di Francesco Dall’Aglio – 

Pagine Esteri, 21 ottobre 2024. L’idea che la risoluzione del conflitto in Ucraina possa essere solo militare e che debba concludersi necessariamente con la vittoria sul campo è ormai tramontata anche nei circoli più oltranzisti. Non solo vengono lanciate richieste sempre più pressanti per una soluzione negoziale da parte di vari paesi europei ed extraeuropei, ma anche la leadership ucraina e quella russa hanno i loro piani di pace e non si fanno scrupolo a comunicarli. Questa sarebbe certamente un’ottima notizia se non fosse che questi piani di pace sono sostanzialmente l’esposizione dei propri obiettivi massimi, con nessuna considerazione del punto di vista della controparte e nessuna disponibilità a cedere terreno in qualsiasi ambito; altri piani più “neutrali”, come quello proposto più volte dalla Cina, sembrano basati invece più sulla volontà di congelare il conflitto e far riprendere al mondo una parvenza di normalità che di risolvere la radice della guerra ed evitare che riprenda in seguito. Ad ogni modo è certamente importante che l’idea di una soluzione diplomatica si stia facendo strada ma è una strada che sembra essere molto lunga e molto tortuosa, proprio come il piano di pace ideato dall’Ucraina e modificato più volte dal novembre 2022 alla metà di ottobre 2024. Anche i piani russi o cinesi hanno subito modifiche sostanziali, ma è da quello ucraino che maggiormente  si può seguire l’andamento del conflitto e la progressiva stanchezza dei sostenitori occidentali.

Il 16 e il 17 ottobre Zelensky ha presentato, prima al Parlamento ucraino e poi al Parlamento europeo, l’ultima incarnazione della cosiddetta “formula di pace dell’Ucraina”, informalmente detta anche “formula Zelensky” essendo stata resa nota dal Presidente ucraino il 15 novembre 2022 al G20 che si teneva a Bali.[1] Il clima politico in quel periodo era certamente favorevole all’Ucraina: Cherson era stata ripresa dopo che le truppe russe l’avevano sgomberata per timore di rimanere accerchiate, un’offensiva-lampo aveva liberato l’intera regione di Kharkiv e gli attacchi con i droni agli aeroporti e alle basi navali della Crimea aumentavano sempre più così come i danni che provocavano. La Russia era sulla difensiva, gli aiuti occidentali aumentavano in previsione di ulteriori offensive ucraine e c’era la speranza – e in certi ambienti la certezza – che il conflitto potesse essere risolto sul campo di battaglia in maniera favorevole. Questo spiega come mai la “formula di pace” presentata a Bali fosse, sostanzialmente, una proposta di capitolazione: la Russia avrebbe dovuto lasciare immediatamente tutti i territori ucraini inclusa la Crimea, restituire tutti i prigionieri, accettare la creazione di un tribunale speciale che ne giudicasse i crimini (solo quelli commessi dai russi) e finanziare la ricostruzione del paese, mentre una conferenza internazionale avrebbe fornito garanzie di sicurezza all’Ucraina in attesa del suo ingresso nella NATO, come delineato in un’altra bozza di accordo definita “Kyiv Security Compact”.

Nonostante fosse un programma assolutamente massimalista e di difficile realizzazione pratica, la “formula di pace” formò la base di ogni successiva discussione tra l’Ucraina e i suoi alleati fino al “Vertice sulla pace in Ucraina” che si tenne a Bürgenstock, in Svizzera, il 15 e 16 giugno 2024, in un clima politico e bellico radicalmente cambiato. La controffensiva ucraina dell’estate 2023, preparata con cura e a lungo con grande abbondanza di materiale militare occidentale, era fallita con grandi perdite e scarsissimi guadagni territoriali mentre l’esercito e l’aviazione russi aveano cominciato una campagna di attrito non solo contro le forze armate ucraine ma anche contro le installazioni energetiche. Le sanzioni non avevano piegato la Russia e i paesi dei BRICS e del ‟sud del mondo” continuavano a mantenere relazioni diplomatiche e commerciali con Mosca. Emblematica a questo proposito la posizione della Cina, che non partecipò al vertice di Bürgenstock decretandone sostanzialmente il fallimento. Non a caso il comunicato finale si limitava a richiamare nel preambolo i principi di sovranità, indipendenza e integrità territoriale ma consisteva di soli tre punti: restituzione all’Ucraina della centrale nucleare di Zaporizhia, salvaguardia del commercio marittimo nei porti del Mar Nero, e rilascio dei prigionieri e dei deportati.[2] Nessun ritiro unilaterale delle truppe russe, nessun richiamo ai confini del 1991, nessuna menzione di tribunali speciali. Anche se nessun diplomatico era disposto ad ammetterlo ufficialmente, l’idea che l’Ucraina sarebbe stata costretta a riconoscere almeno per il momento la perdita delle regioni occupate dalla Russia e potesse sperare di ottenere tutt’al più una tregua, e non una pace alle sue condizioni, iniziava a diventare sempre più parte del dibattito: dibattito arricchito e complicato dal fatto che nell’intervallo tra il G20 di Bali e il vertice di Bürgenstock la Cina aveva presentato ben due piani di pace alternativi a quello ucraino.

Il primo era stato reso reso pubblico il giorno del primo anniversario del conflitto, il 24 febbraio 2023.[3] Nei 12 punti che lo compongono molto significativamente non compare mai la parola ‟guerra” e l’obiettivo principale pare essere quello di risolvere quanto più velocemente possibile il conflitto a beneficio dell’economia globale, e di quella cinese in particolare: e così il rispetto per la sovranità e l’indipendenza di ogni Paese sancito nel primo punto è temperato nel punto successivo dalla considerazione che sia altrettanto necessario fornire a tutti ‟garanzie di sicurezza” e limitare il rafforzamento e l’espansione delle alleanze militari (un chiaro accenno all’espansione della NATO) e nel decimo punto dal rifiuto delle sanzioni economiche unilaterali. Per il resto, è necessario un cessate il fuoco e l’inizio dei colloqui di pace per ‟assicurare la stabilità” della produzione e dei rifornimenti e proteggere l’economia globale. Il piano è stato molto criticato sia in Ucraina che in Occidente non solo per la sua vaghezza e il suo rifiuto a condannare l’invasione russa, ma soprattutto per quella che è stato percepita come una difesa degli interessi economici cinesi e il tentativo di inserirsi nel futuro business della ricostruzione. Poco più di un anno dopo, nel maggio 2024, a poche settimane dal vertice di Bürgenstock al quale non presenziò, la Cina presentò un secondo piano di pace insieme al Brasile il cui primo e principale punto consisteva nella necessità di porre fine all’escalation militare e indire una conferenza di pace cui partecipassero sia Russia che Ucraina e in cui venissero discussi tutti i piani di pace, non solo quelli proposti dall’Ucraina e dai suoi alleati. Dopo avere elencato altre misure di semplice buon senso, quali la necessità di non utilizzare armi di distruzione di massa e il rifiuto degli attacchi a installazioni nucleari, l’ultimo punto riprendeva l’ultimo punto del precedente piano cinese, enfatizzando la necessità di rafforzare la cooperazione internazionale e la sicurezza delle infrastrutture, e di proteggere ‟la stabilità dell’industria globale e le catene di rifornimenti”.[4]

Preso atto del sostanziale fallimento del vertice di Bürgenstock, provocato sia dalla defezione cinese che dalle mutate condizioni sul campo di battaglia, la leadership ucraina si trovò costretta a cambiare approccio. Era soprattutto necessario rinfocolare l’ottimismo dei paesi NATO verso l’idea di una conclusione vittoriosa del conflitto, in modo da assicurarsi un rifornimento costante e puntuale di materiale bellico e un afflusso stabile di finanziamenti. A tal fine, agli inizi di agosto il comando ucraino lanciò un’operazione estremamente ambiziosa, l’invasione dell’oblast’ di Kursk, il cui scopo era molteplice: costringere la Russia a spostare riserve dalle altre zone del fronte arrestando le sue operazioni militari nel Donbass, causare malcontento nell’opinione pubblica russa che si sarebbe auspicabilmente concretizzato in una perdita di sostegno per Putin, e convincere gli alleati che le capacità combattive dell’esercito ucraino erano ancora molto grandi e che era necessario continuare a sostenerle, magari concedendo all’Ucraina l’autorizzazione a colpire le installazioni strategiche russe a grande distanza dal confine utilizzando i missili forniti dalla NATO. L’operazione di Kursk non ottenne però risultati di rilievo e l’autorizzazione continuò a non venir concessa per evitare rischi di escalation. A questo punto la leadership ucraina decise di mantenere almeno l’iniziativa diplomatica, iniziando a far circolare informazioni volutamente vaghe su un nuovo piano di pace, anzi ‟di vittoria”, grazie al quale la Russia sarebbe stata costretta a trattare e l’Ucraina avrebbe ottenuto ‟una pace giusta” i cui termini generali non erano poi molto dissimili da quelli del ‟piano Zelensky”.

Dopo settimane di speculazioni, il 15 settembre Zelensky divulgò alcuni dettagli in una lunga intervista con Fareed Zakaria della CNN:[5] non a caso un’emittente statunitense, per chiarire subito chi avrebbe dovuto essere il principale sponsor del nuovo piano. Nella versione comunicata a Zakaria il piano era composto da cinque punti, i primi quattro per giungere a una conclusione vittoriosa del conflitto e il quinto che riguardava il sostegno economico per rimettere in piedi l’Ucraina a guerra finita. Nell’intervista Zelensky si limitava ad elencare i quattro punti, fornendo pochi dettagli: sicurezza dell’Ucraina, posizione geopolitica del paese, sostegno militare che doveva essere ‟molto forte”, e libertà di utilizzare liberamente ogni risorsa fornita senza bisogno di autorizzazioni. Sembra evidente che i primi due punti si riferissero a un’integrazione dell’Ucraina nell’ambito della NATO e dell’Unione Europea a conflitto ancora in corso, e gli altri due alla pressante necessità di mantenere, e se possibile aumentare, il flusso di rifornimenti e di accelerane le spedizioni per aumentare i danni subiti dalla Russia e obbligarla a ritirarsi o almeno a negoziare. Il piano, in sostanza, chiamava gli alleati non solo a un maggiore sforzo ma anche a un maggiore coinvolgimento, aumentando di molto i rischi di una escalation con la Russia; per questo Zelensky ne avrebbe discusso direttamente con la leadership statunitense, partendo alla volta degli USA.

Al di là dell’immancabile sostegno verbale, però, né gli USA né gli alleati europei si sono dimostrati disposti al maggior coinvolgimento chiesto da Zelensky, soprattutto perché il 25 settembre, mentre il presidente ucraino si trovava appunto negli Stati Uniti, Putin ha annunciato una proposta di revisione della dottrina nucleare russa che la renderebbe non solo più elastica, ma che soprattutto considererebbe un attacco portato da uno stato non-nucleare, ma assistito da una potenza nucleare, come un attacco congiunto dei due stati.[6] Questa precisazione deve essere stata recepita con una certa preoccupazione nelle cancellerie occidentali, perché da quel momento in poi l’autorizzazione a colpire in profondità il territorio russo con armi occidentali, che in quei giorni pareva sarebbe stata finalmente concessa e che formava il punto principale del piano ucraino, è sparita dal dibattito. Un’ulteriore colpo è stato assestato dall’uragano Milton, che abbattendosi sulla Florida a pochi giorni di distanza dal più catastrofico uragano Helene, ha obbligato Biden a restare negli USA cancellando la sua presenza al vertice NATO che doveva tenersi a Ramstein il 12 ottobre e che è stato rimandato a data da destinarsi, probabilmente a dopo le elezioni. Zelensky, che avrebbe dovuto partecipare al vertice, ha dovuto accontentarsi di una serie di incontri bilaterali in Gran Bretagna, Francia e Italia, dai quali oltre alla solidarietà non ha ottenuto nulla. A questo punto ha deciso di presentare una versione molto più dettagliata del piano, o meglio della sua ultima versione, prima alla popolazione ucraina in un discorso alla Rada il 16 ottobre,[7] e all’opinione pubblica mondiale il giorno successivo a Bruxelles.

Questa volta Zelensky ha fornito molti più particolari, anche se alcuni passaggi del piano restano segreti e sono stati comunicati solo agli alleati più stretti tra cui anche l’Italia. Nel discorso al parlamento ucraino ha prima ricordato come l’unica strada per la sopravvivenza del paese sia la vittoria, non solo la pace, dichiarando senza mezzi termini che il successo di questo piano dipende dagli alleati e che deve essere raggiunto in fretta, o l’aggressione russa si estenderà e causerà altre aggressioni in altre aree del pianeta. È passato poi ad elencare i punti, che restano cinque ma hanno subito alcune modifiche rispetto alla versione originaria, più tre punti che restano segreti. Il primo punto è, senza mezzi termini, l’adesione alla NATO ‟immediatamente”, per mettere la Russia di fronte a una sconfitta geopolitica e inserire l’Ucraina nell’architettura di sicurezza euroatlantica. Il secondo punto riguarda la difesa: continuare le operazioni militari, ricevere equipaggiamento per le nuovo brigate che si stanno costituendo, aumentare le capacità di difesa antiaerea e antimissile coinvolgendo anche i sistemi degli stati NATO confinanti che dovrebbero impegnarsi ad abbattere i missili russi sul territorio ucraino, aumentare la produzione locale di missili e droni, rimuovere ogni limitazione sull’uso dei sistemi d’arma forniti dalla NATO, e condivisione immediata di ogni dato satellitare e di intelligence. Il terzo punto, che ha anche un allegato segreto, consiste nello schieramento sul territorio ucraino di ‟un pacchetto completo di deterrenza strategica non-nucleare”: ovvero, presenza di materiale militare, e chiaramente anche di personale, dei paesi NATO sul territorio ucraino in funzione di deterrenza, non è chiaro se schierati sulla linea del fronte o nelle retrovie. Il quarto punto è economico e consiste nell’offerta di condividere le risorse naturali ucraine con i paesi alleati (anche qui c’è un allegato segreto) e nella richiesta di ulteriori e più stringenti sanzioni contro la Russia. Nell’ultimo punto, infine, Zelensky offre all’Alleanza la disponibilità ucraina a sostituire alcuni contingenti militari statunitensi dislocati in Europa con reparti ucraini formati da veterani del conflitto, che avranno acquisito un’esperienza militare notevole durante il conflitto e potranno rafforzare egregiamente la difesa europea al posto loro (ed è evidente che quest’ultimo punto è diretto principalmente a Trump, che ha annunciato più volte la sua volontà di sganciarsi dall’Europa oltre che dal conflitto in Ucraina).

Sostanzialmente, il ‟piano di vittoria” prevede l’ingresso diretto della NATO nel conflitto, a fronte della sua indisponibilità più volte dichiarata a impegnarsi maggiormente. Sarebbe dunque facile liquidarlo come velleitario, irrealizzabile e, per i rischi di escalation e di allargamento, addirittura sconsiderato. Lo scopo ultimo di questa dichiarazione pubblica, però, non è tanto chiedere l’impossibile quanto mettere gli alleati di fronte alle loro responsabilità. L’Ucraina sta combattendo anche per la NATO, il cui impegno sta invece scemando decisamente e potrebbe interrompersi dopo le prossime presidenziali statunitensi. Ma se la NATO smette di sostenere l’Ucraina, l’Ucraina non sarà più in grado di combattere e tutti i sacrifici tremendi sostenuti negli ultimi anni, lodati e incoraggiati proprio dagli alleati, saranno stati del tutto inutili. Se davvero, come è stato affermato più volte, la NATO è con l’Ucraina ‟per tutto il tempo che sarà necessario” e il suo impegno è ‟incrollabile”, è il momento di dar seguito a queste promesse altrimenti la NATO perderà magari la faccia ma l’Ucraina perderà, e ha già perso, molto di più. E questo, naturalmente, potrebbe anche essere da parte di Zelensky uno stratagemma per assegnare la responsabilità di quella che ormai pare una sconfitta inevitabile non a sé stesso e alla leadership ucraina ma a quella degli alleati, con conseguenze diplomatiche che si faranno sentire anche dopo il termine del conflitto.

[1]   https://www.president.gov.ua/en/news/ukrayina-zavzhdi-bula-liderom-mirotvorchih-zusil-yaksho-rosi-79141

[2]   https://en.wikisource.org/wiki/Summit_on_Peace_in_Ukraine:_Joint_Communiqu%C3%A9_on_a_Peace_Framework_(16_June_2024_version)

[3]   https://www.fmprc.gov.cn/zyxw/202302/t20230224_11030707.shtml

[4]   https://www.gov.br/planalto/en/latest-news/2024/05/brazil-and-china-present-joint-proposal-for-peace-negotiations-with-the-participation-of-russia-and-ukraine

[5]   https://www.youtube.com/watch?v=NNZ8dmiDJkk; https://www.youtube.com/watch?v=T-rLLO1uu-o.

[6]   https://www.reuters.com/world/europe/putin-says-russia-reserves-right-use-nuclear-weapons-if-attacked-2024-09-25/

[7]   https://www.president.gov.ua/en/news/haj-nasha-spilna-robota-za-planom-peremogi-yaknajshvidshe-ob-93849