di Eliana Riva – 

Pagine Esteri, 1 settembre 2024. Israele sta costruendo un secondo corridoio per dividere Gaza da Gaza. Dopo quattro mesi dall’inizio dell’offensiva militare sulla Striscia, il governo di Tel Aviv confermò la realizzazione del passaggio Netzarim, una strada che si estende per circa 8 chilometri dal confine israeliano fino alla costa, dividendo Gaza in due.

La notizia suscitò molto interesse perché la struttura significava il concretizzarsi di un preciso piano militare: rimanere a Gaza a lungo. Ma a lungo quanto? I funzionari israeliani dichiararono allora che avrebbero mantenuto il controllo per “qualche tempo”. Da febbraio 2024 sono trascorsi sei mesi e grazie al lavoro del Forensic Architecture sappiamo oggi che al corridoio Netzarim, Israele ne sta aggiungendo un altro.

L’agenzia di ricerca con sede a Goldsmiths, Università di Londra, è composta da architetti, sviluppatori di software, registi, giornalisti investigativi, scienziati e avvocati e si è data lo scopo di sviluppare, impiegare e diffondere nuove tecniche per indagare la violenza degli stati e delle aziende. Analizzando le immagini satellitari della Striscia di Gaza a partire dal novembre 2023, un mese dopo l’attacco di Hamas e l’inizio dei bombardamenti israeliani, i rilievi di luglio 2024 contengono “le prove di un nuovo corridoio militare israeliano”.

Il nuovo corridoio militare israeliano nella Striscia di Gaza – Forensic Architecture

Costruito nei pressi di Beit Hanoun, ad est di Gaza City, questo nuovo passaggio è costato la distruzione e l’appiattimento di diverse strutture, per cominciare le fattorie, le abitazioni e i frutteti della famiglia Abu Suffiyeh, adesso sfollata. Iniziata a inizio novembre, secondo il gruppo investigativo la costruzione della strada è andata avanti in questi mesi, allungandosi e garantirà alle truppe un accesso sicuro fin dentro Gaza City. Le case e i terreni entro un chilometro dal perimetro del corridoio sono stati appianati, permettendo alla via di raggiungere un’ampiezza di 900 metri.

Insieme al corridoio Netzarim, il nuovo asse deve esser letto, secondo la Forensic Architecture, come la prova dell’intenzione da parte israeliana di mantenere una presenza militare permanente nella Striscia.

 

Il gruppo di ricerca ha controllato per diversi anni lo stato dei terreni agricoli di Gaza, delle serre, delle coltivazioni, confrontando le immagini satellitari. Specialmente quelle dei terreni vicini al confine israeliano. Ciò che ha rilevato è una progressiva distruzione delle piantagioni e dei frutteti attraverso il rilascio di sostanze chimiche dall’alto, l’utilizzo di aeromobili, il passaggio di mezzi pesanti e gli spari dei cecchini sugli agricoltori, i proprietari terrieri e i manifestanti palestinesi (223 uccisi e migliaia di feriti nel 2018 durante la Marcia del Ritorno). L’obiettivo, creare una buffer zone sempre più ampia e sicura per gli occupanti. Tra le zone tenute sotto osservazione, quella di Beit Hanoun e il terreno agricolo della famiglia Abu Suffiyeh. In un’intervista rilasciata proprio alla Forensic Architecture, il capofamiglia racconta che una volta ritornato sulla propria terra, dopo l’attacco militare israeliano, non ha trovato più nulla: “non c’è nulla che io riesca a riconoscere qui, non c’è traccia della terra che conoscevo, hanno cancellato tutto. Non c’è vita qui intorno”. Di fronte alla zona cuscinetto imposta da Israele, spiega la ong, “i frutteti e le terre coltivate da altri agricoltori sono stati spesso minacciati dal disboscamento delle forze di occupazione israeliane, che hanno dichiarato che qualsiasi vegetazione più alta di 1 metro nelle vicinanze della loro area militare no-go è una minaccia alla sicurezza e deve essere appiattita”.

Il terreno agricolo della famiglia Abu Suffiyeh – Forensic Architecture

E dalla distruzione del terreno di Abu Suffiyeh, grazie alle collaborazioni esistenti con le associazioni di agricoltori locali e i lavoratori agricoli, il gruppo di ricerca ha scoperto che, con il passare dei mesi, l’esercito israeliano stava costruendo qualcosa. Una strada, ma troppo grande per essere solo una strada: un corridoio che raggiunge in certi punti i 900 metri di larghezza.

È distante circa 10-12 chilometri e quasi parallelo all’altro corridoio che separa Gaza del nord da quella del sud, il Netzarim, largo invece 2 chilometri e lungo 6, chiamato come l’insediamento israeliano presente nella Striscia prima del ritiro del 2005. La nuova via senza nome sarebbe il terzo condotto di Gaza completamente controllato da Israele, insieme al corridoio Filadelfia che separa Gaza dall’Egitto e che pure è oggi occupato dalle forze armate di Tel Aviv.

Il controllo di Netzarim e del corridoio Filadelfia, ai quali Netanyahu, dopo alcuni mesi di ipotetiche trattative, ha infine ammesso che non intende per nessuna ragione rinunciare, rappresenta oggi l’ostacolo principale a un accordo di cessate il fuoco con Hamas. La costruzione di un ulteriore corridoio, sarebbe, secondo l’agenzia forense con sede a Londra, “indicazione infrastrutturale di una presenza militare israeliana permanente prevista nelle parti settentrionali della Striscia di Gaza occupata”.

Il terreno agricolo della famiglia Abu Suffiyeh, 2024 – Forensic Architecture

Come utilizzeranno i militari il nuovo segmento di divisione? Il governo Netanyahu e i vertici dell’esercito hanno apertamente dichiarato che separare Gaza del nord da quella del sud è obiettivo principale per evitare la riorganizzazione di Hamas, così come il controllo del confine con l’Egitto significa prendere possesso dell’unico passaggio non completamente sorvegliato, completando la chiusura ermetica permanente della Striscia. Evidentemente, però, il corridoio Netzarim non basta e controllare una Gaza divisa in tre parti anziché in due potrebbe essere più semplice per Tel Aviv. A meno che i 10 chilometri che separano Netzarim dalla nuova pista non debbano essere trasformati in gigantesca zona militare e di controllo per prevenire ed evitare il passaggio e, soprattutto, il ritorno dei profughi, ora ammassati nel sud di Gaza, a ciò che resta delle proprie case evacuate nel nord della Striscia. Samaneh Moafi, del Forensic Architecture, ha dichiarato che “i corridoi sono in realtà tecniche coloniali ben affinate di frammentazione e separazione. E in pratica quello a cui questi corridori servono, è impedire l’accesso, rendendo impossibile il ritorno [dei residenti]”. Pagine Esteri