Sarebbe dovuta durare qualche mese l’occupazione militare israeliana della Siria dopo la caduta di Bashar al-Assad. Poi si è prolungata a tutto il 2025. Lunedì è diventata minaccia aperta a tempo indeterminato. Tel Aviv dispensa ordini e imposizioni al governo di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), dichiarando che non permetterà che uomini del gruppo siano presenti a sud di Damasco. Netanyahu ha dichiarato di non accettare la presenza del governo né di gruppi ad esso affiliati.
Lunedì l’esercito ha fatto sapere di aver effettuato decine di incursioni dentro e oltre la zona cuscinetto siriana, a sud, sequestrando e distruggendo armi, mezzi e infrastrutture militari. “Non permetteremo alle forze dell’HTS o del nuovo esercito siriano di entrare nel territorio a sud di Damasco” ha dichiarato Netanyahu. “Chiediamo la piena smilitarizzazione della Siria meridionale, nelle province di Quneitra, Daraa e Sweida”. Il premier ha anche affermato che Israele rimarrà in Siria per “tutto il tempo necessario”. Secondo fonti governative l’esercito si sta preparando a una presenza che potrebbe durare anni. I militari hanno anche dichiarato che non tollereranno “alcuna minaccia alla setta drusa nella Siria meridionale”. In realtà, secondo molte testimonianze, i drusi siriani che vivono nel Golan non si sentono rassicurati dalla presenza d’Israele, tutt’altro. Eppure, la lettura di Tel Aviv prova a raccontare di una popolazione che, se potesse scegliere, preferirebbe essere assorbita nello stato israeliano e che dunque per questo motivo e per ragioni di sicurezza, Israele avrebbe il diritto di occupare permanentemente il territorio siriano. Una narrazione che si scontra con la realtà e con le stesse dichiarazioni dei capi villaggio rilasciate a diversi media arabi.
Prosegue anche l’occupazione israeliana del Libano. Domenica, durante i funerali del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ucciso da un bombardamento il 24 settembre, l’esercito di Tel Aviv ha fatto esplodere diverse strutture nel sud del Paese ma anche nell’area di Baalbek, a circa 100 km in profondità. Secondo gli accordi di cessate il fuoco con Hezbollah, Israele avrebbe dovuto ritirarsi completamente dal Libano entro il 18 febbraio ma ha fatto sapere che manterrà militari e postazioni in cinque aree. Il ministro dell’intelligence libanese ha detto domenica sera che Israele deve ritirarsi e ha accusato Tel Aviv di “violazione della legge e dell’accordo per il cessate il fuoco” anche a causa degli aerei da guerra che ha inviato a bassa quota su Beirut durante i funerali di Nasrallah.
Il ministro della difesa Israel Katz ha dichiarato che i jet da guerra servivano per inviare un messaggio ai leader di Hezbollah e ricordare loro cosa gli può accadere se decidono di combattere lo stato ebraico.
Occupazione “a tempo indefinito” anche dei campi profughi nella Cisgiordania occupata. Sono arrivati i carri armati a dimostrare che, come annunciato dai vertici dell’esercito e dallo stesso Netanyahu, le azioni militari diverranno ancora più dure. Un anno almeno di presenza fissa nei campi profughi secondo Katz, mentre la Cisgiordania viene schiacciata dai checkpoint e dalle chiusure improvvise di strade e arterie, sotto la forma sempre più chiara di una prigione senza mura progettata e costruita senza sosta negli ultimi trent’anni. Katz ha anche ammesso di aver sfollato con i suoi militari 40.000 palestinesi dalle proprie case e che a queste persone, a differenza di quanto giurato dall’esercito fino a pochi giorni fa, non verrà permesso di ritornare. L’ammissione ha lasciato di stucco i vertici militari, che avevano disperatamente tentato di minimizzare l’impatto sulla popolazione civile e che si ritrovano ora a dover ammettere il progetto di pulizia etnica che i palestinesi della Cisgiordania stanno da anni denunciando. Decine di migliaia di persone sono rifugiate in scuole e moschee. La Croce Rossa Internazionale ha denunciato una situazione umanitaria insostenibile: “Con molte case danneggiate o distrutte, le persone stanno lottando per accedere ai bisogni di base come acqua pulita, cibo, cure mediche e riparo”, Pagine esteri