di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 1 novembre 2024. Almeno dieci persone sono state uccise questa mattina in un bombardamento israeliano che ha colpito l’ingresso di una scuola trasformata in rifugio per gli sfollati di Gaza nel campo profughi di Nuseirat. Mentre nel nord continua l’accerchiamento e la situazione umanitaria è catastrofica dopo un mese di assedio israeliano, nelle ultime ore l’esercito di Tel Aviv ha colpito più volte diverse zone nel centro di Gaza. Nel campo profughi di Nuseirat nella notte è stato abbattuto un blocco residenziale causando circa 26 vittime. I bombardamenti non si sono arrestati e nuove stragi sono state segnalate questa mattina, con la distruzione di due edifici e l’attacco alla scuola-rifugio. Si scava ancora tra le macerie nel tentativo di recuperare i corpi dei dispersi.
Nel nord della Striscia circa 200.000 palestinesi rimangono senza acqua né cibo, circondati dai carri armati israeliani e dai combattimenti tra i militari e i membri di Hamas. Tel Aviv impedisce l’ingresso di aiuti umanitari e i cecchini dell’esercito colpiscono chi tenta di recuperare i corpi dei morti o di aiutare i feriti. Nonostante le notizie arrivino con difficoltà, diverse testimonianze raccontano di corpi abbandonati per le strade di Beit Lahia, la zona maggiormente colpita negli ultimi giorni. Tra lunedì e martedì più di cento persone sono state uccise in un terribile massacro. Un intero edificio residenziale a più piani è stato colpito con una bomba ad alto potenziale che lo ha abbattuto. Almeno 25 bambini tra le vittime. La strage è stata definita “orrorifica” anche dal Dipartimento di Stato USA, il quale ha dichiarato di aver chiesto spiegazioni all’alleato israeliano. I soldati hanno dichiarato di aver colpito un uomo che sembrava sospetto.
A Beit Lahia si trova parte della popolazione sfollata di Jabalia, al centro di una ennesima, violenta operazione militare nei giorni scorsi. L’esercito aveva dato ordine alla popolazione di sfollare verso Beit Lahia e verso Gaza City. Nuovi ordini di evacuazione sono stati emessi ora per le persone rifugiate proprio a Beit Lahia. Nel nord di Gaza assediato non ci sono più ambulanze, la protezione civile ha dichiarato di non poter più operare a causa degli attacchi israeliani, non ci sono paramedici e le persone scavano a mani nude tra le macerie per tentare di tirar fuori i sopravvissuti dei bombardamenti e i corpi degli uccisi.
Il dottor Hussam Abu Safiyeh, direttore dell’ospedale Kamal Adwan, ha lanciato ieri, 24esimo giorno dell’assedio israeliano al nord di Gaza, un appello per bloccare gli attacchi alla struttura, che hanno causato la distruzione di reparti e di numerose forniture mediche, bruciate insieme agli impianti per l’ossigeno e ai macchinari del reparto di dialisi, l’unico in tutto il nord di Gaza. L’incendio causato dai colpi di mortaio ha bruciato le scorte mediche e ha causato la distruzione delle cisterne dell’acqua. Le medicine erano state consegnate 5 giorni prima dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e si trovavano nel piano dell’edificio preso di mira dai soldati. Diverse persone sono rimaste ferite nel tentativo di spegnere le fiamme. Nell’ospedale ci sono al momento 120 feriti, soprattutto donne e bambini. Manca il personale medico e la struttura non ha a disposizione neanche un’ambulanza. Abu Sagiyeh ha chiesto alle organizzazioni mondiali di inviare immediatamente medicine, sacche di sangue, ambulanze per recuperare i feriti e personale medico in grado di curare le persone presenti.
Gli attacchi alla Striscia sono diventati più violenti proprio quando si parlava di un possibile cessate il fuoco. Hamas ha rifiutato le proposte di uno stop temporaneo ai bombardamenti con rilascio di ostaggi israeliani e di prigionieri palestinesi. Il movimento islamico ha dichiarato di volere un cessate il fuoco definitivo e il ritiro dell’esercito dalla Striscia. Anche le incursioni in Cisgiordania si sono moltiplicate, con un raid nel campo profughi di Nour Shams che ha causato due morti. I bulldozer hanno danneggiato la sede dell’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei profughi palestinesi, di recente bandita da un voto della Knesset.
Gli Stati Uniti hanno fatto importanti pressioni per raggiungere un cessate il fuoco anche tra Israele e il Libano. Se nel pomeriggio del 31 ottobre un accordo sembrava probabile e addirittura prossimo, la ripresa dei bombardamenti sulla zona a sud di Beirut, gli attacchi violenti a Tiro e gli ordini di evacuazione hanno chiarito quale fosse la linea politica di Tel Aviv. Il premier Netanyahu ha comunque voluto mettere nero su bianco le proprie intenzioni, in una nota inviata anche agli Stati Uniti: gli accordi non sono la nostra priorità e faremo ciò che per noi è necessario “nonostante qualsiasi pressione e vincolo”.
Il premier libanese Mikati ha così commentato le parole di Netanyahu:”Le dichiarazioni israeliane e i segnali diplomatici ricevuti dal Libano confermano la testardaggine israeliana nel respingere le soluzioni proposte e insistere sull’approccio di uccisione e distruzione”.
Gli attacchi di giovedì 31 a Balbeek hanno riguardato una zona patrimonio dell’UNESCO che contiene diverse rovine romane. La coordinatrice speciale delle Nazioni Unite per il Libano, Jeanine Hennis-Plasschaert, ha dichiarato che il patrimonio culturale del Paese è in pericolo.
Recent evacuation orders for the cities of Baalbek and Tyre forced tens of thousands of Lebanese to flee en masse. Worsening an already catastrophic mass displacement situation. Ancient Phoenician cities steeped in history are in deep peril of being left in ruins. Lebanon’s…
— Jeanine Hennis (@JeanineHennis) November 1, 2024
Oggi un attacco aereo israeliano ha distrutto un’abitazione con circa 20 persone al suo interno, nel Libano orientale. Al momento sono stati recuperati solo 7 corpi ma le ricerche continuano. Altre 4 persone sono state uccise a pochi chilometri di distanza.
La capitale libanese è stata colpita da più di 10 raid nella notte tra giovedì e venerdì e si contano diverse vittime. Israele ha ordinato l’evacuazione del campo profughi palestinese di Rashidiyeh che ospita circa 10.000 persone tra rifugiati palestinesi e siriani. Alcune famiglie hanno abbandonato le proprie case, qualcuno a piedi, per spostarsi di pochi chilometri. Ma non c’è stata una fuga di massa: le persone non sanno dove andare, i rifugi sono pieni e spesso non si possiedono le capacità economiche adeguate per trovare un’alternativa. Il campo è abitato da circa 2.000 famiglie e sono presenti tantissimi bambini. Un bombardamento potrebbe causare una strage: “Le bombe già cadono vicino l’area del campo”, ci ha detto Shula, una giovane che vive a Rashiyeh con tutta la sua famiglia. “Ma la situazione sta peggiorando. Il suono delle esplosioni è sempre più vicino e non sappiamo cosa ci succederà nelle prossime ore. La zona intorno è diventata deserta, molte case sono vuote, è tutto spaventoso e deprimente”. Pagine Esteri