(traduzione di Federica Riccardi)

Nota. Pagine Esteri ha tradotto le parti a suo giudizio più rilevanti del rapporto

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Una nuova indagine di Amnesty International rivela che le forze israeliane non hanno preso tutte le precauzioni possibili per evitare o ridurre al minimo i danni ai civili che si rifugiavano nei campi per sfollati interni durante l’esecuzione di due attacchi contro comandanti e combattenti di Hamas e della Jihad islamica nel sud della Striscia di Gaza occupata, a maggio. Questi attacchi sono stati probabilmente indiscriminati e uno di essi probabilmente anche sproporzionato. Entrambi gli attacchi dovrebbero essere indagati come crimini di guerra.

Il 26 maggio 2024, due attacchi aerei israeliani contro il Kuwaiti Peace Camp, un campo improvvisato per sfollati interni a Tal al-Sultan, nella zona ovest di Rafah, hanno ucciso almeno 36 persone – tra cui sei bambini – e ne hanno ferite più di 100. Almeno quattro delle vittime erano combattenti. Gli attacchi aerei, che hanno preso di mira due comandanti di Hamas che alloggiavano tra i civili sfollati, consistevano in due bombe guidate GBU-39 di fabbricazione statunitense. L’uso di queste munizioni, che proiettano frammenti letali su un’ampia area, in un campo che ospita civili in rifugi temporanei sovraffollati ha probabilmente costituito un attacco sproporzionato e indiscriminato e dovrebbe essere indagato come crimine di guerra.

Il 28 maggio, nel secondo incidente indagato, l’esercito israeliano ha sparato almeno tre proiettili di carro armato contro una località nell’area di al-Mawasi a Rafah, designata dall’esercito israeliano come “zona umanitaria”. I colpi hanno ucciso 23 civili – tra cui 12 bambini, sette donne e quattro uomini – e ne hanno feriti molti altri. Le ricerche di Amnesty International hanno rilevato che gli obiettivi apparenti dell’attacco erano un combattente di Hamas e uno della Jihad islamica. Questo attacco, che ha fallito nel distinguere tra civili e obiettivi militari utilizzando munizioni non guidate in un’area piena di civili che si rifugiavano nelle tende, è stato probabilmente indiscriminato e dovrebbe essere indagato come crimine di guerra.

I combattenti di Hamas e della Jihad islamica si trovavano nel campo, un luogo che gli sfollati credevano fosse una “zona umanitaria”, mettendo consapevolmente in pericolo la vita dei civili. La scelta di ubicarsi in entrambi i campi per sfollati ha probabilmente violato l’obbligo di evitare, per quanto possibile, di dislocare i combattenti in aree densamente popolate. Amnesty International non ha informazioni sulla ragione o sulle motivazioni della loro presenza, ma tutte le parti in conflitto avrebbero dovuto prendere tutte le precauzioni possibili per proteggere i civili e gli oggetti civili.

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Amnesty International ha intervistato 14 sopravvissuti e testimoni, ha esaminato i luoghi degli attacchi, ha visitato un ospedale di Khan Younis dove i feriti venivano curati, ha fotografato i resti delle munizioni usate negli attacchi per identificarli e ha esaminato le immagini satellitari dei luoghi. L’organizzazione ha anche esaminato le dichiarazioni dell’esercito israeliano in merito agli attacchi.

Il 24 giugno 2024, Amnesty International ha inviato alle autorità israeliane domande relative ai due episodi di attacco. Il 5 luglio 2024, Amnesty International ha anche inviato domande al procuratore capo e ai funzionari del ministero della Giustizia dell’amministrazione de facto di Hamas, chiedendo informazioni sulla presenza di comandanti e combattenti in queste aree civili. Al momento della pubblicazione, non sono state ricevute risposte.

Attacchi al Kuwaiti Peace Camp

Nel pomeriggio di domenica 26 maggio, Hamas ha rivendicato la responsabilità del lancio di una serie di razzi indiscriminati a lungo raggio contro Tel Aviv da Rafah. L’esercito israeliano ha dichiarato che i razzi sono stati intercettati dal sistema di difesa aerea Iron Dome e non sono state segnalate vittime.

Alle 20.45 circa, l’esercito israeliano ha sganciato due bombe sul Kuwaiti Peace Camp e ha annunciato di aver “colpito un complesso di Hamas a Rafah in cui operavano importanti terroristi di Hamas”. Le forze armate israeliane hanno poi rilasciato un aggiornamento affermando di aver ucciso due alti comandanti militari di Hamas, Yassin Rabie e Khaled Najjar. Tuttavia, in seguito è emerso che Khaled Najjar era stato ferito, ma non ucciso. È stato ucciso anche un comandante militare delle Brigate Al-Qassam di Hamas, Khuweiled Ramadan, oltre ad almeno altri due combattenti di Hamas di cui Amnesty International ha potuto verificare l’identità. L’uccisione di Yassin Rabie e Khuweiled Ramadan è stata confermata dal Ministero della Sanità di Gaza e negli elogi funebri.

L’esercito israeliano ha affermato che gli attacchi sono stati effettuati con “le più piccole munizioni che possono essere lanciate dai jet da combattimento”. Sulla base delle fotografie dei resti delle bombe scattate sul posto dagli operatori di Amnesty International, gli esperti di balistica dell’organizzazione hanno identificato le munizioni come GBU-39 di fabbricazione statunitense. Le bombe contengono una carica esplosiva di 17 kg. Tuttavia, il peso totale di ogni bomba è di 113 kg ed è in grado di lanciare frammenti di metallo per centinaia di metri. L’esercito israeliano dispone di missili più piccoli e precisi, trasportati da droni, che contengono molto meno esplosivo e hanno un effetto più circoscritto.

Utilizzando munizioni esplosive con effetti ad ampio raggio in un campo di sfollati interni, quando erano disponibili munizioni con effetto delimitato, l’esercito israeliano ha probabilmente omesso di prendere tutte le precauzioni possibili per evitare o ridurre al minimo i danni accidentali ai civili e i danni agli oggetti civili.

Anche gli attacchi del 26 maggio sono stati probabilmente sproporzionati. Quando si valuta se un attacco è sproporzionato, le leggi di guerra stabiliscono che un attacco è proibito se il danno previsto ai civili è eccessivo rispetto al vantaggio militare diretto che si prevede di ottenere. In molti attacchi non è stato possibile per Amnesty International identificare l’obiettivo previsto, precludendo una valutazione della proporzionalità. In questo attacco, l’esercito israeliano ha annunciato che l’obiettivo erano due comandanti di Hamas. I danni previsti per i civili avrebbero dovuto essere noti a coloro che hanno pianificato l’attacco. Il campo di pace kuwaitiano di Tal al-Sultan era in funzione da almeno quattro mesi, e quindi la presenza di un gran numero di civili sfollati era nota all’esercito israeliano. Con i civili che vivevano in rifugi di fortuna che non offrivano alcuna protezione e con la scelta di due bombe GBU-39, le ampie perdite di civili avrebbero dovuto essere prevedibili. La probabilità che queste fossero eccessive rispetto al vantaggio militare diretto previsto doveva essere chiara.

Le mappe pubblicate dall’esercito israeliano il 6 maggio hanno modificato i confini della “zona umanitaria”, rimuovendo Tal al-Sultan che era stata considerata parte di tale zona per mesi. Tuttavia, questa rimozione non è stata comunicata in modo appropriato ai civili che hanno continuato a rifugiarsi lì. Le mappe diffuse dall’esercito israeliano riguardo alle “zone umanitarie” sono state spesso confuse e contraddittorie, non riuscendo così a fornire avvertimenti efficaci.

L’esercito israeliano ha dichiarato, anche nelle risposte ai media, che sta “indagando” sugli attacchi. La documentazione sistematica delle organizzazioni israeliane e internazionali per i diritti umani ha dimostrato che l’esercito israeliano, attraverso i propri meccanismi interni, non è riuscito a indagare in modo efficace e imparziale sulle presunte violazioni del diritto umanitario internazionale contro i civili palestinesi.

“Moltissime persone sono morte”

Molti dei civili uccisi e feriti negli attacchi del Kuwait Peace Camp sono stati colpiti da frammenti di metallo, tra cui un bambino e una giovane donna, entrambi decapitati. Altre vittime hanno riportato tagli profondi e arti rotti. La maggior parte delle vittime civili accertate da Amnesty International sono state causate dai frammenti delle bombe, mentre altre hanno riportato ustioni estese. Un altro corpo era così gravemente ustionato che non è stato possibile identificarlo.

Tra i civili uccisi il 26 maggio c’erano cinque membri della famiglia al-Attar. Sfollati dal nord di Gaza a causa della guerra, erano alloggiati nel Kuwaiti Peace Camp da quattro mesi. Il loro capannone era adiacente a quello dei comandanti di Hamas presi di mira, ma i parenti sopravvissuti hanno dichiarato ad Amnesty International di non sapere che gli uomini nel capannone vicino fossero affiliati a un gruppo armato.

Lina al-Attar, 21 anni, è rimasta ferita negli attacchi. La madre, la zia, la cognata, il nonno e lo zio sono stati uccisi. Lina al-Attar ha raccontato ad Amnesty International: “Stavamo in un luogo sicuro per i rifugiati, solo capannoni di metallo e tende, senza case intorno né persone ricercate. Questa era un’area verde [sicura] sulle mappe lanciate dall’esercito israeliano… Dopo aver pregato la preghiera del Maghreb, eravamo seduti a chiacchierare e ci siamo rilassati perché non c’era alcun rumore di droni o di bombardamenti.

“Non ho sentito il rumore del missile…Mio fratello ha sollevato il metallo che ci era caduto addosso…Era stato ferito alla mano e anche alla spalla da una scheggia…Sono riuscita a sollevare il resto del metallo e a liberarci, e ho trovato tutti sparsi a terra, in pezzi e in pozze di sangue.

“Mia madre era morta. Mio padre gridava aiuto. La moglie di mio fratello è stata uccisa sul posto, dove era seduta con il suo bambino in braccio. Ho preso il suo bambino e l’ho dato a mio padre. Poi ho preso la mia bambina dal grembo di mio marito, che era ferito. Siamo riusciti a salvarci, ma intorno a noi c’erano tanti morti”.

I colpi sono stati seguiti da un incendio che ha causato ulteriori morti e feriti. Gli esperti di balistica di Amnesty International hanno analizzato i filmati girati sulla scena e pubblicati online dai residenti subito dopo gli attacchi, e hanno concluso che le dimensioni e l’intensità dell’incendio sono state probabilmente causate dal combustibile per cucinare immagazzinato nel luogo colpito dalle bombe israeliane.

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“Sono stati uccisi a sangue freddo”: attacco ad al-Mawasi

Martedì 28 maggio, intorno alle 14.45, l’esercito israeliano ha lanciato almeno tre proiettili di carro armato contro una località nell’area di al-Mawasi a Rafah – designata per mesi dall’esercito israeliano come “zona umanitaria” di Gaza – uccidendo 23 persone e ferendone molte altre.

Le ricerche di Amnesty International hanno rilevato che due combattenti – uno di Hamas e uno della Jihad islamica palestinese – avevano alloggiato in tende vicino a civili sfollati nei pressi dei luoghi degli attacchi. Questi combattenti potrebbero essere stati l’obiettivo degli attacchi. Un’altra fonte ha riferito ad Amnesty International che in quel momento c’erano dei combattenti a bordo di una jeep che si muovevano nell’area e che gli attacchi hanno mancato di poco. Amnesty International non è stata in grado di determinare se i combattenti nella jeep fossero gli stessi che alloggiavano nelle tende.

Gli esperti di balistica di Amnesty International hanno analizzato le foto dei frammenti dell’arma utilizzata e hanno identificato gli ordigni come proiettili per carri armati da 120 mm. Le immagini satellitari indicano che la mattina dell’attacco c’erano postazioni militari israeliane nel raggio d’azione dei cannoni da 120 mm.

Due dei proiettili hanno colpito il muro esterno e il patio della casa della famiglia al-Hams, uccidendo Beesan al-Hams, di sette anni, e suo fratello, Saleh al-Hams, di cinque anni. Anche un altro civile, Ibrahim al-Ghaffari, 63 anni, è stato ucciso.

Mohammad Salah al-Hams, zio dei bambini, ha raccontato ad Amnesty International: “Saleh e Beesan erano in visita al nonno materno. Dopo pranzo sono usciti dal complesso familiare per gettare la spazzatura. Sono rimasti fuori per circa 40-90 secondi, quando le granate hanno colpito, a pochi secondi di distanza l’una dall’altra. Io ero nelle vicinanze e mi sono precipitato in casa. Il padre è uscito dalla casa e d è corso verso il luogo in cui Saleh giaceva morto. Era stato colpito alla testa… Beesan era stata scaraventata in una tenda vicina dalla forza dell’esplosione. Ferita gravemente, è stata trasportata d’urgenza all’ospedale, ma è morta”.

Pochi minuti dopo, un’altra granata ha colpito un campo vicino, uccidendo 20 civili sfollati, tra cui 10 bambini, sette donne e tre uomini.

Isra Ali, una donna sfollata di 33 anni di Shuja’iyah, nella città di Gaza, ha perso il marito Ashraf Mohammed Ali, un tassista di 42 anni, e il figlio Amir, di 11 anni.

La donna ha raccontato ad Amnesty International: “Stavo preparando un semplice pranzo per la famiglia quando ho sentito dei suoni lontani, uno dietro l’altro. Non ci ho fatto caso perché siamo abituati ai bombardamenti e agli attacchi, ma pochi minuti dopo… ho sentito un suono assordante. La prima cosa che ho visto dopo sono stati brandelli, corpi di persone ridotti a brandelli. Le tende non sono state danneggiate, ma i bambini, tra cui mio figlio Amir, sono stati fatti a pezzi. Non sappiamo perché questo posto sia stato colpito. Ora mio marito non c’è più, il mio bambino non c’è più. Dove vado con i miei figli? Come faremo per sopravvivere?”

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L’esercito israeliano non ha fornito alcuna spiegazione per l’attacco, ma in seguito ha dichiarato che “contrariamente a quanto riportato nelle ultime ore, l’IDF (Israel Defence Forces) non ha colpito l’area umanitaria di Al-Mawasi”.

Dopo gli attacchi, alcuni residenti hanno affrontato i due combattenti e hanno chiesto loro di lasciare l’area, riflettendo la crescente rabbia a Gaza per il comportamento dei gruppi armati che mettono in pericolo i civili. Tuttavia, la presenza dei combattenti è continuata e l’intera popolazione dell’area – sfollati e residenti – ha lasciato l’area pochi giorni dopo.

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Il contesto

Prima dell’inizio dell’incursione di terra, il 7 maggio 2024, Rafah ospitava più di 1,2 milioni di persone provenienti da aree più a nord e sfollate con la forza dal 13 ottobre 2023, quando l’esercito israeliano ha emesso il primo ordine di “evacuazione” di massa per la popolazione del nord di Gaza. Circa l’85% della popolazione di Gaza è stata sfollata almeno una volta e molti sono stati costretti a spostarsi più volte. Si stima che oltre un milione di palestinesi sia stato sfollato da Rafah in seguito all’espansione delle operazioni militari di Israele nell’area.

Dall’ottobre 2023, Amnesty International ha condotto indagini approfondite su 16 attacchi aerei israeliani che hanno ucciso un totale di 370 civili, tra cui 159 bambini, e lasciato centinaia di feriti. Amnesty International ha trovato prove di crimini di guerra da parte delle forze israeliane, tra cui attacchi diretti contro civili e oggetti civili o attacchi indiscriminati, oltre ad altri attacchi illegali e punizioni collettive della popolazione civile. L’organizzazione ha chiesto al Procuratore della Corte Penale Internazionale di accelerare le indagini sulla situazione in Palestina e si batte per un immediato cessate il fuoco.

Il 7 ottobre 2023, Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno lanciato razzi indiscriminati e inviato combattenti nel sud di Israele, commettendo crimini di guerra come l’uccisione deliberata di massa di civili e la presa di ostaggi. Secondo le autorità israeliane, sono state uccise circa 1.200 persone. Amnesty International ha chiesto che Hamas e altri gruppi armati siano chiamati a rispondere delle uccisioni deliberate, dei rapimenti e degli attacchi indiscriminati. Amnesty International chiede il rilascio immediato di tutti gli ostaggi civili detenuti a Gaza. La presa di ostaggi è una grave violazione del diritto umanitario internazionale e costituisce un crimine di guerra.