Le elezioni tedesche si sono concluse senza grosse sorprese e hanno sostanzialmente confermato le previsioni per il prossimo governo che verrà certamente guidato da Friedrich Merz, leader della CDU. Se il successo di Merz era atteso, alcune sue dichiarazioni riguardanti la sua visione della futura politica di difesa europea rappresentano invece una novità rispetto ai discorsi di Draghi, von der Leyen e dei politici che, a più riprese, hanno chiesto maggiori investimenti per il cosiddetto Strategic Compass for Security and Defence, la nuova architettura della sicurezza europea.[1] Merz è andato molto oltre, suggerendo in sintesi che l’Europa, visti i recenti dissidi con gli Stati Uniti sulla questione ucraina, in generale, sul ruolo dell’Alleanza Atlantica, crei un’alleanza militare analoga alla NATO ma senza gli USA. L’idea era già stata ventilata da Macron, che vorrebbe la creazione di una forza militare europea distinta dalla NATO, ma che agisca comunque in accordo con essa;[2] Merz, al contrario, vorrebbe la futura difesa europea del tutto sganciata non solo dagli USA ma dalla NATO stessa, decretandone sostanzialmente la fine almeno ‟nella sua forma attuale”.[3]

            La cosa è più facile a farsi che a dirsi, naturalmente, e non solo per una questione di costi e determinazione politica. Gli Stati Uniti sono certamente intenzionati a ridurre il loro investimento economico nella NATO europea e, molto probabilmente, a ridurre anche la presenza delle loro truppe sul continente, ma certamente non sono disposti ad abbandonare le loro basi, soprattutto quelle dove sono presenti armamenti nucleari. Se però ipotizziamo che le parole di Merz, specie se sostenute da quelle di Macron, siano più che la semplice espressione del disappunto della leadership europea per la nuova politica di Trump e siano invece l’anticipazione di un disegno ben preciso, ci troviamo di fronte a un problema non da poco: la necessità di un efficace mezzo di deterrenza che non potrebbe che essere nucleare. Merz ha parlato di ‟estendere la protezione nucleare” di Francia e Gran Bretagna, gli unici due stati europei dotati di armi del genere, anche alla Germania.[4] Ma è una cosa fattibile, e soprattutto sarebbe sufficiente?

            Messe insieme, Francia e Gran Bretagna dispongono di un po’ più di 500 testate, un numero certamente non piccolo. Bisogna però in primo luogo chiedersi se la Gran Bretagna, che dell’Unione Europea non fa parte, sarebbe disposta a questa condivisione (la Francia sembra di capire che lo sia), soprattutto se si considera che il suo arsenale militare è strettamente collegato a quello statunitense e disaccoppiarlo sarebbe complesso. Tutta la sua deterrenza nucleare è affidata infatti a 48 missili balistici intercontinentali UGM-133A Trident II D5 statunitensi, con gittata superiore ai 10.000 chilometri, ognuno dei quali in grado di portare fino a 8 testate W76 MIRV da 100 chilotoni.[5] Tutti i missili del Regno Unito possono essere lanciati solo da quattro sottomarini di classe Vanguard la cui base si trova a Clyde, in Scozia, cosa che tra l’altro potrebbe essere un ulteriore problema in caso di ulteriori pulsioni indipendentiste. La Gran Bretagna dispone dunque solo di missili statunitensi, lanciabili esclusivamente da quattro sottomarini ormai piuttosto anziani che, negli anni 2030, saranno sostituiti dalla nuova classe Dreadnought.

            Il deterrente nucleare francese, invece, è del tutto autonomo sia dagli Stati Uniti che dalla NATO.[6]  A differenza della Gran Bretagna la Francia non ha missili balistici, ha però capacità di lancio sia sottomarino che aereo. La maggior parte delle sue circa 300 testate nucleari sono assegnate ai quattro sottomarini di classe Triomphant della Force Océanique Stratégique (FOST) di stanza alla Île Longue, a sud di Brest. I quattro sottomarini (dei quali uno sempre di pattuglia, uno pronto a partire e uno di ritorno dal pattugliamento) dispongono di 16 missili M51.1, ognuno dei quali può portare fino a 6 testate TN75 MIRV da 100 chilotoni con un raggio d’azione di 6000 chilometri, e di 32 M51.2 ognuno dei quali porta fino a  6 testate TNO MIRV da 150 chilotoni, più recenti, più potenti, con maggiore capacità stealth e 9000 chilometri di raggio d’azione. Nel 2025 dovrebbero entrare in servizio i missili M51.3, che hanno già superato i test operativi e andranno gradualmente a sostituire le versioni precedenti.[7] Il resto del deterrente nucleare francese è affidato a 40 aerei Rafale BF3 e a uno squadrone di 10 Rafale MF3 che opera dalla portaerei Charles de Gaulle. Gli aerei hanno un’autonomia di circa 2000 km e sono armati con testate TN- 80/ TN- 81 da 300 chilotoni montate su missili aria-superficie Air-Sol Moyenne Portée (ASMP/ ASMP-A) con un raggio d’azione massimo di 300 km, 500 per gli ASMP/A.

            Anche ipotizzando l’impiego del solo deterrente francese, dunque, si tratta di un arsenale di tutto rispetto che può certamente infliggere danni catastrofici all’avversario ma che anche in caso di first strike inatteso non sarebbe sufficiente a neutralizzare la minaccia proveniente da un’altra potenza atomica, che potrebbe a sua volta rispondere in maniera molto più devastante, senza considerare che se si arrivasse a un tale stato di tensione sarebbe relativamente facile per l’avversario distruggere preventivamente l’unica base di sommergibili da cui verrebbe il grosso della minaccia. Lo stesso discorso varrebbe anche per la base inglesi, cosicché, in caso di attacco con successo, dei complessivi 8 sottomarini nucleari franco-inglesi se ne salverebbero al massimo 4, quelli sempre impegnati nei pattugliamenti. Si tratta quindi d un arsenale nucleare troppo esiguo per poter costituire un deterrente valido, soprattutto considerando che i missili balistici sono molto pochi, e solo inglesi: l’avversario avrebbe sostanzialmente ottime probabilità di ‟vincere” il conflitto atomico, pur subendo potenzialmente danni e anche se attaccato per primo.

            Sembra a questo punto evidente che se l’Europa intende davvero essere militarmente autonoma sarà costretta a sviluppare un deterrente nucleare proprio, senza contare più esclusivamente su quello francese. Quest’ultimo potrebbe certamente costituire un’ottima base di partenza, ma andrebbe potenziato, dotato di alternative (quantomeno missili balistici) e molto aumentato nel numero dei vettori e delle testate. Se così fosse, la guida dell’esercito europeo andrebbe di necessità alla Francia, che non cederebbe certo la possibilità di impiego del suo deterrente nucleare ad altri stati e nemmeno a un comando unificato che non la vedesse in posizione di autorità. Al di là della sfida di mettere d’accordo tutte le differenti volontà nazionali, già non tutte concordi nella valutazione del rischio posto dalla Russia, l’Europa dovrebbe far fronte a spese spaventosamente alte per la ricerca, la costruzione, l’immagazzinamento e l’operatività dei sistemi d’arma più complessi e pericolosi di cui un arsenale può disporre, oltre che per il reclutamento, la formazione e l’inquadramento di personale altamente specializzato.

            Il rischio maggiore, ad ogni modo, sarebbe la risposta delle altre potenze nucleari. Già gli Stati Uniti non vedrebbero di buon occhio la formazione di un’alleanza militare che li escludesse dai processi decisionali, anche se i paesi europei potrebbero, almeno formalmente, non abbandonare la NATO; se però quest’alleanza si dotasse anche di armi nucleari, il passo potrebbe essere visto come una minaccia. E come una minaccia lo vedrebbe certamente la Russia, che potrebbe considerare l’ipotesi di agire preventivamente per impedire all’Europa di dotarsene, non con un first strike nucleare ma con operazioni ispirate alla cosiddetta ‟dottrina Begin” israeliana, ossia la distruzione preventiva delle potenzialità nucleari dei paesi considerati un pericolo per la propria sicurezza (operazione ‟Opera” del 7 giugno 1981, che portò alla distruzione del centro iracheno di ricerche nucleari di Tuwaitha; operazione ‟Outside the box” del 6 settembre 2007 contro il sito nucleare siriano di Al-Kibar) non solo con attacchi militari ma anche con operazioni di sabotaggio, hackeraggio e omicidio di figure chiave per lo sviluppo dei programmi nucleari.[8]

            Al di là dei costi finanziari la scelta dell’autonomia strategica è irta di pericoli, ma se davvero l’Europa intende dotarsi di un esercito continentale e perseguire obiettivi autonomi, non può prescindere da un deterrente credibile che può essere solo quello nucleare. Se quelle di Merz e Macron non sono solo parole in libertà e l’Europa vuole davvero incamminarsi in questa direzione, bisogna essere coscienti di ciò che si trova alla fine della strada. Pagine Esteri

[1]   https://www.rid.it/shownews/7137/una-nuova-difesa-per-l-rsquo-europa?

[2]   https://www.lemonde.fr/politique/live/2024/04/25/en-direct-discours-d-emmanuel-macron-sur-l-europe-suivez-l-allocution-du-chef-de-l-etat-a-la-sorbonne-a-un-mois-et-demi-des-elections-europeennes_6229789_823448.html; https://www.lemonde.fr/international/article/2024/04/26/defense-europeenne-la-france-souhaite-la-creation-d-une-force-de-reaction-rapide-commune-des-2025-confirme-sebastien-lecornu_6230091_3210.html

[3]   https://www.reuters.com/world/europe/germanys-merz-questions-longevity-natos-current-form-2025-02-23/

[4]   https://www.euractiv.com/section/politics/news/merz-considers-extension-of-french-british-nuclear-umbrella-to-germany/

[5]   https://thebulletin.org/premium/2024-11/united-kingdom-nuclear-weapons-2024/

[6]   https://fas.org/wp-content/uploads/2023/07/French-nuclear-weapons-2023.pdf; https://www.armscontrol.org/factsheets/arms-control-and-proliferation-profile-france

[7]   https://www.france24.com/en/france/20231119-france-test-fires-long-range-ballistic-missile-in-effort-to-boost-nuclear-deterrence-credibility

[8]   https://www.nti.org/analysis/articles/israel-nuclear/;