di Tiziano Ferri
Pagine Esteri, 10 ottobre 2024 – Le oligarchie nazionali che si oppongono al primo governo progressista in Colombia, quello del presidente Gustavo Petro (2022-2026), hanno rotto gli indugi. Di fronte al consenso popolare per il nuovo corso, stanno perseguendo da mesi la strada del “golpe blando”. L’attacco segue tre principali canali: mediatico, boicottaggio economico, lawfare.
La strategia mediatica punta, attraverso false notizie e informazioni parziali, a disegnare un presidente a varie riprese incline all’autoritarismo, ossessionato dai complotti, pazzo, in calo nei consensi. Sul piano economico, in pieno stile “Cile 1973”, le organizzazioni datoriali hanno imposto in settembre un blocco della circolazione dei mezzi pesanti, nel tentativo di alzare i prezzi e creare malcontento nella popolazione; il governo, mostrando discontinuità coi predecessori, non è ricorso alla forza ma al dialogo, riuscendo a mediare dopo quattro giorni di protesta. Il fronte della destituzione per via giuridico-istituzionale, il cosiddetto lawfare, cerca di togliere a Petro le funzioni presidenziali sulla base di accuse di sforamento delle spese elettorali, sebbene il Consiglio di stato abbia già stabilito fuori dalle competenze del Consiglio nazionale elettorale (Cne) il potere di giudicare la condotta del presidente della repubblica.
Il Cne – composto a maggioranza da membri nominati dai vecchi partiti al potere, oggi opposizione – ha proseguito la sua offensiva martedì, con l’apertura di indagini e la formulazione di accuse in relazione alla campagna elettorale 2022 della coalizione elettorale “Pacto Histórico”, e individuando come referente responsabile il candidato Gustavo Petro, oggi presidente. Le accuse riguardano principalmente il presunto sforamento dei limiti di spesa per la campagna elettorale, dovuto all’omessa dichiarazione di finanziamento (circa 135.000 euro) da parte di due sindacati, il Fecode (Federazione colombiana dei lavoratori dell’educazione) e l’Uso (Unione sindacale operaia). Nel comunicato stampa il Cne chiarisce che, per il momento, non c’è nessuna sanzione, arrogandosi in tal modo il diritto di poterne comminare.
Non è dello stesso parere né il Consiglio di stato, come detto, né il presidente Petro, che ha diramato un messaggio dove ribadisce l’incostituzionale condotta del Cne, organo amministrativo, spiega nel merito l’infondatezza delle accuse, e chiama alla mobilitazione contro il golpe in atto. Questa la conclusione del suo breve discorso: “Faccio appello alla mobilitazione generale del popolo colombiano per la difesa totale della democrazia. Chiedo al mondo di prestare attenzione alla Colombia, e di aiutarci a difendere la nostra democrazia. Sollecito tutte le organizzazioni popolari della Colombia di riunirsi e di costituirsi in assemblea permanente. È il tempo del popolo. Come presidente della repubblica eletto costituzionalmente, ordino a tutta la forza pubblica di non alzare una sola arma contro il popolo. I tempi dell’iniquità e della violenza devono finire in Colombia. La decisione di oggi è l’inizio di un golpe contro le prerogative del presidente, contro gli 11 milioni di persone che hanno votato per questo progetto progressista. Questa è una frattura grossolana e incontrovertibile della stessa costituzione”. In effetti, in base alle garanzie che la costituzione accorda al presidente della repubblica, costui durante il mandato può essere perseguito e giudicato solo a seguito di accusa da parte della Camera e dichiarazione di luogo a procedere da parte del Senato.
Ma non è in punta di diritto che deve essere analizzata la posizione di Petro. Rottura degli storici legami tra narco-stato e oligarchie al potere, collocazione in ambito regionale accanto ai progressisti Brasile e Messico, interesse per l’adesione della Colombia ai Brics, boicottaggio e condanna di Israele, costituiscono motivi di forte scontro dentro e fuori dal paese. Ecologismo e redistribuzione verso il basso delle ricchezze del paese, inclusione economica delle zone dimenticate, lotta al narcotraffico e attuazione degli accordi di pace sembrano, per il momento, garantire al governo Petro il sostegno popolare necessario per fronteggiare questi reiterati tentativi di destabilizzazione. Il presidente colombiano ne individua così la matrice eversiva: “Questo è il fascismo crescente nella società colombiana, nelle sue classi potenti, nelle sue classi medio-alte, le quali non possono capire che la priorità di uno Stato deve essere avvicinarsi e abbracciare il povero, la umile, il nero, l’indigena, il contadino, il giovane del quartiere popolare, la donna”. Pagine Esteri