L’articolo è stato pubblicato in origine sul quotidiano Il Manifesto.

Gli aerei da guerra israeliani hanno bombardato Gaza da nord a sud. Jabalia, Beit Hanoun, Gaza City, Nuseirat, Deir el-Balah, Khan Younis e Rafah. Anche l’area di al-Mawasi, designata zona umanitaria dalla stessa Tel Aviv. Sono state colpite scuole-rifugio, tende per sfollati, le case danneggiate dentro cui si riparavano intere famiglie. Momen Qoreiqeh, un sopravvissuto, ha raccontato ai giornalisti di Al Jazeera di essere riuscito a recuperare 26 cadaveri, tutti membri della sua famiglia, ammazzati insieme mentre dormivano. «Massacri di civili» li ha definiti Medici senza frontiere (Msf), che ha contato decine di morti e feriti nelle cliniche che gestisce. Nell’ospedale Nasser di Khan Younis l’unità di terapia intensiva pediatrica si era già riempita ieri mattina. Il direttore dell’Al-Shifa ha dichiarato che ogni minuto un ferito muore a causa della mancanza di risorse mediche. Medicine, attrezzature, personale: le strutture sanitarie dove vengono portati i feriti sono le stesse ridotte al collasso da quindici mesi di bombardamenti, dall’assedio dei militari israeliani, dal nuovo blocco di carburante e di aiuti. Due mesi di cessate il fuoco non sono certo bastati a recuperare la piena funzionalità.

Gli abitanti si sono ritrovati, ancora una volta, a organizzare preghiere funebri negli obitori improvvisati, i feriti sono stati adagiati sui pavimenti delle strutture ospedaliere, spesso senza la possibilità di essere assistiti. L’Unicef ha espresso enorme preoccupazione per la vita dei bambini, più di un milione nella Striscia, che stanno «sopportando il peso di questa guerra». Human Rights Watch ha affermato che Israele sta violando il diritto internazionale e ha chiesto ai Paesi occidentali di bloccare l’afflusso di armi verso Tel Aviv.

Insieme alle bombe sono ricominciati anche gli ordini di sfollamento forzato. Con le modalità che agenzie internazionali e organizzazioni umanitarie avevano già delineato in passato: comandi poco chiari, a volte contraddittori sulle zone sicure verso cui dirigersi. Tutta la città di Beit Hanoun, nel nord di Gaza, è sotto ordine di sfollamento. Hamas ha fatto sapere che gli attacchi hanno preso di mira alcuni membri, responsabili dell’amministrazione della Striscia, che sono stati uccisi. Tra di loro Issam al-Dalis, il direttore dei lavori pubblici, Ahmed al-Hatta, sottosegretario del ministero della Giustizia, Mahmoud Abu Watfa, degli Interni e Bahjat Abu Sultan, direttore dei servizi di sicurezza. In serata un attacco aereo israeliano ha ucciso anche Naji Abu Saif, noto come Abu Hamza, portavoce del jihad islami, l’ala armata del gruppo.

Tra le varie dichiarazioni israeliane che, come quelle dell’alleato statunitense, incolpano delle stragi le azioni del gruppo islamico, è circolata ieri la versione secondo cui Israele avrebbe deciso di compiere bombardamenti preventivi per impedire un’invasione simile a quella del 7 ottobre, programmata da Hamas per i prossimi giorni. Quest’ultima ha negato con forza, dichiarando di aver rispettato tutti i termini del cessate il fuoco. In realtà, diverse fonti hanno confermato alla stampa israeliana che la decisione di attaccare è stata presa giorni fa e che mentre Tel Aviv inviava a Doha i suoi negoziatori, l’esercito già si preparava. Il ministro israeliano delle finanze, che non teme di svelare i segreti dietro alle strategie governative, ha fatto sapere che l’obiettivo finale era quello di provare a mediare su una proposta cha Hamas non avrebbe mai potuto accettare, così da usare il fallimento dei negoziati come pretesto per far deragliare il cessate il fuoco. Ma la delegazione non è tornata in Israele. Questo farebbe pensare che esiste l’aspettativa che gli attacchi e il blocco di cibo, carburante, aiuti umanitari possano costringere Hamas ad accettare le condizioni dettate da Netanyahu e dall’inviato di Trump, Steve Witkoff. È solo sulla sua proposta che Israele intende trattare: il rilascio di undici ostaggi vivi e della metà dei corpi, senza parlare di ritiro dei militari, né di cessate il fuoco permanente.

Il ministro della difesa Israel Katz ha ordinato la chiusura del valico di Rafah anche per le evacuazioni mediche. Durante il cessate il fuoco decine di persone gravemente ammalate o ferite si sono recate in Egitto per poi ricevere cura e una speranza di salvezza in vari Paesi del mondo. Anche se i permessi di evacuazione sanitaria rilasciati da Israele sono sempre stati inferiori a quanto concordato con il cessate il fuoco. Lo stesso vale per i camion di aiuti, per l’ingresso delle tende e delle case mobili e quello di mezzi pesanti per spostare le macerie e recuperare i dispersi. Inoltre, durante la tregua l’esercito di Tel Aviv ha ucciso più di 170 persone.

Il ministro degli esteri israeliano, Gideon Saar, ha dichiarato che l’operazione militare non è l’attacco «di un giorno», ma che la guerra continuerà e probabilmente continuerà a lungo. Saar, ignorando le centinaia di donne, bambini e anziani uccisi, ha detto anche che Israele ha «colpito Hamas e altri obiettivi terroristici a Gaza». Gli Houthi hanno lanciato in serata due missili ipersonici diretti verso il Negev, che Israele ha dichiarato di aver intercettato. Il gruppo yemenita ha ripreso gli attacchi contro Tel Aviv e ha detto che i raid aumenteranno nei prossini giorni, fino a quando l’esercito non fermerà i bombardamenti su Gaza. Pagine Esteri