato maggiore dell’Esercito, Waker-uz-Zaman, ha assunto temporaneamente il potere. Il 6 agosto il presidente della Repubblica, Mohammed Shahabuddin, ha sciolto la Casa della Nazione, il parlamento unicamerale, e ha nominato come capo del governo ad interim l’economista e premio Nobel per la pace Muhammad Yunus, che ha prestato giuramento il 9 agosto. – Pagine Esteri