di Eliana Riva – 

Pagine Esteri, 17 gennaio 2025. Firmato finalmente, questa mattina, l’accordo annunciato mercoledì tra Israele e Hamas sul cessate il fuoco a Gaza e lo scambio di prigionieri. Le ultima ore sono state colme di trattative, dichiarazioni e manifestazioni in Israele. Quando tutto sembrava ormai certo, Netanyahu ha dichiarato che non avrebbe riunito il consiglio di sicurezza, come previsto nella mattinata di giovedì, incolpando Hamas di provare ad inserire nuove clausole dell’ultimo minuto. Il movimento islamico ha smentito e diverse fonti, anche interne israeliane, hanno fatto sapere che il ritardo era in realtà dovuto ai tentativi del premier di salvare la sua coalizione governativa.

Ieri i rappresentanti di Potere ebraico e Sionismo religioso, i ministri Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, hanno tenuto due conferenze stampa separate per annunciare mosse e decisioni nel tentativo di bloccare l’accordo o, in alternativa, stabilire una contropartita. Ben Gvir è apparso subito inamovibile rispetto a Smotrich e ha dichiarato, senza apparentemente lasciar spazio a ripensamenti, che lascerà il governo se l’accordo dovesse essere votato a maggioranza. Il ministro delle Finanze, dal canto suo, ha fatto sapere invece che si sarebbe “accontentato” di ricevere garanzie sul fatto che la guerra a Gaza riprenderà dopo il rilascio degli ostaggi. E che Israele non andrà mai via dal corridoio Filadelfia, mantenendo il controllo completo sull’ingresso degli aiuti nella Striscia.

In risposta, il partito di Netanyahu, il Likud, ha rilasciato una dichiarazione con la quale ha nella pratica smentito tutti i punti più importanti dell’accordo stesso: “Contrariamente ai commenti di Ben-Gvir, l’accordo esistente consente a Israele di tornare a combattere sotto le garanzie americane, ricevere le armi e i mezzi di guerra di cui ha bisogno, massimizzare il numero di ostaggi viventi che saranno rilasciati, mantenere il pieno controllo della rotta Filadelfia e il cuscinetto di sicurezza che circonda l’intera Striscia di Gaza e ottenere importanti risultati che garantiranno la sicurezza di Israele per generazioni”. Smotrich, rassicurato, ha fatto sapere che non voterà l’accordo ma che continuerà a sostenere il governo.

Sempre in serata, i media israeliani hanno scritto che Netanyahu avrebbe voluto posticipare di un giorno l’inizio della tregua. La Casa Bianca ha reagito con rabbia e stupore e lo stesso Biden ha dichiarato di non essere per nulla contento. Dopo notizie, smentite e rimpalli, questa mattina l’ufficio del premier ha sciolto gli indugi, confermando che, come comunicato in un primo momento, la tregua entrerà in vigore domenica 19 gennaio, quando verranno anche rilasciati i primi ostaggi. Israele ha pubblicato la lista dei nomi dei 33 prigionieri che Hamas consegnerà entro la fine della prima fase dell’intesa, che durerà 42 giorni.

Il ministro della difesa Israel Katz ha dichiarato che in risposta alla liberazione israeliana dei prigionieri politici palestinesi, libererà immediatamente i coloni israeliani in detenzione amministrativa: “Ho deciso di rilasciare i coloni in prigione in detenzione amministrativa e di trasmettere un chiaro messaggio di rafforzamento e incoraggiamento degli insediamenti”. La violenza dei coloni, soprattutto da quando l’ultimo governo Netanyahu, di estrema destra, si è insediato, è cresciuta enormemente in Cisgiordania. Gli israeliani che vivono negli insediamenti all’interno dei Territori palestinesi occupati, in violazione del diritto internazionale, effettuano raid all’interno dei villaggi palestinesi, aggrediscono gli abitanti, danno alle fiamme case, automobili, abitazioni e alberi d’ulivo e hanno ucciso diverse persone. In Cisgiordania, Israele applica la legge militare, che permette la detenzione, anche per anni, senza condanne né accuse. Nei due anni da ministro della difesa, Yoav Gallant ha applicato la misura di detenzione amministrativa contro 12 coloni che avevano guidato (e a differenza di centinaia di altri erano stati identificati) gravi azioni violente. Di questi, cinque erano già tornati a casa. Israel Katz, che ha preso il posto di Gallant, su cui pende un mandato di arresto della Corte penale internazionale per crimini di Guerra a Gaza, ha annunciato a novembre che la detenzione amministrativa non sarebbe più stata applicabile, in Cisgiordania, per gli abitanti ebrei delle colonie illegali ma solo per i palestinesi sotto occupazione. Così, in una mossa che sa tanto di propaganda, ha annunciato che scarcererà al più presto i sette coloni attualmente in detenzione amministrativa. Più di 700.000 coloni (il 10% della popolazione israeliana) vivono in 150 insediamenti e 128 avamposti sparsi in tutta la Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est.

A Gaza, intanto, la popolazione, all’oscuro delle manovre interne alla politica israeliana, continua a morire. 113 persone hanno perso la vita dall’annuncio dell’accordo. Gli abitanti hanno dichiarato che la violenza degli attacchi è la stessa, terribile, del primo mese di guerra. Video mostrano droni che fanno cadere bombe sugli edifici che ospitano sfollati, sulle tende dei campi profughi. Ancora intere famiglie sono state assassinate nella distruzione completa degli edifici residenziali. Da mercoledì sera 28 bambini e 31 donne sono stati massacrati. Pagine Esteri